Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29509 del 11/06/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29509 Anno 2013
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: VECCHIO MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI TREVISO
nei confronti di:
WILLIAMS OLADAPO AYANDA N. IL 11/04/1970
avverso l’ordinanza n. 70/2012 TRIBUNALE di TREVISO, del
15/10/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO;
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Data Udienza: 11/06/2013

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Ricorso n. 47.082/2012 R.G.

SEZIONE PRIMA PENALE

Udienza dell’I 1 giugno 2013

Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, dott. Gabriele
Mazzotta, sostituto procuratore generale della Repubblica
presso questa Corte suprema, il quale ha concluso per l’ annullamento del provvedimento impugnato con rinvio al giudice a
quo.

1. — Con provvedimento, deliberato de plano il 15 ottobre 2012
e depositato in pari data, il Tribunale ordinario di Treviso, in
composizione monocratica e in funzione di giudice della esecuzione, ha rigettato la richiesta del Pubblico Ministero di revoca
per abolizione del reato della sentenza di condanna di quel Tribunale 22 ottobre 2008 (irrevocabile dall’8 gennaio 2009) a carico dello straniero extracomunitario clandestino Williams Oladapo Ayanda per la contravvenzione di cui all’articolo 6,
comma terzo, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, ritenuta alla stregua della formulazione previgente alla novella
recata dall’articolo 1, comma ventiduesimo, lettera h), della
legge 15 luglio 2009, n. 94.
Il giudice della esecuzione ha così testualmente motivato la
reiezione dell’incidente « … non avendo la sentenza delle SSUU
della Cassazione l’efficacia di abolitio criminis (sentenza n.
230/12 della Corte costituzionale)».
Il procuratore della Repubblica, presso quel Tribunale, in
persona del dott. Antonio De Lorenzi, sostituto procuratore
della Repubblica, ha proposto ricorso per cassazione, mediante
atto recante la data del 7 novembre 2012, col quale ha denunziato violazione di legge, sotto il duplice profilo, che il giudice
della esecuzione era incorso sia nella inosservanza del rito camerale, prescritto dall’articolo 666, comma 3, cod. proc. pen.,
sia nella erronea applicazione della norma incriminatrice, in
quanto, come peraltro chiarito dalla Corte suprema di cassazione a Sezioni Unite colla sentenza 24 febbraio 2011, n. 16453,
la novella in parola aveva «abolito la rilevanza penale della condotta incriminata dal citato articolo 6, ascrivibile a straniero irregolare nel territorio dello Stato».
2.

2

Rileva

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 47.082/2012 R. G.

*

Udienza dell’I 1 giugno 2013

3. — Il procuratore generale della Repubblica presso questa
Corte, con atto recante la data del 9 gennaio 2013, ha osservato
ad adiuvandurn: il giudice della esecuzione, pur avendo valutato la richiesta del Pubblico Ministero (rigettata) ammissibile e non manifestamente infondata, ha, tuttavia, omesso di
instaurare il «rituale e necessario contraddittorio tra le parti».
Affatto fondato — e assorbente — è il primo motivo di ricorso in rito.

4.

Il giudice della esecuzione ha provveduto de plano (con pronuncia di rigetto) fuori dei casi consentiti dall’articolo 666,
comma 2, cod. proc. pen. colla esclusiva previsione delle declaratorie di inammissibilità degli incidenti nelle ipotesi
tassativamente stabilite dalla medesima disposizione.
Invero, l’articolo 666 del codice di rito (salvi, appunto, i casi
contemplati dal comma 2) prescrive, ai commi 3 e 4, il procedimento camerale partecipato, ai sensi dell’articolo 127 cod.
proc. pen., con l’ ulteriore requisito dell’intervento necessario del difensore e del Pubblico Ministero.
Epperò, se — come nella specie — il giudice della esecuzione
provvede de plano, con inosservanza delle forme di rito prescritte, tanto comporta, secondo il generale principio di diritto,
affatto pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, la “n/Ai/i/à di ordine generale e di carattere assoluto, rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del procedimento, ai sensi degli arti. 178
e 179 cod. proc. pen.”, del procedimento, per effetto della estensiva applicazione delle previsioni della “omessa citazione dell’imputato e [della] assenza del suo difensore nei casi in cui ne è
obbligatoria la presenza” (Sez. III, 29 maggio 1998, n. 1730, Viscione, massima n. 211550; cui adde: Sez. I, 4 novembre
1967, n. 6168, Zicchitella, massima n. 209134; Sez. I, 18 luglio
1994, n. 3637, Cipriano, massima n. 200047; Sez. I, 18 gennaio

3

Al riguardo il ricorrente ha dedotto: il condannato commise la
contravvenzione in epoca anteriore alla succitata abolii io criminis; mentre non è pertinente l’arresto del giudice delle leggi
citato dal giudice della esecuzione.

CORTE SUPREMA Dl CASSAZIONE — SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 47.082/2012 R.G.

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Udienza dell’Il giugno 2013

Il rilievo della nullità comporta l’annullamento del provvedimento impugnato (v. Cass., Sez. III, sentenza n. 46786 del 20
novembre 2008, Bifani, massima n. 242477) e il rinvio per
nuova deliberazione al Tribunale ordinario di Treviso, il quale,
uniformandosi ai principi di diritto enunciati, provvederà nella
osservanza delle forme del rito camerale partecipato a’ termini
dell’articolo 666, commi 3, 4, 5 e 6, cod. proc. pen.

P. Q. M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuova deliberazione al Tribunale di Treviso.
Così deciso, 111 giugno 2013.

1994, n. 272, Sangiorgio, massima n. 196672; Sez. I, 18 febbraio 2009, n. 10747, Mastrillo, massima n. 242894 e Sez. I, 5
novembre 2008, n. 44859, Caci, massima n. 242196).

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