Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29524 del 24/06/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29524 Anno 2015
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da Franco Domenico nato a Trinitapoli il 20/8/1969
avverso la sentenza del 9/2/2015 della Corte d’appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. Roberto Aniello, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga
dichiarato inammissibile;

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 9/2/2015, la Corte di appello di Milano confermava
la sentenza del Tribunale di Monza del 28/9/2012, che aveva condannato
Franco Domenico alla pena di anni uno di reclusione ed C 500,00 di multa
per il reato di cui agli artt. 640 61 n. 7 cod. pen., perché, mediante artifizi e
raggiri consistiti nell’acquistare presentandosi con il nome di Luigi Moretti,
kg. 25.000 di ferro dalla DEROFER Costruzioni S.r.l., pagando il prezzo di C

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Data Udienza: 24/06/2015

20.370,80 mediante assegno tratto su conto corrente bancario privo di
provvista ed interrompendo successivamente ogni contatto con la citata
persona offesa, si procurava ingiusto profitto con pari danno per la citata
persona offesa. Con le aggravanti di avere cagionato alla vittima un danno
patrimoniale di rilevante gravità.
1.1. La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello, in
punto di riconosciuta responsabilità dell’imputato in ordine al reato allo

2.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato, sollevando

i

seguenti motivi di gravame:
2.1. violazione dell’art. 214 cod. proc. pen. per non essere state osservate
le garanzie previste dalla legge, essendo stato effettuato un riconoscimento
irrituale sulla base della sola scheda d’identità del comune di Trinitapoli
acquisita in semplice fotocopia.
2.2. mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine all’eccepita
mancanza di prova sulla responsabilità per i fatti addebitati e per la
mancata indicazione delle fonti di prova che proverebbero la responsabilità
dell’imputato.
2.3. Con memoria depositata in cancelleria in data 15/6/2015 eccepiva in
via preliminare l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione e
reiterava le argomentazioni svolte nel ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi manifestamente
infondati. Difatti tutti i motivi proposti attengono a valutazioni di merito
che sono insindacabili nel giudizio di legittimità, quando il metodo di
valutazione delle prove sia conforme ai principi giurisprudenziali e
l’argomentare scevro da vizi logici, come nel caso di specie. (Sez. U., n. 24
del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794; Sez. U., n. 12 del 31.5.2000, Jakani,
Rv. 216260; Sez. U. n. 47289 del 24.9.2003, Petrella, Rv. 226074 ). E così
segnatamente la Corte territoriale ha dato, adeguatamente, atto che
l’imputato aveva indotto in errore i venditori sulla sua solvibilità, omettendo
di presentarsi con il suo vero nome; ha evidenziato le indagini che erano
state effettuate per ricondurre il fatto contestato alla persona dell’attuale
imputato consistite non solo nell’individuazione fotografica effettuata dalla
persona offesa, ma anche dalle indagini effettuate dalla Polizia Giudiziaria,

2

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stesso ascritto e di riduzione del trattamento sanzionatorio.

dalle quali era emersa la riconducibilita’ alla persona dell’attuale ricorrente
della società che figurava come acquirente. Ed ancora era stato accertato
che l’assegno risultato privo di provvista, a mezzo del quale era stata
perpetrata la truffa, era stato tratto su un conto corrente che era stato
aperto per un breve periodo di tempo proprio dall’attuale imputato. Quanto
all’eccepita prescrizione, rileva il Collegio che il termine massimo non e’
ancora decorso, dovendosi tenere conto della sospensione dell’udienza

4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi
dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna dell’imputato che lo ha
proposto al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al
pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla
luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000,
sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in € 1.000,00 .

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso, il 24 giugno 2015

Il Consigli

Il Presidente

richiesta dal difensore per legittimo impedimento per un totale di giorni 64.

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