Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29544 del 02/07/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 29544 Anno 2013
Presidente: DE ROBERTO GIOVANNI
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato da
Rosa Gerardo, nato a Palermo il 07/09/1947

avverso l’ordinanza del 19/03/2013 del Tribunale di Palermo;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Carmine
Stabile, che ha concluso chiesto l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’ordinanza sopra indicata il Tribunale di Palermo, adito ai sensi dell’art.
310 cod. proc. pen., confermava il provvedimento del 21/02/2013 con il quale il
Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale aveva rigettato una
richiesta difensiva di revoca o di sostituzione della misura degli arresti domicillari
alla quale Gerardo Rosa era sottoposto in relazione al reato di cui all’art. 73
d.P.R. n. 309 del 1990, riportato nel capo C) dell’imputazione provvisoria.

Data Udienza: 02/07/2013

,

Rilevava, in particolare, il Tribunale come gli elementi segnalati dalla difesa
dell’indagato fossero gli stessi in base ai quali il medesimo Tribunale, in sede di
riesame, aveva confermato il provvedimento genetico della misura cautelare in
ordine a quello specifico capo di Imputazione.
2. Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso il Rosa, con atto sottoscritto
dal suo difensore avv. Carlo Bonomi, il quale, formalmente con due distinti
motivi, ha dedotto la violazione di legge ed il vizio di motivazione, per avere il
l’originaria istanza difensiva, aveva fatto riferimento ad un reato, quello del capo
E) dell’Imputazione provvisoria, che non era stato contestato al ricorrente; e per
non avere tenuto conto che, escluso tale episodio delittuoso del 2009, l’unico
reato addebitato al Rosa risaliva al 2007, circostanza che poteva far propendere
per il riconoscimento di una minore pericolosità sociale dell’indagato.
3. Ritiene la Corte che il ricorso sia inammissibile per la manifesta infondatezza
dei relativi motivi.
Costituisce espressione di un consolidato orientamento nella giurisprudenza di
legittimità il principio per il quale, in tema di misure cautelari personali, l’effetto
preclusivo di un precedente giudizio cautelare – la cui esistenza, nel caso di
specie, non è stata messa in discussione – viene meno soltanto in presenza di un
successivo, apprezzabile mutamento degli elementi di fatto valutati: con la
conseguenza che, in difetto di nuove acquisizioni probatorie che implichino un
mutamento della situazione sulla quale la decisione era fondata, le questioni
dedotte a sostegno di una richiesta di revoca o di sostituzione presentata
dall’interessato restano precluse (così, tra le tante, Sez. 1, n. 19521 del
15/04/2010, D’Agostino, Rv. 247208; Sez. 5, n. 17986 del 09/01/2009,
Massone, Rv. 243974; Sez. 1, n. 15906 del 19/01/2007, Petta, Rv. 236278). In
tale ottica, si è aggiunto che è irrilevante il mero passaggio cronologico, posto
che è pacifico come l’attenuazione o l’esclusione delle esigenze cautelari non
possano essere desunte dal solo decorso del tempo di esecuzione della misura o
dall’osservanza puntuale delle relative prescrizioni da parte dell’interessato,
dovendosi valutare ulteriori elementi di sicura valenza sintomatica in ordine al
mutamento della situazione apprezzata all’inizio del trattamento cautelare (Sez.
2, n. 21424 del 20/04/2011, Filia, Rv. 250253; Sez. 5, n. 16425 del 02/02/2010,
Iurato, Rv. 246868; Sez. 2, n. 39785 del 26/09/2007, Poropat, Rv. 238763).
Ora, di tale regula iuris il Tribunale di Palermo ha fatto corretta applicazione
rilevando, con motivazione completa e priva di incongruenze logicoargomentative, come meno di un mese prima lo stesso Tribunale, decidendo in
2

Tribunale di Palermo omesso di considerare che il primo Giudice, nel rigettare

sede di riesame sul provvedimento genetico del regime cautelare, nell’escludere
la riferibilità al Rosa di altri due reati contestatigli ai capi A) e D), avesse, in
maniera argomentata, riconosciuto la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza
a carico del prevenuto in relazione al reato di trasporto di 11 kg. di sostanza
stupefacente del tipo hashish, trasferita dalla Sicilia nella provincia di Bergamo
tra il settembre e l’ottobre del 2007; e come il difensore – prescindendo da un
erroneo quanto irrilevante richiamo, contenuto nell’ordinanza del G.i.p.
appellata, ad altro reato non contestato al Rosa, del quale, peraltro, non vi è
all’attenzione dell’odierno Collegio – avesse fatto riferimento ad una serie di
circostanze, afferenti tanto al significato delle intercettazioni captate durante le
indagini, quanto alle caratteristiche del fatto ed alla personalità dell’indagato (età
ed assenza di condanne recenti) che, in uno con la collocazione cronologica del
reato, erano state già ampiamente considerate dal medesimo Tribunale che,
pochi giorni prima, aveva deciso sull’istanza di riesame avanzata dallo stesso
Rosa.
4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento in favore dell’erario
delle spese del presente procedimento ed al pagamento in favore della cassa
delle ammende di una somma che si stima equo fissare nell’importo indicato nel
dispositivo che segue.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 02/07/2013

traccia nella motivazione del provvedimento oggetto del ricorso portato

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