Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 296 del 19/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 296 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: PRESTIPINO ANTONIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
1. Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Napoli
nei confronti di
Arena Giuseppe
n. il 9.2.1955
laccarino Giuseppe
n.1’1.3.1960
Severino Antonio
n. il 20.10.1978
2. Arena Giuseppe
n. il 9.2.1955
avverso la SENTENZA della Corte di Appello di Napoli
del 15.2.2013
Udita la relazione fatta dal consigliere
Antonio Prestipino
Sentito il Procuratore Generale in persona del dr. Antonio Gialanella che ha concluso per il
rigetto dei ricorsi.
Sentito, l’avv. Domenico Dello lacono, quale difensore di fiducia del Severino, e come
sostituto processuale degli avv.ti Milena Micele e Nazzerena Barbarossa nell’interesse di
Arena Giuseppe, e dell’avv. Sebastiano Fusco nell’interesse dello laccarino, che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso del PG e per l’accoglimento del ricorso dell’Arena.

Data Udienza: 19/12/2013

Ritenuto in fatto
LH Tribunale di Torre annunziata, con sentenza del 14.7.2010, dichiarava Arena Giuseppe,
Severino Giuseppe e Iaccarino Giuseppe colpevoli dei reati di associazione per delinquere
finalizzata alla consumazione di reati contro il patrimonio e la persona (capo A); del delitto di
rapina in danno della Banca di Roma di Torre del Greco e di una guardia giurata in servizio presso
lo stesso istituto di credito, (capi b) e c) e del delitto di sequestro di persona in danno dei clienti e
dei dipendenti dell’istituto (capo d); del delitto di rapina in danno della Banca Cariparma di Torre
del Greco (capo e); del delitto di rapina in danno del Banco di Napoli di Torre del Greco e di una
guardia giurata in servizio presso lo stesso istituto di credito n(capi h), i), e del delitto di sequestro
di persona in danno dei clienti e dei dipendenti dell’istituto (capo j) Arena Giuseppe e Severino
Giuseppe, inoltre, del delitto di rapina in danno della Banca di Roma di Castellammare di Stabia
(capo f) e del delitto di sequestro di persona in danno dei clienti e dei dipendenti dell’istituto (capo
g); e li condannava alle pene per ciascuno di essi indicate in dispositivo.
2..La Corte di Appello di Napoli, con sentenza del 15.2.2013, in riforma della sentenza di primo
grado, pronunciava l’assoluzione di Severino Giuseppe e Iaccarino Giuseppe da tutti i reati agli
stessi ascritti, e l’assoluzione di Arena Giuseppe dal reato dal reato associativo, e rideterminava la
pena, nei confronti dell’Arena, per i residui reati, in anni quindici, mesi sei di reclusione ed euro
3800 di multa.
2.1. La Corte rileva anzitutto che tutte le rapine erano state commesse in prossimità dell’orario di
chiusura degli istituti di credito pressi di mira e con le medesime modalità; in un primo momento
avevano fatto ingresso nei locali delle varie banche soggetti con il volto scoperto, seguiti subito
dopo da complici con il volto camuffato o travisato. Gli esecutori materiali erano rimasti in contatto
telefonico con un complice che aveva il compito di informarli di quanto accadesse all’esterno degli
istituti di credito durante l’esecuzione delle rapine. I rapinatori avevano sistematicamente rinchiuso
dipendenti e clienti delle banche in una stanza; e avevano mostrato di essere perfettamente a
conoscenza dei meccanismi di sicurezza delle banche, avendo ottenuto, in occasione delle rapine in
dannodel Banco di Romae del Banco di Napoli di Torre del Greco, la consegna delle cassette con le
immagini dei sistemi di videosorveglianzainstallati negli istituti rapinati, ed avendosempre agito in
orario propizio all’esigenza di trattenersi il meno possibile all’interno dei locali delle banche. Le
indagini, ricorda la Corte, avevano preso le mosse dalla visione dei filmati estratti dai sistemi video
delle altre due banche rapinate, la Cariparma di Torre del Greco ela banca di Roma di
Castellammare di Stabia,non essendosi in quelle occasioni i rapinatoriimpossessati delle relative
cassette. Si accertava così che le due rapine erano state commesse dalle stesse persone. Secondo gli
investigatori, le informazioni testimoniali assunte in ordine alle rapine in danno degli altri due
istituti di credito, sulle caratteristiche fisiche degli esecutorimateriali,avevano poi permesso di
accertare che ancora una volta ne erano stati protagonisti gli stessi rapinatori.Essendo emerse,
relativamente alla rapina dell’11.7.2008 in danno del banco di Roma di Castellammare di Stabia,
indicazioni di prova sulla presenza, in tutti gli episodi criminosi, di un complice in contatto
telefonico con glie esecutori materiali che sostava all’esterno delle banche, veniva quini effettuato il
monitoraggio del traffico telefonico registrato nelle celle di aggancio operative nella zona di
ubicazione Dello stesso istituto di credito, Venivano così individuate tre utenze mobili, la
3488355536; la 3488355534 e la 3407500909, che nell’arco temporale della rapina (15,30-17,10)
avevano avuto numerosissimi contatti tra loro, impegnando la medesima cella. Si accertava inoltre
che l’utenza nr. 3407500909 aveva avuto 180 contatti con l’utenza nr. 3479530616, che veniva
sottoposta ad intercettazione. Sulla stessa utenza, veniva intercettata il 23.10.2008, una telefonata
nel corso della quale una persona di sesso femminile, interloquendo con un soggetto di sesso
maschile, contattato all’utenza nr. 3401611096, gli esprimeva la propria preoccupazione per una
perquisizione operata dai carabinieri all’interno di un non meglio identificato appartamento.
L’utenza nr. 3401611096 risultava utilizzata da tale “Aniello”, autore di alcune telefonate ritenute
di interesse investigativo (pag. 6 e 7 della sentenza di appello), sia perché vi si accennava ad oscuri
progetti, sia perché l’Aniello, in una occasione, veniva chiamato “zio” dal suo interlocutore,

trattandosi dello stesso appellativo che secondo varie dichiarazioni testimoniali era stato usato nei
confronti di uno degli autori delle rapine in contestazione da parte dei suoi complici.L’Aniello e uno
dei suoi interlocutori avevano concordato un incontro, verificatosi poi presso il bar Di Donna di
Torre del Greco, e oggetto di un servizio di osservazione da parte degli inquirenti, gli sviluppi del
quale consentivano di accertare l’identità dei convenuti.I1 sedicente Aiello veniva infatti identificato
per Arena Giuseppe, latitante dal dicembre del 2007 in quanto non rientrato in carcere dopo un
permesso premio; il soggetto dallo stesso incontrato al bar Di Donna, veniva identificato per
Iaccarino Giuseppe.Quanto a Severino Antonio, si perveniva alla sua identificazione attraverso gli
accertamenti seguiti ad alcune telefonate nel corso delle quali l’Aniello aveva concordato un altro
appuntamento con tale “o babbo”presso un caseificio di Scafati (per maggiori dettagli, cfr. pag 8
della sentenza di appello).
2.2. Fatte queste premesse in fatto, la Corte di merito si dilunga con ampia e dettagliata
motivazione, pagg. 9-16) sulle difficoltà di identificazione “fisica” dei soggetti ritratti dal sistema di
videosorveglianza della Cariparma di Torre del Greco e della Banca di Roma di Castellammare di
Stabia. I giudici di appello rilevano che le immagini estrapolate dalle riprese relative nei giorni delle
due rapine erano di scarsa qualità e che alcuni rapinatori avevano agito con volto travisato o
parzialmente coperto, altri erano stati ripresi in modo parziale. Né, secondo i giudici di appello, tali
difficoltà erano state superate dalla perizia antropometrica disposta nel corso del giudizio di
impugnazione per confrontare le caratteristiche fisiche degli imputati con quelle dei soggetti ritratti
nelle immagini filmate, essendo stato possibile pervenire solo ad un giudizio di compatibilità nei
confronti del Severino e dello Iaccarino (indicati nella perizia, rispettivamente, come soggetto B e
soggetto C), mentre a risultati ancora più dubbi era approdato l’accertamento tecnico nei confronti
dell’Arena (indicato come soggetto A), poiché nei filmati il rapinatore in ipotesi identificabile con
lo stesso imputato, risultava travisato con parrucca, barba,baffi occhiali e un naso finto. Solo
qualche generico tratto fisico dell’imputato (robustezza, corporatura, fianchi, spalle e collo) era
risultato compatibile con le corrispondenti caratteristiche del rapinatore travisato ritratto nei filmati,
quelli relativi alla rapina presso la banca di Roma oltretutto incapaci di fornire indicazioni
sull’altezza dello stesso rapinatore (desumibile invece dai filmati della Carisma e compatibile con
l’altezza dell’Arena).
2.3. Nondimeno, nei confronti di Arena Giuseppe i giudici di appello (pagg. 16 e ss.) ribadiscono la
valutazione della sua identificazione come uno dei rapinatori sulla base di altre risultanze istruttorie,
ritenute nel complesso univocamente convergenti:
a. la presenza sulla tempia destra dell’Arena, di due macchie di pigmentazione ravvicinate,
considerate dai giudici di appello, sulla base delle valutazioni peritali, come un vero e
proprio contrassegno identificativo; ricordano i giudici territoriali, che di tale particolare
aveva riferito Moscariello Carlo, uno dei testimoni dellarapina del 25.3.2008 in danno della
Banca di Roma di Torre del Greco;
b. b il contenuto della conversazione intercettata il 22.10.2008 tra l’imputato e la madre, nel
corso della quale quest’ultima si diceva preoccupata per una “visita” notturna di “quattro
medici”;
c. il contenuto della conversazione del 23.10.2008, h. 12,21, dalla quale emerge che “Aniello”
si era recato a Napoli per ritirare una parrucca, che si stava facendo sfoltire;
l’appellativo
“o zio” attribuito all’Arena dal suo interlocutore nella telefonata delle ore
d.
12,46 del 23.10.2008, corrispondente all’appellativo con cui il rapinatore che appariva il
“capo” del gruppo criminale di volta in volta interessato nelle singole azioni criminose , era
interpellato dai suoi complici;
e. la presumibile disponibilità, da parte dell’imputato, rivelata dalla conversazione delle ore
9,39 del 23.10.2008, di rilevanti somme di denaro;
f. la perfetta conoscenza dei meccanismi di sicurezza delle banche rivelata dal soggetto “A”,
perfettamente compatibili con i precedenti specifici dell’imputato per rapine ai danni di
istituti di credito;

g. l’accertamento contenuto nella sentenza irrevocabile del tribunale di Napoli del 28.9.1995 a
carico di Di Grazia Anna Maria, convivente dell’imputato, accusata di avere partecipato ad
una rapina in banca, relativo all’indicazione di prova secondo cui Arena Giuseppe aveva
l’abitudine “di portare baffi e occhiali” quando consumava le rapine:
h. l’unitaria identità del rapinatore travisato di tutte le rapine, confermata dalle dichiarazioni
dei testi presenti;
2.4. Riguardo agli altri due imputati, la Corte di merito giunge invece a conclusioni opposte a quelle
della sentenza di primo grado in ordine alla certezza della loro identificazione come coautori delle
rapine. La Corte, dopo avere ribadito che le immagini del sistema di video sorveglianza della
Carisma e del Banco di Napoli non consentirebbero una visione sufficientemente chiara delle
caratteristiche fisionomiche dei due rapinatori che si accompagnavano a quello con parrucca baffi e
occhiali, e che nemmeno la perizia antropometrica aveva risolto i dubbi (si tratta dei soggetti B) e
C) della perizia), avendo potuto accertare solo generiche corrispondenze fisiche del Severino e dello
Iaccarino con due dei rapinatori, rileva ulteriormente che nemmeno gli incontri dei due con l’Arena
del 23.10.2008e del 24.10.2008 potrebbero ritenersi concludenti sul piano probatorio, perché se ne
potrebbe al più desumere soltanto il coinvolgimento dei convenuti in futuri progetti criminali
comuni, ma non la partecipazione di tutti alle rapine precedenti. Dalla ritenuta estraneità ai fatti dei
due imputati in questione, la Cote di merito desume anche l’insussistenza del reato associativo,
essendo rimasta accertata con sicurezza solo la responsabilità dell’Arena per le rapine in banca in
contestazione, e non potendo trarsi alcun elemento di prova dagli incontri del 23 e del 24.10.2008,
rimasti senza seguito rispetto agli eventuali progetti criminali coltivati dagli interessati.
3. Hanno proposto ricorso per Cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di
Napoli e Arena Giuseppe per mezzo del suo difensore.
3.1. Dopo avere rievocato i fatti di causa, il PG territoriale denuncia il vizio di motivazione della
sentenza impugnata per la illogica svalutazione del compendio di prova a carico dello Iaccarino e
del Severino, rilevando fra l’altro che i giudici di appello avrebbero trascurato che i due erano stati
tratti in arresto nel successivo Gennaio del 2009 per una rapina in danno del banco di Napoli.
3.2. Riguardo al reato associativo, la Corte di merito avrebbe altrettanto illogicamente trascurato le
indicazioni di prova sulla ricorrenza, nei vari fatti criminosi, delle identiche modalità operative,
significative, in sostanza, della predisposizione di una organizzazione strutturale anche minima:
sottolinea, inoltre il PG, come la struttura associativa possa essere dedotta, nei congrui casi, anche
dall’analisi dei reati fine.
3.3. La difesa dell’Arena eccepisce il vizio di inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 192
c.p.p. e nullità della sentenza per motivazione omessa, illogica e contraddittoria, con particolare
riferimento al mancato esame del punto nr. 4 dei motivi aggiunti e delle deduzioni contenute nella
memoriadifensiva del 6.7.2012, e alla mancata valutazione di prova determinante; vizio di
travisamento della prova.
3.4. Le questioni difensive si appuntano sulle risultanze del traffico telefonico registrato nelle celle
attive nella zona dove si trova uno degli istituti di credito rapinati. Le difese avevano rilevato che vi
sarebbe in atti “la prova diretta e pacifica” che le utenze attribuite ai rapinatori non potevano essere
state utilizzate per la rapina dell’11.7.2008, con la conseguente irrilevanza “a catena” di tutte le altre
intercettazioni poste a fondamento probatorio dell’accusa.La questione sarebbe decisiva, perché il
collegamento dell’Arena con i complici sarebbe desumibile esclusivamente dai contatti telefonici
che si vorrebbe il ricorrente avesse intrattenuto con soggetti a loro volta in contatto con gli autori
materiali della rapina.A sostegno delle proprie deduzioni la difesa cita il contenuto dell’annotazione
di servizio redatta dalla polizia giudiziaria il 30.7.2008 a commento delle immagini tratte dal
sistema di video sorveglianza della banca; i rapinatori, scrivono i verbalizzanti, risultano avere
effettuato due telefonate, una alle ore 15,47,30 l’altra alle ore 16,17,24.Le telefonate ritenute
significative dei contatti tra i rapinatori sarebbero invece, secondo l’accusa, parecchie decine.In
ricorso il traffico telefonico riferibile alle varie utenze è analizzato dettagliatamente (pag.4).

La difesa censura tra l’altro il mancato esame di uno dei soggetti coinvolti nei contatti telefonici, e
rileva che tuto il quadro probatorio è complicato dalla modifica della taratura del timer del sistema
di videosorveglianza, che potrebbe avere avuto effetti depistanti rispetto all’identificazione dei
soggetti realmente coinvolti nella rapina. La difesa richiama quindi i contenuti della memoria
difensiva depositata il 6.7.2012, lamentando che le osservazioni in esse contenute siano state del
tutto trascurate dalla Corte di Appello nonostante apportassero un incisivo contributo critico alla
valutazione delle risultanze del traffico telefonico. Il ricorso (J)unto A) pagg. 10 e ss), ritorna poi in
modo estremamente diffuso sulla questione delle intercettazioni e del coinvolgimento dell’Arena
nei contatti telefonici con i suoi presunti complici, sviluppando minuziosamente gli spunti inziali
sull’argomento.
3.5. Alle pagg. 21 e ss. sono sviluppate ampie notazioni critiche anche sull’affidabilità delle
verifiche effettuate dagli investigatori presso l’istituto di credito ubicato in Napoli, via De Meis; qui
come altrove, la difesa indugia anche su perplessità di ordine “tecnico” , lamentando l’assenza di
“scientifica certezza in merito alla tipologia del software utilizzato per individuare il cono delle
telecomunicazioni; l’assenza di informazioni sui dati inseriti nel sistema, sulle competenze tecniche
degli operatori impiegati, sulla metodologia utilizzata; sugli effettivi risultati forniti; e sulle ragioni
della presenza del tal “Chiattone” nei pressi della banca, non Avendo senso che costui si trovasse
ancora sui luoghi a due giorni di distanza dalla telefonata in cui si faceva riferimento alla sua
persona.
3.6. Altre censure di legittimità denunciano il vizio di violazione di legge e il difetto di motivazione
sulla ritenuta partecipazione del ricorrente alle rapine. L’esame delle immagini estratte dai vari
sistemi di sorveglianza degli istituti di credito rapinati, che avrebbe secondo i giudici di primo grado
consentito, attraverso un giudizio comparativo, di affermare l’identità del gruppo di rapinatoci in
occasione dei singoli fatti criminosi, aveva indotto la Corte di Appello a disporre perizia
antropometrica, per la rilevata incertezza delle conclusioni possibili con la visione diretta.La Corte
aveva quindi rilevato che sulla base delle conclusioni peritali non fosse possibile identificare
l’Arena come nel rapinatore denominato come soggetto A, perché lo stesso era travisato; ma era poi
giunta, secondo la difesa contraddittoriamente, alla certezza della identificazione del ricorrente sulla
base di una presunta caratteristica fisica individualizzante, cioè la presenza sulla sua tempia destra,
rilevabile dalle immagini, di due macchie di pigmentazione ravvicinate. La Corte sarebbe quindi
pervenuta alla conferma del giudizio di responsabilità “sulla scorta della supposta e quindi
null” affatto provataesistenza”, sia sulla persona dell’Arena che sulla persona di uno dei rapinatori,
di “un non meglio identificato contrassegno identificativo”.
3.7. Il seguito del ricorso (pagg. 26 e ss.), analizza nei più minuti dettagli i risultati della perizia
antropometrica e le dichiarazioni del Moscariello. Sottoposte ad incisiva critica sotto tutti i profili
rilevanti, per concluderne nel senso del carattere solo congetturale ed ipotetico della identificazione
dell’Arena, anche con specifico riferimento al presunto “contrassegno identificativo” oggetto di
indicazioni alquanto incerte e confuse nella deposizione del Moscariello.
3.8. Ulteriori censura di legittimità afferiscono al mancato assorbimento del reato di sequestro di
persona in quello di rapina, risultando dagli atti, secondo la difesa, che la privazione della libertà
personale delle vittime era stata strettamente funzionale all’esecuzione delle rapine.
3.9. Infine, la difesa eccepisce la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione della sentenza in ordine alla valutazione dei criteri direttivi fissati dall’art. 133 c.p. I
giudici di appello avrebbero ancorato le proprie valutazioni esclusivamente ai precedenti penali
dell’imputato, peraltro alquanto risalenti, e alla sua negativa personalità, applicando inoltre senza
adeguata motivazione l’aumento massimo per la contestata recidiva, a quest’ultimo riguardo
giudicando alla stregua di un indebito automatismo valutativo.
Considerato in diritto
1. Il ricorso del PG territoriale è infondato. In larga parte esso sovrappone valutazioni di merito
alternative a quelle della Corte di appello, sulla base degli stessi dati istruttori attentamente
analizzati e congruamente ridimensionati nella loro effettiva portata probatoria nella motivazione

della sentenza impugnata. Nulla di decisivo il ricorrente può obiettare ai rilievi dei giudici di
appello in ordine all’assolutamente incerta identificazione dello Iaccarino e del Severino,
incertezza che finisce con comunicarsi alla valutazione della stessa identità fisica dei complici
dell’Arena nelle varie rapine (che potrebbe giustificare l’ipotesi associativa anche in assenza
dell’identificazione anagrafica), o in ordine alla impraticabilità di una lettura in chiave accusatoria
dei successivi incontri tra gli stessi ricorrenti e l’Arena. La ricorrenza di un collaudato modus
operandi nelle varie rapine, è poi strettamente legata, in sostanza, nelle valutazioni della Corte di
merito, alla specifica esperienza dell’Arena negli assalti ad istituti bancari, di cui egli bene avrebbe
potuto in effetti giovarsi per coordinare l’azione anche di complici di volta in volta diversi. Né si
comprende, infine, perché il fatto che lo Iaccarino e il Severino avessero effettuato una rapina nel
gennaio del 2009 implicherebbe necessariamente il loro collegamento con l’Arena, e risolverebbe i
problemi dell’identificazione di entrambi come co autori delle precedenti rapine.
2. Il ricorso formulato nell’interesse dell’Arena è in larga parte a- specifico rispetto al nucleo
centrale delle valutazioni della Corte territoriale, che si articola nei punti indicati al precedente n.
2.3. lett. da a) ad h) del “ritenuto in fatto”(nel senso che i motivi di ricorso debbano considerarsi
generici, qualora difetti ogni indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla
decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto di impugnazione, il cui contenuto non
può di certo ignorare le affermazioni del provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di
aspecificità (v., ex multis, Cass. Sez. 6, n. 39926 del 16/10/2008, dep. 24/10/2008, Rv. 242248;
Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, dep. 10/09/2007, Rv. 236945).La difesa indugia oltremodo su dati
di prova già oggetto di una sostanziale svalutazione da parte della stessa sentenza impugnata, come
i risultati della perizia antropometrica o il significato degli incontri dell’Arena con i coimputati del
23 e de 24 10 32008, o su aspetti tecnici irrilevanti (come quelli relativi alle caratteristiche delle
strumentazioni usate nel corso delle indagini per captare conversazioni o effettuare rilevazioni di
movimenti personali); irrilevanti perché in qualunque modo si siano conseguiti alcuni importanti
risultati di indagine, essi sono stati effettivamente conseguiti, nemmeno la difesa avendo
specificamente contestato, ad es., la riferibilità all’Arena delle utenze utilizzate per conversazioni
giustamente ritenute dalla Corte territoriale molto significative sul piano probatorio. La questione si
sposterebbe seminai sulla legittimità delle intercettazioni, sulle quali la difesa dell’Arena però non
interloquisce particolarmente, dopo l’ampia risposta anche sul punto fornita dalla Corte di merito
(pag. 22.)
2.1. Per il resto, rispetto al nutrito complesso di risultanze istruttorie convergenti secondo le logiche
valutazioni della Corte di ,merito, sull’identificazione dell’Arena come il soggetto ritratto con
parrucca e altri accorgimenti di travisamento in tutte le rapine in contestazione, la difesa indugia
con citazione parziali e incomplete solo sulla deposizione del teste Moscariello, che anche nei
contenuti “minimalisti” propugnati in ricorso, evidenzia pur sempre una caratteristica
pigmentazione della tempia destra del ricorrente che resterebbe comunque apprezzabile nel
concorso con gli altri elementi identificativi.
2.2. Né, per concludere sul tema della identificazione del ricorrente come partecipe agli episodi
criminosi in oggetto, la difesa spiega, quali fossero in concreto gli elementi decisivi proposti
all’attenzione della Corte di merito e che i giudici di appello avrebbero trascurato nonostante
l’estremamente ampia e approfondita disamina delle risultanze processuali, approdata peraltro a
conclusioni significativamente diverse rispetto a quelle del giudice di primo grado.
3. il motivo di ricorso di cui al punto 3.8. ripropone le stesse questioni già analizzate e risolte dalla
Corte di merito con congruo apprezzamento logico-giuridico, per concluderne sull’autonomia, nella
specie, del reato di sequestro di persona rispetto all’aggravante di cui all’art. 628 cpv nr 2 c.p., in
quanto la privazione della libertà personale delle vittime si era protratta oltre il tempo strettamente
necessario per l’esecuzione delle due rapine in cui figura la contestazione dell’art. 605 c.p. (quelle
di cui ai capi a) e h) della rubrica. La Corte di merito rileva, al riguardo, che i rapinatori si erano
allontanati, in entrambe le occasioni, lasciando le persone offese segregate, e che era stato
necessario un significativo lasso di tempo perché gli interessati riacquistassero la libertà. Le

e,

contrarie deduzioni difensive sconfinano chiaramente nel campo del merito, in contrasto con i limiti
del giudizio di legittimità.
4. Non diversamente deve ritenersi per i motivi in punto di trattamento sanzionatorio.I giudici di
appello hanno infatti fornito l’indicazione degli elementi reputati decisivi nella scelta compiuta in
ordine alla determinazione della pena, con valutazioni ancorate a dati effettivamente di incisivo
rilievo ai fini del giudizio di estrema pericolosità sociale del ricorrente, osservando non solo i suoi
numerosi precedenti penali anche specifici , e tra i quali figura tra l’altro una condanna per il delitto
di omicidio, ma la gravità e la reiterazione dei fatti oggetto del presente procedimento, a conferma
di una incoercibile professionalità criminale (sull’esercizio del potere discrezionale del giudice in
ordine alla determinazione della pena, cfr. Cass. 27.2.1997, Zampilla;. Cassazione penale, sez. III,
05 novembre 2008, n. 46353; con specifico riferimento alla connotazione negativa della personalità
dell’imputato come indice della gravità soggettiva del fatto, suscettibile di acquisire carattere
assorbente rispetto alle deduzioni specificamente esposte nei motivi di gravame cfr. Cass. Pen., sez.
1^ n. 6200 del 3.3.1992; Cassazione penale, sez. III, 05 novembre 2008, n. 46353, dove la
precisazione che nel negare le circostanze attenuanti generiche il giudice di merito possa ritenere
assolutamente preclusive appunto la gravità e la reiterazione della condotta, senza la necessità di
scendere alla valutazione di ogni singola deduzione difensiva dovendosi, invece, ritenere sufficiente
che il giudice indichi, nell’ambito del potere discrezionale riconosciutogli dalla legge, gli elementi
di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti, la cui considerazione
comporta infatti il superamento di eventuali altri elementi, suscettibili di opposta e diversa
significazione, i quali restano implicitamente disattesi e superati). E’ di tutta evidenza, poi. che le
severe notazioni sulla personalità del e sulla sua “professionalità” criminale, fornisca anche la
giustificazione della rilevanza accordata dalla recidiva.
Alla stregua delle precedenti considerazioni, i ricorsi devono essere entrambi rigettati, con la
condanna dell’Arena al pagamento delle spese processuali
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e del PG e di Arena Giuseppe, e condanna quest’ultimo al pagamento delle spese
processuali.
Roma, nella camera di consiglio, il 19.12.2013.
Così decis
Il Presiden
Il consigli re retore

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