Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29508 del 16/06/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29508 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
ARBOLETTO NICOLA nato il 02/05/1956, avverso la sentenza del
04/12/2013 della Corte di Appello di Roma;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Antonio Gialanella che
ha concluso per l’inammissibilità;
FATTO e DIRITTO
1. Con sentenza del 04/012/2013 la Corte di Appello di Roma
confermava la sentenza pronunciata in data 15/10/2009 dal tribunale di
Velletri – sez. distaccata di Albano Laziale – nella parte in cui aveva
ritenuto ARBOLETTO Nicola colpevole del delitto di ricettazione di un
assegno bancario provento di furto denunciato il 21/10/2003.

2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, a mezzo del proprio
difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo:

Data Udienza: 16/06/2015

2.1. LA VIOLAZIONE DELL’ART. 606 LETT. E) COD. PROC. PEN. in quanto
«sebbene la sentenza impugnata menzioni tutti i motivi di gravame
proposti (dopo aver ripercorso, al solo fine “riempitivo”, la vicenda
oggetto del procedimento e le varie fasi processuali) la stessa si limita a
“risolverli” mediante la secca negazione del loro contenuto, rendendo

confermare la declaratoria di colpevolezza nei confronti del ricorrente»;
2.2. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 62 N° 4 – 62 BIS COD. PEN. per non avere
la Corte concesso le suddette attenuanti nonostante ne sussistessero i
presupposti;
2.3. VIOLAZIONE DELL’ART. 603 COD. PROC. PEN. per non avere la Corte
disposto la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale con l’assunzione
di una perizia calligrafica volta ad accertare la paternità della firma in
calce al titolo di credito.

3. Il ricorso è manifestamente infondato per le ragioni di seguito
indicate.

4. Con i motivi di appello, l’imputato, «chiede in via principale
l’assoluzione dell’imputato perché si sostiene che non vi è prova, in
assenza di una perizia calligrafica non disposta dal Giudice di prime
cure, che l’imputato sia la persona che ha commesso il fatto ed in
particolare che ha compilato l’assegno; ritiene la difesa che è illogico
pensare che il prevenuto abbia esibito il proprio documento di identità
essendo consapevole della provenienza delittuosa del titolo, che
potrebbe essere stato presentato da persona in realtà a lui somigliante;
si chiede allora la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale per
espletare perizia grafica, non richiesta a suo tempo per l’incolpevole
mancata presenza in giudizio dell’imputato stesso e del difensore,
dovuta a citazioni formalmente corrette, ma nella sostanza non aventi
avuto l’effetto di portare a conoscenza degli interessati la celebrazione
del giudizio. In subordine, si chiede la concessione dell’attenuante di cui
all’articolo 62 numero 4 c.p., delle attenuanti generiche nella massima

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impossibile la comprensione dell’iter logico e valutativo seguito per

estensione e la riduzione della pena nel minimo consentito»:

pag. 1

motivazione sentenza impugnata, relativamente alla quale, il ricorrente
dà atto che la Corte aveva correttamente riassunto i motivi di appello
dedotti.
A fronte di tali censure, la Corte ha così risposto: «In particolare,

smarrita o rubata, non vi sono elementi che sorreggano la
prospettazione difensiva che qualcuno abbia usato le generalità
dell’imputato per confezionare un documento di identità falso e farne
uso per pagare il passaggio di proprietà, cosicché dovrebbe ipotizzarsi
che la teste Rossetti, la quale ha riferito di riconoscere nella fotocopia
del documento esibitole ed allegato alla querela la persona che le
consegnò l’assegno, abbia in effetti riconosciuto un individuo diverso
dall’Arboletto. La prospettazione difensiva si fonda sull’argomento che
non sarebbe logico ritenere che l’imputato, per commettere una truffa,
abbia utilizzato il proprio documento di identità genuino. Come è
evidente, si tratta di una mera congettura, non sonata da alcun positivo
riscontro ed in contrasto con il contenuto della testimonianza della
Rossetti, alla quale non vi è motivo di non credere, circa il fatto che
l’assegno fu compilato alla sua presenza dalla persona che Io esibì la
carta d’identità dell’Arboletto, la cui fotocopia é stata allegata alla
denuncia-querela da lei presentata. Pertanto, non può dubitarsi che
l’imputato abbia ricevuto il modulo in bianco nella piena consapevolezza
della sua illecita provenienza, atteso il particolare regime di circolazione
dei titoli di credito, e poi lo abbia riempito e consegnato alla Rossetti in
pagamento di quanto richiesto per effettuare il passaggio di proprietà
del quale l’agenzia della donna curò la pratica».
A fronte della suddetta motivazione da ritenersi ampia, congrua,
logica ed aderente agli evidenziati elementi fattuali, è arduo
comprendere la doglianza dell’imputato che, a ben vedere, null’altro è
che un tentativo di ottenere, in sede di legittimità, una nuova ed
alternativa valutazione di quegli stessi elementi fattuali già ampiamente
presi in esame da entrambi i giudici di meriti e disattesi con ampia e
logica motivazione.

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premesso che la carta di identità dell’imputato non risulta essere stata

Manifestamente infondati, quindi, devono ritenersi le censure
dedotte supra in parte narrativa ai §§ 2.1. – 2.3.

5. Manifestamente infondata è anche la censura in ordine al
trattamento sanzionatorio, avendo la Corte rilevato che la pena di mesi

criteri di cui all’articolo 133 c.p., ed in particolare avuto riguardo alle
modalità del fatto, all’importo dell’assegno – che non consente
l’applicazione dell’invocata attenuante di cui all’articola 62 numero 4 c.p.
oltre alla già concessa attenuante del capoverso dell’articolo 648 c.p. —
ed ai precedenti davvero numerosi ed anche specifici da cui è gravato
l’Arboletto».
Sul punto, infatti, va osservato che la già concessa attenuante di
cui all’art. 648/2 cod. pen. rende inammissibile la concessione anche
dell’attenuante di cui all’art. 62 n° 4 cod. pen. (in quanto costituirebbe
un duplicato); anche la mancata concessione delle attenuanti generiche
è ampiamente motivata e, quindi, la motivazione non è censurabile in
questa sede.
La declaratoria di inammissibilità preclude la rilevabilità della
prescrizione in applicazione del principio di diritto secondo il quale
«l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta
infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto
d’impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e
dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’alt 129 cod. proc.
pen.»: ex plurimis SSUU 22/11/2000, De Luca, Riv 217266 – Cass.
4/10/2007, Impero; Sez. un., 2 marzo 2005, n. 23428, Bracale, rv.
231164, e Sez. un., 28 febbraio 2008, n. 19601, Niccoli, rv. 239400).
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, per il disposto
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle Ammende
di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal
ricorso, si determina equitativamente in C 1.000,00.
P.Q.M.

4

/

8 di reclusione ed euro 300 di multa, «appare adeguata a mente dei

DICHIARA
inammissibile il ricorso e
CONDANNA
il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C
1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

IL PRESIDENTE
(Dott. Mario Gentile)

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Roma 16/06/2015

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