Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29515 del 17/06/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29515 Anno 2015
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
TUSA GIUSEPPA nata il 08/10/1945, avverso la sentenza del
23/05/2013 della Corte di Appello di Palermo;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Sante Spinaci che ha
concluso per l’inammissibilità;
udito il difensore avv.to Laura Polimeno che ha concluso per
raccoglimento del ricorso
FATTO e DIRITTO
1. Con sentenza del 23/05/2013, la Corte di Appello di Palermo
confermava la sentenza con la quale, in data 07/11/2011, il giudice
monocratico del medesimo tribunale aveva ritenuto TUSA Giuseppa
colpevole del delitto di truffa aggravata perché, con artifizi e raggiri,
riusciva ad ottenere la concessione della pensione di invalidità e
dell’indennità di accompagnamento e la liquidazione, da parte dell’INPS,
della somma di circa € 76.000,00.

Data Udienza: 17/06/2015

2.

Avverso la suddetta sentenza, l’imputata, in proprio, ha

proposto ricorso per cassazione deducendo la
COD. PEN.

VIOLAZIONE DELL’ART.

640

per avere la Corte motivato in modo congetturale sulla

responsabilità di essa ricorrente ed in particolare sulla commissione di

3. Il ricorso, nei termini in cui la doglianza è stata dedotta, è
manifestamente infondato.
La tesi difensiva della ricorrente è la seguente: ella era affetta
realmente dalle patologie che le consentivano di accedere al
riconoscimento della pensione di invalidità e di accompagnamento; ella
non aveva posto in essere né artifizi né raggiri né si era mai comportata
con il dolo previsto per i vari reati.
In punto di fatto, entrambi i giudici di merito hanno accertato che,
sulla base delle produzioni documentali effettuate dal Pubblico Ministero
e dell’esame testimoniale dei funzionari Falletta (della Prefettura di
Palermo) e Giammona (dell’AUSL della stessa città), si era accertato che
l’imputata non aveva mai sostenuto alcuna visita collegiale medica, in
quanto dai pregnanti controlli effettuati il di lei nome non risultava
inserito nei registri delle visite effettuate, mai era stato reperito il
relativo verbale tra quelli autentici custoditi agli atti, mai era stata
reperita una rituale e ritualmente protocollata domanda, a nome Tusa
Giuseppa, di pensione d’indennità pensionistica.
Sulla base dei suddetti dati fattuali, la Corte ha, poi rilevato che,
secondo la testimonianza del Falletta «si era appurato, all’esito di tutte
le ricerche del caso, come la pratica della Tusa facesse parte di un
elenco di centinaia di altre che, con la connivenza di addetti agli uffici
dell’ASL (poi tutti tratti in arresto e separatamente giudicati, dal
momento che questo singolo processo, come è noto, fa parte di una
maxí indagine), erano state trasmesse alla Prefettura, corredate di falsi
verbali di una visita medica mai sostenuta — cfr. testimonianza di
Giammona dell’ASL – per la materiale erogazione delle pensioni».

2

/

non meglio specificati e provati artifizi e raggiri.

La Corte, infine, nel prendere in esame la tesi difensiva
dell’imputata – secondo la quale ella davvero sarebbe stata sottoposta
ad una visita medico legale per il riconoscimento delle indennità – l’ha
confutata osservando che «Del resto secondo la falsa documentazione
relativa al mai sostenuto iter burocratico per il riconoscimento della

presa in carico del 2 settembre 1999 e la (falsa) visita medica, mai
registrata da alcuno da nessuna parte, sarebbe stata sostenuta già in
data 8 novembre 1999 appena due mesi dopo, tempi elvetici —
verrebbe da dire – incompatibili purtroppo con la notoria realtà locale
dove visite di questo genere seguono a distanza di moltissimi mesi
quando non di anni. Da ultimo osservasi come non risulti alcuna
opposizione avverso il provvedimento dell’INPS che ha revocato la
pensione alla Tusa, né, del resto costei, rimasta silente sempre e
contumace ha dato sui fatti alcun chiarimento».
Il processo è tutto qui: di conseguenza, la conclusione alla quale
entrambi i giudici di merito sono pervenuti sulla base di inoppugnabili
dati oggettivi, non si presta alla generica ed aspecifica censura dedotta
dalla ricorrente che, in modo tralaticio, si è limitata a reiterare la tesi
difensiva smentita in due gradi di giudizio di merito.
Le censure, quindi, riproposte con il presente ricorso, vanno
ritenute null’altro che un modo surrettizio di introdurre, in questa sede
di legittimità, una nuova valutazione di quegli elementi fattuali già
ampiamente presi in esame dalla Corte di merito la quale, con
motivazione logica, priva di aporie e del tutto coerente con gli indicati
elementi probatori, ha puntualmente disatteso la tesi difensiva.
Pertanto, non essendo evidenziabile alcuna delle pretese
incongruità, carenze o contraddittorietà motivazionali dedotte dal
ricorrente, la censura, essendo incentrata tutta su una nuova
rivalutazione di elementi fattuali e, quindi, di mero merito, va dichiarata
inammissibile.

4. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a
norma dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza: alla relativa

3

indebita pensione di invalidità, la domanda della Tusa sarebbe stata

declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna
della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che,
ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina

P.Q.M.
DICHIARA
inammissibile il ricorso e
CONDANNA
la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della emma di C
1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Roma 17/06/2015
IL PR

ENTE

(Dott. Ano ip STosito)

equitativamente in C 1.000,00.

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