Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29541 del 13/05/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29541 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: RECCHIONE SANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SAMMARRO GIUSEPPE N. IL 26/01/1968
avverso l’ordinanza n. 1148/2014 TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO,
del 25/11/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SANDRA RECCHIONE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Uditi difensor Aw •
/

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Data Udienza: 13/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1.11 tribunale di Catanzaro confermava l’ordinanza con la quale il giudice per le
indagini preliminari aveva applicato al Sammarro la misura cautelare della
custodia in carcere per il reato di tentata estorsione aggravato dall’art. 7 della
legge n. 203 del 1991

imputati che deduceva:
2.1. violazione

di legge e correlato vizio di motivazione per illegittimo

riconoscimento dell’aggravante prevista dall’art. 7 della legge n. 203 del 1991. Si
deduceva che non risultava dimostrata l’esistenza della consorteria mafiosa e
che l’indagato con il suo comportamento avrebbe fatto uso del metodo mafioso,
nonché

l’insufficienza

della asserita destinazione del denaro richiesto al

sostentamento delle famiglie dei carcerati per riconoscere l’aggravante;
2.2. violazione di legge e correlato vizio di motivazione nella misura in cui il
provvedimento impugnato dava conto della esistenza in concreto delle esigenze
cautelari, malgrado l’automatismo nella scelta delle misure sia stato escluso
dalla pronuncia della Corte costituzionale n. 57 del 2013. In particolare si
rilevava come non era emerso che gli indagati facessero parte di organizzazioni
mafiose operanti sul territorio, la incensuratezza del Semeraro in relazione a
delitti mafiosi, la risalenza dei precedenti

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è manifestamente infondato.
1.1. Il tribunale offre ampia ed esaustiva motivazione in ordine alla esistenza
dell’aggravante censurata, sicchè le doglianze difensive non trovano conferma
nelle emergenze processuali e segnatamente nel testo della sentenza impugnata.
La dedotta violazione di legge non trova conferme tenuto conto del
consolidato indirizzo ermeneutico, condiviso dal collegio secondo cui la
configurabilità dell’aggravante prevista dall’ art. 7 D.L. 13 maggio 1991, n. 152
(conv. in I. 12 luglio 1991, n. 203), non richiede necessariamente la sussistenza
di una compagine mafiosa o camorristica di riferimento non solo quando è
contestato l’utilizzo del metodo mafioso, ma neppure quando è addebitata la
finalità agevolativa, anche se, in questa seconda evenienza, occorre che lo scopo
sia quello di contribuire all’attività di un’associazione operante in un contesto di

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2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore degli

matrice mafiosa, in una logica di contrapposizione tra gruppi ispirati da finalità di
controllo del territorio con le modalità tipiche previste dalli art. 416-bis cod. pen.
(Cass. Sez. 2, n. 17879 del 13/03/2014, Rv. 260007; Cass. sez. 2, n. 322 del
02/10/2013, dep 2014 Rv. 258103).
Nel caso di specie il tribunale, in coerenza con le indicate linee interpretative
evidenziava come la condotta dell’indagato fosse «idonea ad esercitare quella
particolare coartazione psicologica esercitata ai danni di una persona, conculcata
nella sua libertà e tranquillità» con i caratteri propria dell’intimidazione

Si tratta di una valutazione di merito non manifestamente illogica ed aderente
alle emergenze procedimentali, oltre che alle indicazioni interpretative fornite
dalla Corte di Cassazione che si sottrae al sindacato di legittimità.
1.2.

nche il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Il

Tribunale in adesione alle indicazioni della Corte costituzionale circa la natura
non assoluta delle presunzione di adeguatezza della misura carceraria in
relazione ai reati aggravati dall’art. 7 della legge n. 203 del 1991 evidenzia
l’insussistenza di elementi favorevoli all’indagato idonei a vincere la presunzione
che risultava piuttosto rafforzata dalla biografia criminale del Semeraro che
aveva insistito nella dedizione alla attività delittuosa malgrado la applicazione
della misura di prevenzione della sorveglianza speciale. Si tratta di un percorso
argomentativo che tiene conto della attenuazione della presunzione
conseguente all’intervento della Corte costituzionale e si fa carico di valutare
l’esistenzatventuali elementi idonei a vincerla.
La valutazione di merito conseguente a tale percorso argomentativo risulta,
pertanto, effettuata nel pieno rispetto dei parametri di legge -5-si sottrae al
sindacato di legittimità in quanto la relativa motivazione si presenta priva di
fratture logiche ed aderente alle emergenze procedimentali.

2.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una
somma che si determina equitativamente in € 1000,00.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del
ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter delle disposizioni
di attuazione del codice di procedura penale, che copia della stessa sia trasmessa
al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato si trova ristretto, perché
provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del citato articolo 94.
P.Q.M.

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mafiosa.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali

euro 1000.00 alla Cassa delle ammende.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp att. cod. proc.
pen.
Così deciso in Roma, il giorno 13 maggio 2014

Il Presidente

L’estensore

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