Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29544 del 13/05/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29544 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RAMPULLO ALFIO N. IL 26/11/1977
avverso l’ordinanza n. 533/2014 TRIB. LIBERTA’ di ANCONA, del
02/01/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. 6.e.; a (2.–,,-„2„-y)

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 13/05/2015

MOTIVI DELLA DECISIONE
Ricorre per Cassazione, a mezzo difensore, RAMPULLO Alfio avverso l’ordinanza del tribunale
del riesame di Ancona che ha confermato l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del
13/12/2014 che gli ha applicato la misura cautelare della custodia in carcere con riguardo alle
rapine consumate e tentate contestate ai capi B, E, G ed I.
Deduce il ricorrente violazione di legge e vizio della motivazione. Sostiene in particolare con

illogica considerato che il tribunale del riesame pone in essere le proprie valutazioni con
riferimento a gravi indizi di colpevolezza riferibile al coindagato ARCIDIACONO.
Lamenta che con riguardo ai capi G) ed I) il tribunale ha ritenuto sussistente l’ipotesi del
tentativo sulla scorta degli atti a disposizione errando nell’applicazione dell’articolo 56 codice
penale in quanto non ha verificato il superamento della soglia della rilevanza penale della
condotta ritenendo sufficienti per la sussistenza dei gravi indizi elementi che invece non
esistono. Sostiene che con riguardo alle esigenze cautelari il giudicante non ha tenuto conto
degli elementi positivi.
Il ricorso è inammissibile perché generico e versato in fatto
Con riguardo alla gravità indiziaria deve rilevarsi che in tema di misure cautelari personali, la
valutazione del peso probatorio degli indizi è compito riservato al giudice di merito e, in sede di
legittimità, tale valutazione può essere contestata unicamente sotto il profilo della sussistenza,
adeguatezza, completezza e logicità della motivazione, mentre sono inammissibili le censure,
che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una
diversa valutazione delle circostanze già esaminate da detto decidente spettando alla corte di
legittimità il solo compito di verificare se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto
delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico
dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli
elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi del diritto che governano
l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Il controllo di logicità, peraltro, deve rimanere
«all’interno» del provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o
diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e
fattuali delle vicende indagate. In altri termini, l’ordinamento non conferisce alla Corte di
Cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate,
ivi compreso lo spessore degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche
soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure
ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile
del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura, nonché al tribunale del riesame. Il
controllo di legittimità è, perciò, circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di
verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro

riguardo ai reati di cui ai capi B) ed E)Ø che la motivazione appare oscura manifestamente

negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) l’esposizione delle
ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti,
risultanti cioè prima facie dal testo del provvedimento impugnato, ossia la congruità delle
argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento.
Questa Corte ha inoltre avuto modo di chiarire che la nozione di gravi indizi di colpevolezza
non è omologa a quella che serve a qualificare il quadro indiziario idoneo a fondare il giudizio
di colpevolezza finale. Al fine dell’adozione della misura è sufficiente l’emersione di qualunque
elemento probatorio idoneo a fondare «un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità

secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’art. 192, comma 2, cod. proc.
peri. (per questa ragione l’art. 273, comma ibis, cod. proc. pen. richiama i commi 3 e 4
dell’art. 192, cod. proc. pen., ma non il comma 2 del medesimo articolo, il quale oltre alla
gravità, richiede la precisione e concordanza degli indizi)( Cass. N. 37878 del 2007 Rv.
237475; N. 36079 del 2012 Rv 253511).
Nel caso in esame il giudice di merito ha dato conto, con motivazione coerente, specifica e
priva di vizi logici degli elementi a carico dell’indagato, con riguardo alle rapine tentate e
consumate contestate (con riguardo al capo B) certo riconoscimento da parte del Direttore
dell’Ufficio Postale rapinato, con riguardo al capo E) medesime modalità e stesso contesto
territoriale e temporale). Deve ricordarsi che l’univocità dell’azione con riguardo ai contestati
tentativi di rapina deve essere apprezzata, senza tener conto della distinzione fra atti
preparatori ed atti esecutivi, nelle sue caratteristiche oggettive, così da verificare se sia tale da
rivelare la finalità attraverso l’apprezzamento, secondo le regole della comune esperienza,
della natura e dell’essenza degli atti compiuti e del contesto in cui si inseriscono ( Cass. N.
10574 del 1987 Rv. 176823, N. 5252 del 1988 Rv. 178265, N. 3596 del 1994 Rv. 197753, N.
2587 del 1998 Rv. 210074, N. 36283 del 2003 Rv. 228310Cass. Sez. 2, 10.2-9.6.2005 n.
21955; n. 40702/2009 Rv 245123). Abbandonata ormai la distinzione tra atti preparatori e atti
esecutivi si richiede quindi per l’esistenza d’un tentativo punibile l’idoneità e l’univocità degli
atti posti in essere dal soggetto agente.
Applicando tali principi alla fattispecie in esame, va rilevato che l’ordinanza impugnata, con
motivazione incensurabile nella presente sede, siccome conforme ai canoni della logica e della
non contraddizione, ha ravvisato nel comportamento tenuto dal ricorrente gli estremi propri del
tentativo di rapina. Ha infatti dato conto che il complesso delle circostanze emerse
dimostravano una predisposizione di mezzi in grado di sfociare nella commissione del reato di
rapina. A fronte di tale argomentare il ricorrente si è limitato a rinnovare una linea difensiva
basata su ragioni di merito.
Così come il Tribunale ha dato atto con motivazione coerente e logica dell’alto rischio di
recidiva collegato alla pervicacia criminale evidenziata nell’effettuazione di due tentativi di
rapina a poche ore di distanza l’uno dall’altro e nonostante , nel primo, si fosse avveduto della
presenza delle forze dell’ordine.

kA)

dell’indagato» in ordine ai reati addebitati. Pertanto, i detti indizi non devono essere valutati

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al
pagamento delle spese processuali, e al versamento della somma di 1.000,00 euro in favore
della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali,
e al versamento della somma di 1.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende. Manda

Così deliberato in Roma il 13.5.2015
Il Consigliere estensore
Giovanna VERGA

Il Presidente
Franco FIANDANESE

alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94 Disp. Att. C.p.p.

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