Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29535 del 06/05/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29535 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: RECCHIONE SANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BOVA MASSIMO N. IL 26/01/1977
avverso l’ordinanza n. 5/2015 TRIB. LIBERTA’ di PALERMO, del
09/01/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Qott. SANDRA RECCHIONE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. C ,),,
J’u u,L. e j2AueLl

Udit i difens

Data Udienza: 06/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Il tribunale di Palermo confermava la applicazione della misura della custodia
t-h:ioni/1/4w)
cautelare in carcere a Bova eterni”, in relazione ai reati di rapina aggravata
consumata ai danni di Saeli Ignazio e di porto di armi.

2. Ricorreva per Cassazione il difensore dell’indagato che deduceva:
per carenza di motivazione. Si

deduceva che

l’ordinanza applicativa era motivata per relationem rispetto alla richiesta del
pubblico ministero ed era carente di valutazione autonoma degli elementi di
prova; all’indagato veniva peraltro notificata sol l’ordinanza e non la richiesta del
pubblico ministero;
2.2. violazione dì legge e vizio di motivazione in relazione al fatto che veniva
considerato attendibile un riconoscimento fotografico effettuato senza che la
persona offesa avesse previamente offerto alcuna descrizione degli indagati;
2.3. si lamentava la carente motivazione in ordine alla attendibilità delle
dichiarazioni provenienti dalla persona offesa.
2.4. violazione dì legge e vizio di motivazione in relazione alla valutazione delle
esigenze cautelari. Si lamentava la carenza di motivazione in ordine alla
attualità e concretezza del pericolo di reiterazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso proposto è manifestamente infondato.
1.1. Con riguardo al motivo che deduce il vizio della struttura della motivazione
lamentando il ricorso alla motivazione per relationem il collegio condivide e
ribadisce la consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui la motivazione
“per relationem” di un provvedimento giudiziale è da considerare legittima
quando: 1) faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un legittimo atto
del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all’esigenza di
giustificazione propria del provvedimento di destinazione; 2) fornisca la
dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle
ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti
con la sua decisione; 3) l’atto di riferimento, quando non venga allegato o
trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto dall’interessato o
almeno ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda attuale l’esercizio
della facoltà di valutazione, di critica ed, eventualmente, di gravame e,

2

2.1.nullità dell’ordinanza

conseguentemente, di controllo dell’organo della valutazione o dell’impugnazione
(Cass. sez. 6, n. 53420 del 04/11/2014, Rv. 261839; Cass. Sez. Un, n. 17 del
21/06/2000, Rv. 216664).
Nel caso di specie la motivazione offerta appare coerente con le richiamate linee
interpretative e non si presta a censure nella misura in cui enuncia le evidenze
che avevano condotto all’arresto in flagranza di reato del Bova ed analizza la
correttezza dell’inquadramento giuridico offerto dal pubblico ministero.
1.2. Manifestamente infondato è anche il motivo di ricorso rivolto a contestare la

consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui, in assenza di elementi
idonei ad inficiare l’attendibilità del dichiarante che effettua l’individuazione
fotografica, questa è elemento di prova adeguato a sostenere l’identificazione a
fini cautelari. L’individuazione di un soggetto è infatti una manifestazione
riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta, una specie del più generale
concetto di dichiarazione; pertanto la sua forza probatoria non discende dalle
modalità formali del riconoscimento, bensì dal valore della dichiarazione
confermativa, alla stessa stregua della deposizione testimoniale (Cass. Sez. 2, n.
50954 del 03/12/2013, Rv. 257985; Cass. sez 4, n. 1867 del 21/02/2013, Rv.
258173). In assenza di profili di inattendibilità ricavabili dalla relazione del
riconoscente con l’accusato o dalla genericità e non accuratezza del
riconoscimento deve dunque ribadirsi che poiché i gravi indizi di colpevolezza
sono quegli elementi a carico, di natura logica o rappresentativa, idonei a
fondare il convincimento di qualificata probabilità di colpevolezza,
l’individuazione fotografica effettuata dinanzi alla polizia giudiziaria,
indipendentemente dall’accertamento delle modalità e quindi della rispondenza
alla metodologia prevista per la formale ricognizione a norma dell’art. 213 cod.
proc. pen., ben può essere posta a fondamento di una misura cautelare, perché
lascia fondatamente ritenere che sbocchi in un atto di riconoscimento, formale o
informale, o in una testimonianza che tale riconoscimento confermi (Cass. sez.
2 n. 5043 del 15/01/2004, Rv. 227511)
Nel caso di specie il tribunale in coerenza con le indicate linee interpretative
con valutazione di merito non sindacabile in sede di legittimità riteneva
attendibile la dichiarazione ricognitiva, evidenziando l’ininfluenza sul
riconoscimento della conoscenza pregressa degli indagati.
Infine, poiché la individuazione fotografica è un mezzo di prova atipico il
mancato rispetto delle regole che governano il mezzo di prova tipico, ovvero la
individuazione personale, non incide sulla utilizzabilità della prova, né sulla sua

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legittimità del riconoscimento fotografico. Sul punto il collegio condivide la

efficacia dimostrativa nella fase cautelare (Cass. sez.

6, n. 49758 del

27/11/2012, Rv. 253910).
1.3. Il motivo rivolto a censurare la attendibilità della persona offesa è
manifestamente infondato in quanto generico. Il ricorrente si limita infatti a
criticare genericamente la valutazione di attendibilità del dichiarante senza
indicare le ragioni specifiche per le quali tali dichiarazioni sarebbero non
credibili.
1.4. Manifestamente infondate sono, infine, le censure che si appuntano sulla

Nell’individuare il pericolo di reiterazione il Tribunale

valorizzava il

comportamento emergente dagli atti e, segnatamente, il fatto che la rapina per
cui si procede veniva consumata attraverso la introduzione all’interno
dell’appartamento dell’offeso, nonché i precedenti penali.
Si tratta di valutazioni prive di fratture logiche e coerenti con le emergenze
procedimentali oltre che con le indicazioni ermeneutiche offerte dalla Corte di
legittimità in ordine all’esercizio della discrezionalità in orine alla individuazione
delle esigenze cautelari. Sul punto si condivide l’orientamento secondo cui In
tema di misure coercitive, ai fini della configurabilità del pericolo di reiterazione
criminosa di cui all’art. 274, lett. c), cod. proc. pen., gli elementi apprezzabili
possono essere tratti anche dalle specifiche modalità e circostanze del fatto,
considerate nella loro obiettività, giacché la valutazione negativa della
personalità dell’indagato può desumersi dai criteri oggettivi e dettagliati stabiliti
dall’art. 133 cod.pen. tra i quali sono comprese le modalità e la gravità del fatto
reato (Cass. Sez. 2, n. 51843 del 16/10/2013, Rv. 258070).

3.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una
somma che si determina equítativamente in C 1000,00.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del
ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter delle disposizioni
di attuazione del codice dì procedura penale, che copia della stessa sia trasmessa
al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato si trova ristretto, perché
provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del citato articolo 94.

P.Q.M.

4

valutazione delle esigenze cautelari.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1000.00 alla Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp att. cod. proc.
pen.
Così deciso in Roma, il giorno 6 maggio 2015

Il Presidente

L’estensore

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