Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29546 del 13/05/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29546 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: RECCHIONE SANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PAREGIANI STEFANO N. IL 10/07/1969
PAREGIANI ANDREA N. IL 09/04/1977
avverso l’ordinanza n. 1/2015 TRIB. LIBERTA’ di FROSINONE, del
15/01/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere qott. SANDRA RECCHIONE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Uditi difens’Or Avv.;

Data Udienza: 13/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1.11 tribunale di Frosinone confermava l’ordinanza di convalida del sequestro
probatorio di una colonnina erogatrice di gas Gpl vincolata in seguito
all’accertamento di anomalie nella erogazione rilevate e segnalate da un
ispettore della Zeta gas. Si procedeva per i reati di cui agli artt. 640 cod.pen e
95 divo n. 504 del 1995.

Paregiani Andrea che deducevano:
2.1. violazione dell’art.111 C ost. in relazione all’obbligo di motivazione dei
provvedimenti giurisdizionali non essendo state indicate le concrete finalità
probatorie ed investigative perseguite con il sequestro;
2.2. violazione di legge in relazione alla valutazione dell’esistenza del

fumus

commissi delicti. Si deduceva che non era stata accertata alcuna manomissione
o alterazione di sigilli o piombi;
2.3. si sollecitava il rinvio pregiudiziale alla CGUE sulla seguente questione «se
le norme di cui agli artt. 324 e 321 cod. proc. pen così come interpretate dalla
giurisprudenza di legittimità consente alla Procura della repubblica e quindi allo
Stato italiano) di porre in essere un’attività coercitiva reale sull’attività di
impresa sotto il nome di sequestro probatorio, ma sostanzialmente equivalente
ad un sequestro preventivo senza consentire un approfondimento dei
presupposti in ordine alla commissione del reato ipotizzato con conseguente
violazione dell’art. 6 CEDU e delle norme a tutela della concorrenza e della
libertà di impresa potendo l’esercizio di quel potere avere effetti immediati e
diretti sulla tutela della concorrenza»;
2.4. violazione di legge in materia di tutela della vittima di reati economici. Si
deduceva che il provvedimento non aveva tenuto in nessuna considerazione il
fatto che Stefano Paregiani aveva presentato denuncia querela in relazione ad
alcuni reati tra i quali quelli di tentata estorsione così violando la normativa
europea in materia di vittime di reato;
2.5. violazione di legge per mancata valutazione della proporzionalità della
misura cautelare reale. Si deduceva che la misura imposta anche in
considerazione dei tempi del vincolo ledesse ingiustificatamente la libertà
economica.

CONSIDERATO IN DIRITTO

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2. Avverso tale sentenza proponevano ricorso gli indagati Paregiani Stefano e

1.11 ricorso è manifestamente infondato.
1.1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile in quanto le finalità investigative
del vincolo probatorio risultano, contrariamente a quanto dedotto,
dettagliatamente esposte.
Si rileva infatti la necessità di procedere ad accertamenti tecnici sulla meccanica
e sulla elettronica della colonnina erogatrice
lo stato dei sigilli presenti

nonché la necessità di verificare

e la corretta esecuzione della procedura di

legalizzazione della colonnina erogatrice. Si tratta di una motivazione coerente

finalità investigative che legittimano il sequestro devono essere sempre indicate
nel provvedimento che impone il vincolo reale in modo che la motivazione sia
idonea a dimostrare la funzione probatoria del sequestro, la motivazione deve
essere modulata in relazione al caso concreto: sicchè sarà necessaria una
motivazione rafforzata ogni volta che il nesso tra la res vincolata ed il reato per
cui si procede sia indiretto, mentre potrà farsi ricorso ad una formula sintetica
nei casi in cui la funzione probatoria del vincolo sia di immediata evidenza, come
nel caso del sequestro di merce contraffatta (Cass.

Sez. 2, n. 11325 del

11/02/2015, Rv. 263130).
1.2. Anche il motivo di ricorso che denuncia l’inesistenza del

fumus

del reato

contestato è manifestamente infondato.
Con riguardo alla astratta configurabilità del reato per cui si procede il collegio
condivide la giurisprudenza di legittimità secondo cui la legittimità del sequestro
probatorio deve essere valutata non già nella prospettiva di un giudizio di merito
sulla fondatezza dell’accusa, ma in riferimento all’idoneità degli elementi su cui si
fonda la notizia di reato a rendere utile l’espletamento di ulteriori indagini, per
acquisire prove certe o prove ulteriori del fatto, non esperibili senza la
sottrazione all’indagato della disponibilità della “res” o l’acquisizione della stessa
nella disponibilità dell’A.G. (Cass. Sez. 3, n. 15177 del 24/03/2011 Rv.
250300). Mentre nel caso di sequestro preventivo l’accertamento del

fumus

commissi delicti ha ad oggetto la individuazione di concreti elementi atti a
configurare la sussistenza del reato, in tema di sequestro probatorio il fumus,
per la specificità delle ragioni che giustificano la misura reale, deve essere
valutato con riferimento alla idoneità dei concreti elementi su cui si fonda la
notizia di reato a rendere utile l’espletamento di ulteriori indagini da parte della
pubblica accusa sull’oggetto del reato stesso o su cosa ad esso pertinente, ai fini
della acquisizione di prove certe o di ulteriori prove della sua commissione;
indagini non esperibili senza la sottrazione della disponibilità della cosa
all’indagato ovvero l’acquisizione della sua disponibilità da parte dell’autorità
giudiziaria. Peraltro, i concreti elementi indicati dal P.M. devono essere valutati
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con le indicazioni ermeneutiche offerte dalla Corte di cassazione secondo cui le

esclusivamente al fine di verificare la confìgurabilità del reato e la necessità
dell’acquisizione probatoria cui il sequestro è finalizzato, ma non per effettuare
un giudizio di merito sulla fondatezza dell’accusa, (per tutte sez. un. 20.11.1996
n. 23 del 1997, Bassi ed altri, RV 206657).
Si ritiene cioè che i beni vincolati con il sequestro probatorio possano anche non
essere immediatamente dimostrativi del reato per cui si procede, ma abbiano un
potenziale probatorio sviluppabile attraverso successivi accertamenti che
presuppongono la disponibilità dei beni stessi da parte dell’autorità che dirige

necessariamente attenua l’onere di motivazione in ordine alla configurabilità del
reato presupposto, che può considerarsi circoscritto alla dimostrazione della sua
astratta configurabilità.
Il tribunale in coerenza

con le indicazioni ermeneutiche

della Corte di

cassazione rinveniva il fumus del reato in contestazione nella circostanza che
era stato osservato un sensibile decremento degli approvvigionamenti di
carburante da parte del gestore con conseguente plausibile introduzione
nell’impianto di GPL di diversa ed ignota provenienza.
2.3. Anche la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte europea di giustizia si
presenta inammissibile. Da un lato si rileva come sia erroneamente indicato
l’art. 6 della Convenzione di Roma come parametro di legalità sovranazionale
(asseritamente incompatibile con la normativa che regola i sequestri probatori),
laddove doveva essere specificamente indicata la normativa dell’Unione; la
normativa europea sulla concorrenza viene, invece, solo genericamente
evocata, senza la precisa indicazione delle norme asseritamente
incompatibile:con i vincoli probatori previsti dal codice nazionale.
Dall’altro, si rileva come il procedimento sia stato aperto proprio per verificare
forme di alterazione delle regole sulle forniture, il cui rispetto involge
indirettamente proprio la garanzia delle regole della concorrenza che,
genericamente, si asseriscono violate.
2.4. Il motivo che deduce la violazione della normativa europea in materia di
vittime di reato è inammissibile in quanto generico. Non viene indicata la norma
violata né i profili concreti della violazione.
2.5 Inammissibile infine è anche il motivo di ricorso che denuncia la sproporzione
del vincolo imposto con gli obiettivi investigativi perseguiti e la ingiustificata
lesione della libertà economica. Il vincolo probatorio non prevede infatti forme
di esecuzione “graduata” sicche’ la violazione dell’asserito parametro della
proporzione non trova alcuna conferma nelle regole che governano i sequestri
probatori.

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l’attività investigativa. Tale configurazione del vincolo probatorio

3.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una
somma che si determina equitativamente in C 1000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti ai pagamento delle
spese processuali e ciascuno della somma di euro 1000.00 alla Cassa delle
ammende.

L’estensore

Il Presidente

Così deciso in Roma, il giorno 13 maggio 2014

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