Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29518 del 24/06/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29518 Anno 2015
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da Buono Salvatore nato a Foggia il 21/8/1971
avverso la sentenza del 4/12/2012 della Corte d’appello di Bologna;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. Roberto Aniello, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga
dichiarato inammissibile;
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 4/12/2012, la Corte di appello di Bologna, in
parziale riforma della sentenza del Tribunale di Modena del 29/11/2006,
concesse le attenuanti generiche prevalenti sulla ritenuta aggravante,
rideterminava la pena inflitta a Buono Salvatore, per il reato allo stesso
ascritto di cui agli artt. 110, 629, 61 n. 9 cod. pen., in anni quattro di
reclusione ed euro 664,00 di multa.
1.1. La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello
proposto dall’imputato in punto di eccepita nullità dell’ordinanza di rigetto
dell’acquisizione delle dichiarazioni di Perez emessa all’udienza del
29/11/2006, di nullità del verbale stenotipico del 29/11/2006 per mancanza
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Data Udienza: 24/06/2015

della sottoscrizione dell’ausiliario tecnico, di riconosciuta responsabilità
penale dell’imputato, nonché di integrazione probatoria per disporre una
perizia tecnica sul tipo di telecamera utilizzata, accogliendole nei termini
sopra indicati quanto al trattamento sanzionatorio.

2. Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo
difensore di fiducia, sollevando i seguenti motivi di gravame:

1 lett. d) cod. proc. pen., con riferimento alla perizia tecnica sul corpo del
reato al fine di appurare il tipo di telecamera utilizzata e l’esatta collocazione
della medesima.
2.2. inosservanza od erronea applicazione della legge, ai sensi dell’art. 606
comma 1 lett. c) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 135 e 142 cod. proc.
pen., per omessa sottoscrizione del verbale stenotipico del 29/11/2006 da
parte dell’ausiliario tecnico.
2.3. mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione ai sensi
dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen. con riferimento alla posizione
della telecamera, all’indicazione del video come quello originale, alla
consapevolezza del buono dell’esistenza del video ed alla consapevolezza da
parte dello stesso dell’estorsione.
2.4. violazione di legge nonché mancanza, contraddittorietà ed illogicità della
motivazione in relazione al mancato riconoscimento della circostanza
attenuante di cui all’art. 114 cod. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso riproduce pedissequamente gli argomenti prospettati nel gravame, ai
quali la Corte d’appello ha dato adeguate e argomentate risposte, esaustive in
fatto e corrette in diritto, che il ricorrente non considera né specificatamente
censura. Con specifico riferimento al primo motivo di gravame, rileva la Corte
che nel giudizio d’appello la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, prevista
dall’art. 603, comma 1 cod. proc. pen., è subordinata alla verifica
dell’incompletezza dell’indagine dibattimentale e alla conseguente constatazione
del giudice di non poter decidere allo stato degli atti senza una rinnovazione
istruttoria e tale accertamento comporta una valutazione rimessa al giudice di
merito che, se correttamente motivata come nel caso in esame, è insindacabile
in sede di legittimità ( sez. 4 n. 18660 del 19/2/2004, Montanari, Rv. 228353;
sez. 3 n. 35372 del 23/5/2007, Panozzo, Rv. 237410; sez. 3 n. 8382 del
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2.1. mancata assunzione di una prova decisiva, ai sensi dell’art. 606 comma

22/1/2008, Finazzo, Rv. 239341). Ed al riguardo la Corte territoriale ha dato
ampia e articolata giustificazione in ordine alla decisione di non accogliere la
richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale al fine di effettuare una
perizia sul corpo del reato onde accertare il tipo di telecamera utilizzata e la
collocazione della stessa, affermando che dall’istruttoria dibattimentale erano
emersi elementi che consentivano di ricostruire la collocazione della telecamera.
Quanto al secondo motivo proposto, la Corte territoriale ha fatto buon uso

condivisi dal collegio, in base al quale la mancata sottoscrizione del verbale
stenotipico da parte dell’ausiliario tecnico non determina la nullità. In tale
direzione si e’, infatti, affermato che in tema di documentazione degli atti, non
determina nullità la mancanza di sottoscrizione da parte del tecnico sulle
trascrizioni stenotipiche delle udienze o nel testo delle registrazioni (sez. 5 n.
45506 del 4/11/2008, Rv. 242101; sez. 4 n. 19487 del 5/11/2013, Rv. 262349).
Il terzo motivo attiene a valutazioni di merito che sono insindacabili nel
giudizio di legittimità, quando il metodo di valutazione delle prove sia conforme
ai principi giurisprudenziali e l’argomentare scevro da vizi logici, come nel caso di
specie. (Sez. U., n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794; Sez. U., n. 12 del
31.5.2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. U. n. 47289 del 24.9.2003, Petrella, Rv.
226074). E così segnatamente la Corte territoriale aderisce, motivatamente, alla
ricostruzione dei fatti operata dal giudice di primo grado attraverso l’analisi di
tutti gli elementi di prova emersi nel dibattimento e rende esaustiva risposta alle
doglianze che erano state proposte nell’atto d’appello, che qui vengono
nuovamente reiterate.
Ed inoltre, nel caso di specie, ci si trova dinanzi ad una “doppia conforme”
e cioè doppia pronuncia di eguale segno (nel nostro caso, di condanna) per cui il
vizio di travisamento della prova può essere rilevato in sede di legittimità solo nel
caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l’argomento
probatorio asseritarnente travisato è stato per la prima volta introdotto come
oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado.
Invero, sebbene in tema di giudizio di Cassazione, in forza della novella dell’art.
606 c.p.p., comma 1, lett. e), introdotta dalla legge n. 46 del 2006, è ora
sindacabile il vizio di travisamento della prova, che si ha quando nella
motivazione si fa uso di un’informazione rilevante che non esiste nel processo, o
quando si omette la valutazione di una prova decisiva, esso può essere fatto
valere nell’ipotesi in cui l’impugnata decisione abbia riformato quella di primo
grado, non potendo, nel caso di c.d. doppia conforme, superarsi il limite del

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del principi di diritto costantemente affermati da questa Corte di legittimità e

”devolutum” con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice
d’appello, per rispondere alla critiche dei motivi di gravame, abbia richiamato atti
a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice (sez. 2 n. 5223 del
24/1/2007, Rv. 236130). Nel caso di specie, invece, il giudice di appello ha
riesaminato lo stesso materiale probatorio già sottoposto al tribunale e, dopo
avere preso atto delle censure dell’appellante, è giunto alla medesima
conclusione in ordine alla responsabilità dell’imputato per il fatto ascrittogli.

suesposti, deve ritenersi che la sentenza impugnata regge al vaglio di legittimità,
non palesandosi assenza, contraddittorietà od illogicità della motivazione, ovvero
travisamento del fatto o della prova.
Quanto, infine, al quarto motivo, nella sentenza impugnata, attraverso
una valutazione in fatto non censurabile in questa sede perché priva di
contraddittorietà o illogicità manifesta, viene escluso che la partecipazione al
reato del ricorrente possa essere considerata di minima importanza, atteso il
ruolo dallo stesso assunto nei rapporti con la persona offesa.

4. Tutto ciò comporta l’inammissibilità dell’impugnazione per manifesta
infondatezza dei motivi proposti. Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che,
considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente
in € 1000,00.

P.Q. M .

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.

Così deciso il 24 giugno 2015

Il Consiglie

stensore

Il Presidente

Orbene, fatta questa doverosa premessa e sviluppando coerentemente i principi

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