Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29523 del 24/06/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29523 Anno 2015
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

Data Udienza: 24/06/2015

SENTENZA

Sul ricorso proposto dal Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di
Milano avverso la sentenza del 10/12/2014 della Corte d’appello di Milano
nel procedimento nei confronti di:
De Maria Carlo Umberto nato a Salerno il 20/11/1946;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. Roberto Aniello, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio
della sentenza impugnata;

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 10/12/2014, la Corte di appello di Milano, decidendo
in sede di rinvio disposto dalla Corte di Cassazione con sentenza del
9/1/2009, in parziale riforma della sentenza della sentenza del Tribunale di
Milano del 17/10/2005, tra l’altro, dichiarava non doversi procedere nei
confronti di De Maria Carlo Umberto per essere i reati allo stesso ascritti, di
cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7 e 11, 485, 61 n. 2 99 comma 4 cod. pen.,
estinti per intervenuta prescrizione.

1

26,

2. Avverso tale sentenza propone ricorso il Procuratore Generale presso la
Corte d’Appello di Milano, sollevando

il seguente motivo di gravame:

erronea applicazione della legge penale, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett.
b) cod. proc. pen., con riferimento alla dichiarata estinzione dei reati ascritti
all’imputato per intervenuta prescrizione, essendo il relativo termine di
quindici anni non ancora decorso per effetto dell’applicazione della normativa

CONSIDERATO IN DIRITTO

3.

Il ricorso deve essere rigettato per essere infondata la questione

proposta. Difatti dalla lettura della sentenza di primo grado emerge che De
Maria Carlo Umberto e’ stato dichiarato responsabile dei reati lui ascritti e
condannato alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione ed euro 1.200,00
di multa; nella motivazione della decisione, con riferimento al trattamento
sanzionatorio viene dato atto della sussistenza delle circostanze aggravanti
comuni di cui agli all’art. 61 nn. 7 ed 11 cod. pen. e della mancata
concessione delle attenuanti generiche, mentre nulla si dice in ordine
all’applicazione della recidiva reiterata specifica pure ritualmente
contestata; dell’applicazione della rediviva, che costituisce circostanza
aggravante ad effetto speciale, non vi e’ traccia neppure nel dispositivi e dal
calcolo della pena effettuato risulta non essere stato applicato alcun
aumento della pena a tale titolo. A ciò consegue che correttamente, come
osservato dal difensore dell’imputato nella memoria depositata, la Corte
d’Appello non ne ha tenuto conto nella determinazione del termine di
prescrizione. Difatti sulla base della costante giurisprudenza di questa
Corte, ai fini della determinazione del termine di prescrizione del reato non
può tenersi conto della recidiva qualificata quando essa, ancorché
ritualmente contestata, sia stata, anche implicitamente, esclusa dal giudice,
come nel caso in cui abbia omesso di valutarla nella determinazione della
pena (sez. 6 n. 43771 del 7/10/2010, Rv. 248714; sez. 2 n. 2090 del
10/1/2012, Rv. 251776).

P.Q.M.

2

previgente.

rigetta il ricorso.
Così deciso il 24 giugno 2015

Il Presidente

Il Consiglie E. stensore

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