Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2956 del 13/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 2956 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GIOSAFATTO MARINO N. IL 11/01/1942
avverso la sentenza n. 701/2010 TRIB.SEZ.DIST. di MARCIANISE,
del 29/04/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GASTONE
ANDREAZZA;

Data Udienza: 13/11/2015

Ritenuto:

– – che il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con sentenza del 29/04/2011, ha dichiarato
Giosafatto Marino colpevole del reato di cui all’art. 44 lett. b) del d.P.R. n. 380 del 2001 in
relazione alla realizzazione di opere in assenza del permesso di costruzione;
– – che avverso detta sentenza ha proposto appello, poi trasmesso a questa Corte,
l’imputato, deducendo, con un primo motivo, la manifesta illogicità e contraddittorietà della
motivazione, con il secondo motivo invocando la assoluzione perché il fatto non è previsto

prescrizione ed il minimo della pena con i benefici di legge;
– – che l’appello deve essere anzitutto convertito in ricorso per cassazione ex art. 568,
comma 5, c.p.p., stante l’inappellabilità della sentenza impugnata;
— che infatti, secondo quanto affermato da Sez. U., n. 45371 del 2001, Bonaventura, allorché
un provvedimento giurisdizionale sia impugnato dalla parte interessata con un mezzo di
gravame diverso da quello legislativamente prescritto, il giudice che riceve l’atto deve limitarsi,
come accaduto del resto nella specie, a norma dell’art. 568, comma 5, c.p.p., a verificare
l’oggettiva impugnabilità del provvedimento, nonché l’esistenza di una “voluntas
impugnationis”, consistente nell’intento di sottoporre l’atto impugnato a sindacato
giurisdizionale, e quindi trasmettere gli atti, non necessariamente previa adozione di un atto
giurisdizionale, al giudice competente;
— che, ciò posto, va preliminarmente preso atto che il Difensore firmatario del gravame,
ovvero l’Avv. Lucia Scarano, non risulta tra i difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di
cassazione;
– – che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile;
– – che, a norma dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità – non potendosi
escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n.
186) – segue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore
della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00;

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deliberato in Roma, nella camera di consiglio del 13 novembre 2015
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dalla legge come reato e con un ultimo motivo l’improcedibilità del reato per intervenuta

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