Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29522 del 24/06/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29522 Anno 2015
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

SENTENZA

Sui ricorsi proposti da:
1)

Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Torino

2)

Marando Domenico nato a Plati’ il 5/5/1966

3)

Anglisani Paolo nato a Nocera Inferiore il 8/10/1961

avverso la sentenza del 8/5/2014 della Corte d’appello di Torino;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. Roberto Aniello, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio
della sentenza impugnata con riferimento alla posizione di Marando Rosario
ed il rigetto dei ricorsi di Marando Domenico ed Anglisani Paolo;
udito l’avv. Francesco Lojacono, per l’imputato Marando Rosario, che ha
richiesto il rigetto del ricorso proposto dal RG. di Torino;
uditi gli avvocati Richetta Davide e Ronco Mauro per Marando Domenico e
Pierfranco Bertolino Anglicani Paolo che si sono riportati ai rispettivi ricorsi,
chiedendone l’accoglimento;

1

Data Udienza: 24/06/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 8/5/2014, la Corte di appello di Torino, in parziale
riforma della sentenza del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di
Torino del 6/11/2012, tra l’altro, assolveva Marando Domenico dai reati allo
stesso ascritti ai capi 5) 81 cpv., 110, 56, 648 bis cod. pen., 7 d.l. n. 151
del 1991 e 9) 81 cpv., 110, 648 tre cod. pen., 12 quinquies legge n. 356 del
1992, 7 d.l. n. 151 del 1991, rispettivamente, perché il fatto non sussiste e

legge n. 356 del 1992 contestato al capo 10), per non avere commesso il
fatto e, riqualificata la rimanente condotta contestata al capo 10) come
delitto di cui all’art. 648 cod. pen. e rideterminava la pena allo stesso inflitta,
per il suddetto reato di cui al capo 10) e per quelli di cui al capo 2) 81 cpv.,
110, 648 cod. pen., 7 d.l. n. 151 del 1991 ed al capo 7) 12 quinquies legge
n. 356 del 1992, in anni tre e mesi quattro di reclusione ed euro 1.600,00 di
multa; riduceva la pena inflitta a Anglisani Paolo, per il reato allo stesso
ascritto al capo 9) 81 cpv., 110, 648 tre cod. pen., 12 quinquies legge n. 356
del 1992, 7 d.l. n. 151 del 1991, ad anni tre e mesi otto di reclusione ed
euro 2.000,00 di multa; assolveva Marando Rosario dal reato a lui ascritto al
capo 1) 110, 648 cod. pen., 7 d.l. 151 del 1991, perché il fatto non sussiste.
1.1. La Corte territoriale respingeva le censure mosse con gli atti d’appello
proposti dagli imputati ed in particolare quelle proposte da

Marando

Domenico in ordine alla ritenuta responsabilità per i reati allo stesso ascritti,
accogliendole nei termini sopra indicati in relazione ai reati di cui ai capi 5)
e 9) ed al reato di cui all’art. 12 quinquies di cui al capo 10), alla ritenuta
sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152 del 1991
ed al trattamento sanzionatorio irrogato; accoglieva l’appello proposto da
Marando Rosario, mandandolo assolto dal reato allo stesso ascritto al capo
1), perché il fatto non sussiste; accoglieva nei termini sopra indicati l’appello
proposto da Anglisani Paolo, in punto di trattamento sanzionatorio,
respingendolo pero in relazione alla contestata sussistenza della circostanza
aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 151 del 1991.

2. Avverso tale sentenza propongono ricorso il Procuratore Generale presso
la Corte d’Appello di Torino e gli imputati Marando Domenico e Anglisani
Paolo, sollevando i seguenti motivi di gravame:
Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Torino
2.1. mancanza ed illogicità della motivazione, ai sensi dell’art.606 comma 1

2

per non avere commesso il fatto nonché dal reato di cui all’art. 12 quinquies

lett. e) cod. proc. pen., in relazione all’assoluzione di Marando Rosario dal
reato allo stesso ascritto al capo 1), perché il fatto non sussiste.
Segnatamente evidenzia che gli ingenti proventi che componevano e
compongono il patrimonio del de cuius Marando Pasquale non provenivano
soltanto dalle attività di importazione e di vendita di droga, in relazione alle
quali e’ intervenuta sentenza di condanna del Marando Rosario alla pena di
anni tredici di reclusione per avere partecipato ad un sodalizio dedito al

presupposto della ricettazione contestata al capo 1), ma anche dai
sequestri di persona esplicitamente menzionati nel capo d’imputazione, in
relazione ai quali la motivazione della sentenza impugnata e’ del tutto
carente. Evidenzia ancora che la sentenza della Corte d’Appello di Reggio
Calabria attiene ad un limitato periodo di tempo di un anno e quattro mesi,
rispetto alla lunga carriera criminale del Marando Pasquale durata oltre un
ventennio fino alla sua uccisione avvenuta nel gennaio 2002. Quanto alla
lettera spedita da Marando Rosario al geometra Cosimo Salerno, sulla quale
risulta fondata la decisione impugnata, rappresenta che con essa l’imputato
si limita a ribadire la sua contitolarita’ delle somme conferite al geometra,
ma nulla dice circa la loro provenienza e quindi non può essere utilizzata
per sostenere la pregressa partecipazione dell’imputato al reato
presupposto.
Marando Domenico
2.2. violazione di legge, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc.
pen., per l’erronea applicazione dell’art. 99 cod. pen. al reato di cui al capo
2) a fronte della retrodatazione del medesimo reato operata dalla sentenza
gravata. Evidenzia, al riguardo, che la prima sentenza che lo ha
condannato e’ passata in giudicato il 14/5/2004 e che la condotta
contestata debba essere retrodata quantomeno al 2001, anno della morte
del fratello del ricorrente Marando Pasquale; rappresenta quindi che al
momento della commissione del reato di ricettazione di cui al capo 2), il
ricorrente non era recidivo, essendo intervenuto il passaggio in giudicato
della sua prima condanna nell’anno 2004.
2.3. erronea applicazione della legge penale ed illogicità della motivazione,
ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen., in relazione
alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152 del 1991
con riferimento al capo 2) dell’imputazione. Eccepisce l’illogicità della
motivazione nella parte in cui si e’ ritenuto di potere desumere da un

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narcotraffico internazionale, reato che la Corte d’appello conclude essere

colloquio in carcere tenutosi il 8/11/2007 fra il ricorrente, il figlio Antonio
ed il nipote Luigi che il denaro ricevuto anni prima, nel 2001, dalla moglie
dell’imputato Pochi’ Caterina era destinato a pianificare una strategia
criminale di ritorno al potere. Eccepisce che, esclusa la circostanza
aggravante contestata, il reato e’ estinto per prescrizione.
2.4. violazione di legge, ai sensi dell’art.606 comma 1 lett. e) cod. proc.
pen., per il mancato riconoscimento della clausola di riserva di cui all’art.

dell’imputato al delitto presupposto. Contesta al riguardo l’apoditticità
dell’assunto in base al quale il ricorrente non e’ imputato di avere ricettato i
proventi dell’associazione mafiosa di cui faceva parte, ma di avere ricevuto
i proventi delle attività criminose commesse dal fratello Marando Pasquale.
Eccepisce che le condotte di ricettazione in questione non possono
sussistere per avere l’imputato concorso nel delitto presupposto, cioè la
violazione dell’art. 416 bis cod. pen., in relazione al quale e’ stata applicata
nei suoi confronti la pena, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. con
sentenza del Giudice per le indagini preliminari di Torino del 23/5/2012.
2.5. mancanza dci motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1 letto. e)
cod. proc. pen., con riferimento al reato di cui al capo 7), avente ad
oggetto il trasferimento fraudolento di beni ex art. 12 quinquies legge n.
356 del 1992. Si duole, in particolare, della motivazione addotta dalla Corte
territoriale per ritenere sussistente l’elemento soggettivo del delitto in
questione.
Anglisani Paolo
2.6. omessa e carente motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. e)
cod. proc. pen., con riguardo alla mancata esclusione della recidiva ex art.
99 comma 4 cod. pen. richiesta con specifico motivo di appello.
2.7. erronea applicazione della legge penale nonché mancanza e manifesta
illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e)
cod. proc. pen. , con riferimento alla mancata esclusione dell’aggravante di
cui all’art. 7 di. n. 151 del 1991. Ci si duole, in particolare, della mancanza
di motivazione in ordine alla consapevolezza dell’Anglisani di favorire la
cosca mafiosa, essendosi la Corte territoriale limitata a dare atto del
rapporto di conoscenza esistente fra il ricorrente e Marando Pasquale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso proposto dal Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di

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648 cod. pen. in relazione ai capi 2) e 10) per la partecipazione

Torino nei confronti di Marando Rosario risulta e fondato e merita
accoglimento con conseguente annullamento della sentenza impugnata con
rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Torino per nuovo esame. I
ricorsi di Marando Rosario ed Anglisani Paolo devono essere rigettati, per
essere infondati tutti i motivi proposti.
3.1. Marando Rosario era stato accusato di avere ricevuto ed occultato, in
concorso con Marando Domenico e Marando Nicola ed a fine di profitto,

fratello Marando Pasquale e provenienti dall’attività di narcotraffico e
sequestri di persona posta in essere dal suddetto Marando Pasquale,
essendo consapevole dell’illecita provenienza delle suddette somme;
nonché di avere ricevuto, in concorso con Salerno Cosimo e Strangio
Francesco, sempre dal suddetto Marando Pasquale prima della sua morte e
di avere poi occultato una somma di denaro pari ad C 4.131.650; condotte
poste in essere al fine di agevolare la cosca di ndrangheta denominata
Marando operante in Volpiano. Ora a fronte di tale contestazione, in
relazione alla quale era intervenuta sentenza di condanna da parte del
giudice di primo grado, la Corte territoriale ha ritenuto di mandare assolto
l’imputato dal reato allo stesso ascritto in forza della clausola di riserva
contenuta nell’art. 648 cod. pen., avendo, i giudici di appello accertato che
Marando Rosario si era reso responsabile del reato di cui all’art. 74 d.p.r. n.
309 del 1990 aggravato ai sensi dell’art. 7 d.l. n. 151 del 1991, per essere
risultato coinvolto, unitamente al fratello Marando Pasquale, in un’attività di
traffico di sostanze stupefacenti in relazione alla quale era intervenuta
sentenza di condanna emessa nei confronti del medesimo Marando
Pasquale dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria in data 28/6/2007,
divenuta irrevocabile il 6/5/2008. Ma, come correttamente ha argomentato
il Procuratore Generale ricorrente, la Corte ha omesso di confrontarsi con
una parte rilevante dell’imputazione ascritta al Marando Rosario e con le
argomentazioni sviluppate dal giudice di primo grado in forza delle quali
era stata esclusa l’operatività della clausola di riserva di cui all’art. 648 cod.
pen. Difatti da un lato nell’imputazione si faceva riferimento alla
provenienza del denaro, non solo dall’attività di narcotraffico, ma anche dai
sequestri di persona ascrivibili al Marando Pasquale. E su tale specifico
punto il giudice di prime cure ha dettagliatamente argomentato in ordine
alla provenienza del denaro occultato anche dalla lucrosa attività dei
sequestri di persona posta in essere da Marando Pasquale, attività nella

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somme di denaro pari quanto meno a C 33.569.699 appartenute in vita al

quale non era risultato che avesse concorso Marando Rosario. Ed inoltre
non viene per nulla considerato nella sentenza impugnata il periodo
limitato di tempo al quale si riferisce la sentenza della Corte d’Appello in
forza della quale è stata affermata l’operatività della clausola di riserva.
Definito quindi il periodo nell’ambito del quale Marando Rosario era stato
ritenuto promotore, unitamente al fratello Pasquale, del sodalizio criminoso
dedito al narcotraffico, il giudice d’appello avrebbe dovuto valutare la

criminale posta in essere dal fratello Pasquale prima della sua morte, onde
accertare se, in relazione ai suddetti reati, traffico di sostanze stupefacenti
e sequestri di persona, fosse configurabile la violazione contestata, una
volta esclusa l’operatività della clausola di riserva.
3.2. Il primo motivo di ricorso proposto da Marando Domenico risulta
inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3 cod. proc. pen., in quanto
fondato su una violazione di legge non dedotta con i motivi di appello,
essendosi l’imputato limitato a richiedere l’assoluzione dai reati allo stesso
ascritti perché il fatto non sussiste ovvero per non avere commesso il fatto,
l’esclusione della circostanza aggravante di cui all’art. 7 legge n. 203 del
1991 e la mitigazione del trattamento sanzionatorio irrogato.
3.3. Infondata risulta la doglianza relativa alla ritenuta sussistenza della
circostanza aggravante di cui all’art. 7 legge n. 203 del 1991, di cui si
occupa il secondo motivo di ricorso proposto da Marando Domenico,
essendovi nella sentenza impugnata esaustiva e per nulla illogica
motivazione in ordine alla finalità perseguita attraverso la condotta posta in
essere dall’imputato di agevolare la cosca Marando operante in Volpiano. In
tale direzione i giudici di appello hanno dato atto della provenienza del
denaro in questione dal fratello Pasquale in adempimento di un codice
d’onore che caratterizza gli appartenenti ad una famiglia mafiosa
nell’ambito del quale spicca il dovere di solidarietà verso i detenuti; hanno
evidenziato, unitamente agli altri elementi, l’appartenenza del ricorrente al
sodalizio mafioso con un ruolo ed un grado significativo del ricorrente,
appartenenza risultante dalla sentenza di applicazione della pena emessa
nei confronti dello stesso in data 23/5/2012; ed hanno ancora,
ragionevolmente dedotto, un ulteriore elemento in ordine alla finalità
perseguita di favorire il sodalizio criminoso, nella conversazione registrata
in carcere in data 8/11/2007 nell’ambito della quale Marando Domenico,
rappresentando la volontà di risolvere le questioni relative alla spartizione
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posizione del Marando Pasquale in relazione a tutto il resto dell’attività

del patrimonio di Marando Pasquale, aveva fatto riferimento, fra l’altro, alla
sua intenzione di assumere nuovamente un ruolo predominante all’interno
della cosca.
3.4. Quanto poi alla problematica relativa all’asserita operatività della
clausola di riserva di cui all’art. 648 cod. pen. in relazione ai capi 2) e 10)
dell’imputazione, essendo stata nei confronti del ricorrente applicata la
pena su richiesta per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen., cui attiene il

ponendosi perfettamente in linea con la recente decisione delle sezioni
unite di questa Corte (Sez. U n. 25191 del 27/2/2014, Rv. 259587) ha
evidenziato come il ricorrente non fosse imputato di avere ricettato i
proventi illeciti dell’associazione mafiosa, bensì quelli provenienti dalle
attività illecite commesse dal fratello Pasquale. L’affermazione non è affatto
apodittica, in quanto fa riferimento all’attività posta in essere dal ricorrente
per investire le risorse finanziarie provenienti dalle attività criminose del
fratello con la finalità di commettere nuove attività illecite. Segnatamente
con riferimento al reato di cui al capo 2), nella sentenza di primo grado,
con valutazione poi condivisa dalla Corte territoriale, viene dato atto che
Marando Pasquale aveva accumulato durante la sua vita un ingente
patrimonio attraverso i proventi di un’attività criminale che andava dal
traffico di sostanze stupefacenti ai sequestri di persona e che detto
patrimonio era stato, almeno in parte, ricevuto dall’attuale ricorrente.
Viene, altresì, dato atto con valutazioni in fatto non censurabili in questa
sede, che Marando Domenico non aveva concorso nei delitti presupposto,
essendo il suddetto patrimonio accumulato dal fratello frutto dell’attività
criminale svolta in precedenza dallo stesso nella quale non era risultato
coinvolto l’attuale ricorrente. Per quanto riguarda poi il reato di cui al capo
10), il giudice di prime cure aveva, tra l’altro, chiarito che la condotta di
acquisto del garage doveva essere qualificata come condotta di reimpiego
del denaro proveniente da delitto, ai sensi dell’art. 648 ter cod. pen.,
essendo stato accertato che l’attuale ricorrente, in epoca successiva alla
morte del fratello, aveva acquistato, con il denaro accumulato da questi
attraverso plurime e diversificate attività criminali, meglio descritte nella
citata decisione, le quote societarie della Camerino 98 s.r.I., ponendo in
essere, con le modalità descritte, una condotta di reimpiego di patrimonio
illecito.
3.5 Il quarto motivo del ricorso di Marando Domenico, attinente alla
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terzo motivo del ricorso di Marando Domenico, la Corte territoriale,

ritenuta configurabilita del reato di cui all’art. 12 quinquies legge n. 356 del
1992 risulta proposto in modo del tutto generico, essendo in esso del tutto
carente la specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di
fatto che imporrebbero l’annullamento della sentenza. al riguardo questa
Corte ha stabilito che <

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