Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29548 del 03/06/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29548 Anno 2015
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
ITALFONDIARIO S.P.A. avverso il decreto del 12/02/2014 del Tribunale
di Reggio Calabria;
Visti gli atti, il decreto ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
letta la requisitoria del Procuratore Generale in persona del dott.
Roberto Aniello che ha concluso per l’annullamento con rinvio;
FATTO
1. Con decreto del 12/02/2014, il Tribunale di Reggio Calabria
rigettava la domanda con la quale la società Italfondiario s.p.a. aveva
chiesto di essere ammessa al credito ai sensi dell’art. 1/199 L.
228/2012, nell’ambito del procedimento di prevenzione a seguito del
quale era stato confiscato l’immobile sito in Marina del Comune di Riace
sul quale la suddetta società vantava ipoteca volontaria.
Il Tribunale rigettava la domanda sotto i seguenti profili:
a) perché l’istante non aveva provato la sua legittimazione attiva,
in quanto le vicende del credito «sono evocate solo nella procura

Data Udienza: 03/06/2015

speciale allegata alla domanda introduttiva, e non vengono per nulla
esplicitate nel corpo dell’atto»;
b) perché l’istante aveva solo «dedotto ma non anche dimostrato
l’esistenza di un contratto di cessione del credito “in blocco” da Intesa
gestione Crediti s.p.a. in favore di Castello Finance s.p.a. e, prima

Intesa Gestione Crediti s.p.a. da parte dell’originario titolare del credito,
Caricai»: il che impediva di ritenere assolto l’onere della prova della
buona fede del creditore cessionario. Infatti, se pure ci si trovava di
fronte ad una cessione massiva di crediti ex art. 58 dlgs 385/1993, il
cessionario non era esonerato dal provare che, tenuto conto delle
modalità della cessione, specie in considerazione del numero dei crediti
ceduti, il controllo in ordine alla diligenza che avrebbe dovuto tenere sui
singoli crediti, di fatto era inesigibile;
c) perché, essendo stato il credito acquistato successivamente alla
trascrizione del sequestro, l’istante non poteva ritenersi in buona fede;
d) perché, comunque, non era stato assolto l’onere della prova
circa il fatto che la cedente ignorasse in buona fede il nesso di
strumentalità ex art. 52 lett. b) L. 159/2011.

2. Avverso il suddetto decreto, ITALFONDIARIO s.p.a., in persona
del suo legale rappresentante, a mezzo del proprio difensore nonché
procuratore speciale, ha proposto ricorso per cassazione deducendo i
seguenti motivi:
2.1. VIOLAZIONE DEGLI AR-rr. 1/200 L. 228/2012 – 666/5 COD. PROC.
PEN.: il ricorrente, in ordine alla carenza di legittimazione attiva, ha,

innanzitutto, eccepito che «come puntualmente descritto nella procura
speciale allegata (sub n. 1) alla domanda di ammissione del credito e
che dunque ne costituisce parte integrante – nel caso di specie
Italfondiario S.p.A. agisce nella qualità – giusta procura conferita con
atto del 23.10.2006 del Notaio Allen Labor di Londra, postillata in data
10.11.2006 presso il Notaio Ezio Romano di Roma (rep. 373828, racc.
16489) – di procuratore di Castello Finance S.r.L. (con sede in Roma,
Via Carucci 131, iscritta al registro delle imprese di Roma al numero

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ancora, non ha documentato l’effettiva cessione del credito alla predetta

d’iscrizione e codice fiscale 04555440967) cessionaria – a seguito di atto
di cessione dei rapporti giuridici in blocco ex art. 58, d.lgs. 385/1993,
del 6.12.2005 con avviso pubblicato nella G.U. n. 300 del 27.12.2005,
Parte Seconda, Foglio delle Inserzioni – dei crediti di Intesa Géstione
Crediti, la quale – in virtù di atto di cessione dei rapporti giuridici in

dott. Stefania Lanzillotti di Cosenza, rep. 48287, racc. 14715, con
avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 24.06.2000, n. 146, parte
II, foglio delle Inserzioni – ha acquistato pro soluto tutti i crediti di
Banca CARIME cui, a partire dal 1°.01.1998, é stato conferito il ramo
d’azienda CARICAL (Cassa di Risparmio di Calabria e di Lucania)».
In secondo luogo, che «ove pure avesse ritenuto carente la
documentazione prodotta dall’istante ai fini della dimostrazione della
propria legittimazione, anziché pronunciarsi per il rigetto della domanda, avrebbe senz’altro dovuto ancor prima che potuto chiedere ai
sensi di quanto espressamente previsto all’art. 666 comma 5 cod. proc.
pen., l’acquisizione di tutti i contratti di cessione dei crediti in oggetto
onde poterne valutare ogni elemento utile, inclusa l’entità numerica dei
crediti ceduti, ai fini della decisione: specie considerando che,
trattandosi di atti pubblici con relativo avviso pubblicato in Gazzetta
Ufficiale, gli stessi sarebbero stati anche di agevole e rapida
acquisizione e il Tribunale si sarebbe persino potuto limitare a
richiederne la produzione allo stesso istante».
2.2. VIOLAZIONE DEGLI ARTr. 1/194 L. 228/2012, 52/1 LETT. B) DLGS
159/2011: in ordine alla mancata prova sulla buona fede nell’ipotesi di
cessione massiva dei crediti (seconda parte del secondo motivo di
reiezione della domanda), il ricorrente sostiene che il suddetto decreto
si porrebbe in contrasto con il principio di diritto enunciato da questa
Corte di legittimità con la sentenza n° 45260/2013 Rv. 257913,
secondo il quale, nel caso di cessione massiva dei crediti «Tale modalità
di cessione dei rapporti giuridici – da verificare nella sua effettiva entità,
indicata dal ricorrente in decine di migliaia di posizioni cedute – prevista
dalla legge, rende concretamente inesigibile, in capo al cessionario, la
previa verifica delle condizioni giuridiche di tutti i beni sottoposti a

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blocco ex art. 58, d.lgs. 385/1993, del 14.06.2000 a rogito del Notaio

originaria garanzia ipotecaria, correlati ai crediti ceduti e obiettivamente
influisce circa l’onere di diligenza richiesto».
Infatti, secondo il ricorrente «Al contrario di quanto affermato
nell’impugnata ordinanza al terzo, in questo caso, non é quindi più
richiesto alcun onere se non quello di addurre ed allegare il mero dato

numerica) disciplinata dagli artt. 58 ss., d.lgs. 385/1993 che, per sua
stessa natura, riguardando decine di migliaia di crediti, rende
concretamente inesigibile la previa verifica delle condizioni giuridiche di
tutti í beni sottoposti a originaria garanzia ipotecaria. Senza
considerare, ad abundantiam, che – come già detto nel precedente
motivo di ricorso – ove pure il Tribunale avesse ritenuto di dover
acquisire gli atti di cessione onde puntualmente verificarne natura e
consistenza, avrebbe dovuto (ed anche agevolmente potuto) farlo in
quanto, rientra a pieno titolo tra i compiti del giudice quello di verificare
la sussistenza dei presupposti di legge della tutela del credito del terzo,
anche mediante la richiesta di documenti e/o informazioni “di cui abbia
bisogno” ai sensi di quanto espressamente previsto da all’art. 666
comma 5 c.p.p.».
2.3.
DLGS.

VIOLAZIONE DELL’ART.

1/194, ss, L. 228/2012

E

52/2

LETT. B),

159/2001: il ricorrente, in ordine al terzo motivo di reiezione

addotto dal tribunale, sostiene che: a) «l’odierna domanda non ha (più)
ad oggetto la ricorrenza della “buona fede” del creditore ma solo
l’ammissione al pagamento del credito, in quanto non strumentale
all’attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, da
parte del proposto/sottoposto a misura di prevenzione e salvo,
comunque, che il creditore dimostri di aver ignorato in buona fede tale
nesso. E’ chiaro, allora, che il carattere strumentale è qualcosa di molto
più pregnante rispetto alla mancata dimostrazione della “buona fede”,
ossia alla mancata prova dell’aver ottemperato a quell’insieme di regole
di diligenza che contrassegnano l’affidamento incolpevole e, per
l’appunto, la buona fede in senso civilistico»; b) a tutto concedere, non
«si vede quali ulteriori eventuali accertamenti avrebbe dovuto compiere
l’istituto erogante sulle altrui capacità reddituali (incluse quelle del

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formale della cessione di crediti in blocco (anche senza indicarne l’entità

debitore accollante) o sulla rispettiva situazione giudiziaria, essendosi
fatto rilasciare un’ipoteca iscritta per un valore di L 450.000.000 a
fronte di un prestito di importo pari ad appena L. 150.000.000 (ossia
circa 1/3 del valore del bene sottoposto a garanzia). Tantomeno, può
assumere alcun valore la circostanza della vendita, in data 21.121990,

mutuo notificato alla CARICAL in data 15.02.1991 dal momento che,
come noto, ai sensi dell’ad, 1273 c.c., l’accolto produce effetto a
prescindere dall’adesione del creditore il quale, semmai, può intervenire
solo per liberare espressamente il debitore originario che altrimenti
rimane obbligato in solido col terzo. Del resto, ove pure il Tribunale
avesse ritenuto di dover verificare se l’accolto avesse o meno
comportato tale effetto liberatorio – come più ampiamente illustrato nel
primo motivo di ricorso – anziché rigettare la domanda, avrebbe potuto
(e dovuto) disporre l’acquisizione dell’atto di accolto ai sensi del
richiamato art 666 comma 5 c.p.p., come ha fatto relativamente agli
stessi atti del procedimento di prevenzione».

3. Il Procuratore Generale ha concluso chiedendo l’annullamento
con rinvio dell’impugnato decreto in quanto

«relativamente alla

strumentalità del credito all’attività illecita di Leuzzi Cosimo, coniuge di
Tassone Rosalba, la quale aveva acquistato l’immobile ipotecato, con
accolto del mutuo, da Carabetta Anna Maria il Tribunale si è limitato a
indicare, oltre all’assenza di redditi leciti dei coniugi Leuzzi – Tassone, le
condanne definitive per gravi reati riportate dal Leuzzí, senza specificare
di quali reati si trattasse e in che modo si ponesse la relazione
strumentale tra il credito e la non meglio specificata attività illecita.
D’altronde, anche sotto il profilo della buona fede dell’ente erogatore del
mutuo, il provvedimento impugnato non ha chiarito se vi sia stata
adesione del creditore all’accollo. La motivazione appare pertanto
carente e si ritiene quindi necessario un nuovo esame sui punti
indicati».
DIRITTO

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alla sig.ra Rosalba Tassone dell’immobile ipotecato con accolto del

1. PROVA IN ORDINE ALLA LEGITTIMAZIONE ATTIVA E ALLA CESSIONE DEI
CREDITI: come si è illustrato nella presente parte narrativa, il tribunale,

innanzitutto, ha rigettato la domanda perché il ricorrente Italfondiario:
a) non avrebbe provato la legittimazione attiva; b) non avrebbe provato

La censura dedotta dal ricorrente, è fondata.
Infatti, come ha già osservato il Procuratore Generale nella sua
requisitoria scritta «il primo motivo di ricorso appare fondato, in quanto
le indicazioni contenute nella domanda di ammissione al credito, in
particolare nella procura speciale ad essa allegata, in ordine alla
cessione del credito dalla Caricai a Intesa Gestione Crediti e da
quest’ultima alla Castello Finance s.r.1, risultano sufficienti ai fini della
dimostrazione della effettività delle cessioni, tenuto conto della
pubblicità connessa alle stesse e del riferimento specifico alla Gazzetta
Ufficiale sulla quale è stato pubblicato l’avviso della cessione dei crediti
in blocco».
Sul punto si può anche effettuare un mero rinvio alla doglianza
dedotta in questa sede dal ricorrente (supra in parte narrativa riportata
per esteso a § 2.1.) le cui motivazioni sono ampiamente condivisibili.
Va, infatti, rammentato che il giudice ha ampi poteri i
informazione ed acquisitivi (ex art. 666/5 cod. proc. pen.) e che
secondo l’approdo della più recente giurisprudenza civile (al quale deve
ispirarsi il suddetto procedimento trattandosi, alla fin fine, di un
procedimento finalizzato all’ammissione di un credito: in terminis SSUU
civili 10532 del 7/5/2013):
a) l’art. 182, secondo comma, cod. proc. civ., secondo cui il
giudice che rilevi un difetto di rappresentanza, assistenza o
autorizzazione “può” assegnare un termine per la regolarizzazione della
costituzione in giudizio, dev’essere interpretato, anche alla luce della
modifica apportata dall’art. 46, comma secondo, della legge n. 69 del
2009, nel senso che il giudice “deve” promuovere la sanatoria, in
qualsiasi fase e grado del giudizio e indipendentemente dalle cause del
predetto difetto, assegnando un termine alla parte che non vi abbia già

di essere il cessionario dei crediti che faceva valere.

provveduto di sua iniziativa, con effetti “ex tunc”, senza il limite delle
preclusioni derivanti da decadenze processuali: SSUU civili 9217/2010
(Rv. 612563); Cass. 11898/2014 (Rv. 631290);
b) il giudice ben può rilevare, d’ufficio, una causa di nullità, ma

sul punto il contraddittorio:

in terminis Cass. civ. 25841/2013 (Rv.

628470); SSUU 26242/2014 (Rv. 633502) (in motivazione, §§ 4.10 5.10).
Può pertanto, sul punto, enunciarsi, sul punto, il seguente
principio di diritto:

«ove un creditore nel proporre domanda di

ammissione al credito nel procedimento di prevenzione, alleghi, a
dimostrazione della propria legittimazione, la procura speciale,
indicando altresì, in modo specifico ed analitico, i dati sulla base dei
quali egli affermi di essere cessionario di rapporti giuridici in blocco ex
art. 58 dlgs 385/1993, deve ritenersi assolto l’onere sia in ordine alla
legittimazione attiva che alla titolarità del credito del quale ha chiesto
l’ammissione. Ove il giudice ritenga, peraltro, la suddetta
documentazione insufficiente, previa attivazione del contraddittorio,
può, alternativamente, o assumere direttamente informazioni, o
chiedere ulteriori precisazioni e documentazione all’istante».

2. VIOLAZIONE DEGLI AR-T. 1/194 L. 228/2012, 52/1 LETT. B) DLGS
159/2011: come si è illustrato nella presente parte narrativa, il
tribunale, nel merito, ha respinto la domanda, in quanto ha ritenuto non
provata la buona fede dell’Italfondiario.

2.1. E’ pacifico che, al procedimento in esame, si applica la
normativa della previgente L. 575/1965 con le seguenti peculiarità:

ex art. 1/199 L. 228/2012, la domanda di ammissione del
credito, dev’essere presentata, ai sensi dell’articolo 58, comma 2
del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al giudice
dell’esecuzione presso il tribunale che ha disposto la confisca;

l’art. 58/2 dlgs, stabilisce che la domanda del creditore deve
contenere: «a) le generalità del creditore; b) la determinazione

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proprio al fine di evitare decisioni “a sorpresa”, ha l’obbligo di attivare

del credito di cui si chiede l’ammissione allo stato passivo ovvero
la descrizione del bene su cui si vantano diritti; c) l’esposizione
dei fatti e degli elementi di diritto che costituiscono la ragione
della domanda, con i relativi documenti giustificativi; d)
l’eventuale indicazione del titolo di prelazione, nonche’ la

ha carattere speciale»;
ex art. 1/200 legge cit.:
a) alla procedura si «[.7 applicano le disposizioni di cui
all’articolo 666 commi 2, 3, 4, 5, 6, 8 e 9 del codice di proceduta
penale»;
b) «Il giudice, accertata la sussistenza e l’ammontare del credito
nonche’ la sussistenza delle condizioni di cui all’articolo 52 del decreto
legislativo 6 settembre 2011, n. 159, lo ammette al pagamento,
dandone immediata comunicazione all’Agenzia nazionale

per

l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla
criminalita’ organizzata»;
c) l’art. 52/1 lett. b) legge 159/2011, stabilisce che «La confisca
non pregiudica i diritti di credito dei terzi che risultano da atti aventi
data certa anteriore al sequestro, nonchè i diritti reali di garanzia
costituiti in epoca anteriore al sequestro, ove ricorrano le seguenti
condizioni […]: b) che il credito non sia strumentale all’attività illecita o
a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, a meno che il
creditore dimostri di avere ignorato in buona fede il nesso di
strumentalità»;
d) l’art. 52/3, a sua volta, chiarisce che «nella valutazione della
buona fede, il tribunale tiene conto delle condizioni delle parti, dei
rapporti personali e patrimoniali tra le stesse e del tipo di attività svolta
dal creditore, anche con riferimento al ramo di attività, alla sussistenza
di particolari obblighi di diligenza nella fase precontrattuale nonché, in
caso di enti, alle dimensioni degli stessi».

2.2. La questione interpretativa principale che pone il coacervo di
norme supra evidenziato consiste nello stabilire quale sia l’oggetto

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descrizione del bene sul quale la prelazione si esercita, se questa

dell’onere probatorio che grava sul creditore istante: infatti, è proprio su
questo punto che ruota la motivazione del Tribunale e che lo ha indotto
a respingere la domanda dell’Italfondiario in quanto questi non avrebbe
provato di essere in buona fede.
La norma chiave è l’art. 52 dlgs cit. il quale è strutturato in modo

La prima è quella che, testualmente, si desume dalla lettura del
primo comma e, può essere così formulata: la confisca non pregiudica i
diritti di credito dei terzi che risultano da atti aventi data certa anteriore
al sequestro, nonchè i diritti reali di garanzia costituiti in epoca anteriore
al sequestro, ove il credito non sia strumentale all’attività illecita o a
quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego.
Tale disposizione presuppone, quindi, due congiunte condizioni:
a) che i diritti di credito o di garanzia reale abbiano data certa
anteriore al sequestro;
b) che, ove sia provato il primo requisito, sia, poi, accertato:
b1) che il credito vantato dal terzo non sia strumentale all’attività
illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego;
b2) che, ove il credito sia strumentale all’attività illecita o a quella
che ne costituisce il frutto o il reimpiego, il creditore dimostri di avere
ignorato in buona fede il suddetto nesso di strumentalità.
La seconda disposizione, si ricava dalla lettura a contrario dell’art.
52 cit. e può essere così formulata: la confisca pregiudica i diritti di
credito dei terzi che risultano da atti aventi data certa posteriore al
sequestro, nonchè i diritti reali di garanzia costituiti in epoca posteriore
al sequestro: in tal caso, la legge rende, ipso iure, automaticamente in
colpa il creditore rendendo, quindi, irrilevante la prova sulle ulteriori
condizioni previste nell’art. 52/1 lett. b) dlgs cit.
Ed infatti, ove si ritenesse che, anche nella suddetta ipotesi,
debbano ricorrere le condizioni ulteriori previste nell’art. 52/1 lett. b)
dlgs cit., la norma – nella parte in cui richiede la data certa anteriore al
sequestro – si rivelerebbe del tutto inutile perché, comunque, anche
nell’ipotesi di credito posteriore al sequestro, sarebbero richiesti i
requisiti di cui alla cit. lett. b): in altri termini, la norma, con

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molto rigorosa in quanto prevede, a ben vedere, due disposizioni.

un’inammissibile interpretazione abrogatrice, dovrebbe leggersi come se
dicesse: ««La confisca non pregiudica i diritti di credito dei terzi ove
ricorrano le seguenti condizioni […]: b) che il credito non sia
strumentale all’attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il
reimpiego, a meno che il creditore dimostri di avere ignorato in buona

Va, pertanto, data continuità a quella giurisprudenza che, in
fattispecie simili, ha sempre ritenuto preclusiva della buona fede
l’anteriorità della trascrizione del sequestro:
– Cass. 29197/2011 Rv. 250804 che, in una fattispecie in cui,
all’epoca dell’acquisto del diritto reale risultava da tempo
trascritto il sequestro e già disposta la confisca sia da parte del
giudice dell’udienza preliminare che da parte della Corte
d’appello, respinse la domanda della ricorrente che invocava la
sua buona fede, rilevando che «tale elemento cronologico era,
quindi, preclusivo della buona fede e dell’affidamento
incolpevole, attesa la conoscenza o la possibilità di conoscenza
dell’esistenza del provvedimento di sequestro attraverso la
normale diligenza»;
– Cass. 8015/2007 riv 236361 che, a fronte dell’eccezione della
ricorrente che, a sostegno della propria buona fede, aveva
sostenuto che, stante la mole dei crediti ceduti, i controlli
potevano essere fatti solo a campione, per cui non le si può
addebitare il fatto di non aver controllato i registri pubblici nel
caso di specie, replicò che rilevando che «lo scopo dei registri
pubblici è proprio quello di rendere opponibile a chicchessia una
situazione esteriorizzata nelle forme prescritte».
Questa Corte, quindi, non ritiene di condividere il principio
(invocato dalla ricorrente) enunciato da questa Corte con la sentenza n°
45260/2013 riv 257913, la quale, in una fattispecie sovrapponibile a
quella in esame (cessione di un credito successivo alla trascrizione del
sequestro), ha ritenuto che la modalità di cessione in blocco dei rapporti
giuridici prevista dalla legge, rende concretamente inesigibile trattandosi di migliaia di posizioni – in capo al cessionario, la previa

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fede il nesso di strumentalità».

verifica delle condizioni giuridiche di tutti i beni sottoposti a originaria
garanzia ipotecaria, correlati ai crediti ceduti e obiettivamente influisce
circa l’onere di diligenza richiesto.
In realtà, agli argomenti già evidenziati dalla citata giurisprudenza,
può aggiungersi che l’acquisto in massa dei crediti non viene effettuato

ove se ne conosca la qualità (e la quantità) si può determinare il prezzo
di vendita.
Quindi, il comportamento del cessionario, finalizzato al controllo
dei singoli crediti, quantomeno sotto il profilo che qui interessa, non è
affatto impossibile ma, anzi, è doveroso e, comunque, non può derogare
al tassativo principio fissato dalla normativa in esame.
Si, può, pertanto, sul punto, enunciare il seguente principio di
diritto: «ai sensi dell’art. 52 dlgs 159/2011, la confisca pregiudica ipso
iure i diritti di credito dei terzi che risultino da atti aventi data certa
posteriore al sequestro, nonchè i diritti reali di garanzia costituiti in
epoca posteriore al sequestro, sicchè, essendo il creditore istante
costituito automaticamente in colpa, diventa irrilevante la prova sulle
ulteriori condizioni previste nell’art. 52/1 lett. b) dlgs cit.».
Sulla base di quanto appena detto, si può, quindi, affermare che il
l’onere probatorio, per il creditore istante, si articola nelle seguenti
modalità:
a) deve, innanzitutto, provare che, nel momento in cui concesse il
credito al proposto, non risultava trascritto sui beni del proposto alcun
decreto di sequestro finalizzato alla confisca: la prova, ovviamente, non
può che essere di natura cartolare;
b) superata positivamente la suddetta prova, deve, in secondo
luogo, provare che il credito non era strumentale all’attività illecita o a
quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego;
c) ove risultasse che il credito era stato, invece, utilizzato dal
proposto per la sua attività illecita o a quella che ne costituiva il frutto o
il reimpiego, il creditore deve dimostrare di avere ignorato in buona fede
il suddetto nesso di strumentalità.

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“alla cieca”, ma sulla base di un’analisi dei crediti proprio perché, solo

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La prova dei requisiti sub b) e c), ovviamente, non può che essere
data al momento della concessione del credito, essendo del tutto
irrilevanti le vicende successive delle quali il creditore non poteva essere
a conoscenza.
La buona fede, come si desume, poi, dall’art. 52/3 dlgs cit., può

patrimoniali tra le stesse e del tipo di attività svolta dal creditore, anche
con riferimento al ramo di attività, alla sussistenza di particolari obblighi
di diligenza nella fase precontrattuale nonchè, in caso di enti, alle
dimensioni degli stessi»: si tratta di una norma che indica i criteri di
valutazione che il tribunale deve seguire per stabilire se il creditore
fosse o meno in buona fede ma che non esaurisce l’ambito della prova
del creditore non trattandosi, con tutta evidenza, di un elenco tassativo
ma solo di un elenco di criteri di massima.

2.3. Il legislatore, come si è appena illustrato, ha, quindi, preso in
esame e disciplinato l’ipotesi che a proporre la domanda sia il creditore
originario e cioè colui che mutuò delle somme di denaro al proposto.
Sennonché, com’è ben noto, le vicende del rapporto obbligatorio
non sono statiche in quanto ben possono essere soggette a modifiche
sia dal lato attivo che dal lato passivo.
Limitando, per ovvie ragioni, l’analisi al caso di specie, vi è,
pertanto, da chiedersi cosa il creditore deve provare, ai fini della propria
buona fede, ove egli non sia il creditore originario essendogli il credito
pervenuto a seguito di una o più modificazioni del lato attivo del
rapporto obbligatorio.
Nel caso di specie, al ricorrente Italfondiario (e, per esso a Castello
Finance s.r.I.) il credito pervenne a seguito di cessione pro soluto del
06/12/2005 da parte di Intesa Gestione Crediti alla quale, a sua volta,
era pervenuto, a seguito di atto di cessione del 21/12/1998
dall’originaria creditrice Carica! s.p.a.
La suddetta cessione presenta la seguente peculiarità: quando il
credito venne concesso dalla Caricai s.p.a. alla sign.ra Corbetta e,
quando, successivamente, le venne notificato l’accollo del mutuo, non

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essere provata attraverso «le condizioni delle parti, i rapporti personali e

era stato ancora trascritto alcun sequestro penale sul bene sul quale era
stata iscritta l’ipoteca in data 25/11/1987. Tuttavia, quando furono
effettuate le cessioni (sia la prima che la seconda), il sequestro era già
stato trascritto in data 31/07/1987 ed era già stato trascritto il decreto
di confisca in data 26/11/1997.

Castello Finance s.r.l. (e, per essa, il ricorrente Italfondiario) deve
provare la buona fede del suo dante causa originario (Caricai s.p.a.), o,
avendo acquistato il credito quando risultava già la trascrizione del
sequestro, non può provare neppure la sua buon fede dovendo la
domanda essergli automaticamente respinta?
La risposta a questa domanda non può prescindere dalla
disposizione di cui al cit. art. 52 dlgs che, al primo comma, in modo
tassativo, dispone che «La confisca non pregiudica i diritti di credito dei
terzi che risultano da atti aventi data certa anteriore al sequestro,
nonchè i diritti reali di garanzia costituiti in epoca anteriore al sequestro
[…]»: quindi, qualsiasi terzo creditore e non solo il terzo creditore
originario e cioè colui che mutuò delle somme di denaro al proposto.
La legge, sul punto, non distingue e, quindi, non può prescindersi
da questo inequivoco dato letterale in base al quale il terzo (sia esso il
creditore originario che il creditore ad esso succeduto in virtù di negozi
giuridici) che sia diventato creditore del proposto in data successiva alla
trascrizione del sequestro, è costituito ipso iure in mala fede, secondo
l’interpretazione che si è data dell’art. 52 dlgs cit. (supra § 2.2.).
Va, quindi, data continuità a quella giurisprudenza di questa Corte
(pure richiamata nel decreto impugnato) secondo la quale «il terzo
cessionario di credito garantito da ipoteca su beni sottoposti a sequestro
e a confisca di prevenzione gode della medesima tutela del creditore
originario, al quale viene riconosciuta a condizione che risultino
l’anteriorità dell’iscrizione del titolo o dell’acquisto del diritto rispetto al
provvedimento cautelare o ablativo intervenuto nel procedimento di
prevenzione e la sua buona fede, intesa come affidamento incolpevole,
non potendosi ritenere sufficiente che tali condizioni siano realizzate in
capo al cedente»: Cass. 16743/2008 Rv. 239625.

13

La domanda che, quindi, occorre porsi è la seguente: il cessionario

Ogni altra questione (in specie la prova della buona fede originaria
del cedente), resta quindi assorbita e del tutto irrilevante ai fini della
decisione.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al

RIGETTA
il ricorso e
CONDANNA
la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma 04/06/2015
IL PR
(Dott.
IL CONSIGLIE
(Dott. G. Ra

EST.

ENTE
Esposito)

pagamento delle spese processuali.

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