Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2953 del 13/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 2953 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DEL PRETE ANTONIO N. IL 20/08/1985
avverso la sentenza n. 7007/2014 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
28/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 13/11/2015

1) Con sentenza del 28.10.2014, la Corte di Appello di Napoli, in parziale riforma della
sentenza del &UP del Tribunale di Napoli Nord, emessa in data 15.4.2014, con la quale
Del Prete Antonio, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, e
ritenuta la diminuente per il rito, era stato condannato alla pena di anni 1 di reclusione
ed euro 116.000,00 di multa per il reato di cui agli artt.25,282, 292 e 291 bis bPR
43/1973, concedeva il beneficio della non menzione, confermando nel resto..
Ricorre per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, denunciando l’erronea
applicazione della legge penale ed il vizio di motivazione in ordine alla determinazione
della pena..
2) Il ricorso è generico e manifestamente infondato.
2.1) La Corte territoriale, dopo aver rilevato che, per la detenzione di TLE di
contrabbando superiore a dieci chilogrammi, oltre alla pena pecuniaria (nella misura di
euro 5 per ogni grammo convenzionale di prodotto), è prevista anche la pena della
reclusione da 2 a 5 anni, ha ritenuto, richiamando tutti i criteri di cui all’art.133
cod.pen., che la pena inflitta in primo grado fosse congrua ed adeguata all’entità dei
fatti ed alla personalità dell’imputato
Il riferimento a tali elementi oggettivi e soggettivi giustifica sul piano argomentativo
il criterio seguito nell’esercizio del potere discrezionale.
Peraltro, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la specifica e dettagliata
motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, è necessaria soltanto se la pena
sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti
essere sufficiente a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art.133 c.p.le
espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” (cfr. Cass.pen. Sez. 2 n.36245 del
26.6.2009).
2.2) Il ricorrente propone generici rilievi, assumendo che la Corte territoriale non
abbia tenuto conto delle censure sollevate con i motivi di appello.
Eppure l’art.581 c.p.p. richiede espressamente che l’atto di impugnazione contenga, a
pena di inammissibilità ex art.591 co.1 lett.c) c.p.p., a) i capi o i punti della decisione ai
quali si riferisce l’impugnazione; b) le richieste; c) i motivi, con l’indicazione specifica
delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
2.3) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma che
pare congruo determinare in euro 1.000,00 ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro 1.000,00.
Così deciso in Roma il 13.11.2015

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