Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29507 del 16/06/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 29507 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
FILICE GIANFRANCO nato il 12/12/1957, avverso la sentenza del
25/09/2013 della Corte di Appello di Catanzaro;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Antonio Gialanella che
ha concluso per il rigetto;
FATTO
1. Con sentenza del 25/09/2013, la Corte di Appello di Catanzaro
confermava la sentenza con la quale, in data 02/02/2010 il Tribunale di
Cosenza aveva ritenuto FILICE Gianfranco colpevole del delitto di truffa
aggravata ai danni di Campilongo Francesco così riqualificata l’originaria
imputazione di insolvenza fraudolenta.

2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, a mezzo del proprio
difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo:

1

Data Udienza: 16/06/2015

2.1. VIOLAZIONE DELL’ART. 521 COD. PROC. PEN. per essere stato
condannato per un fatto (truffa) non contestato;
2.2. VIOLAZIONE DELL’ART. 640 COD. PEN. per carenza dell’elemento
oggettivo degli artifizi e raggiri tale non potendosi considerare il silenzio
serbato dall’imputato sull’avvicendamento societario che avrebbe reso

dell’esposizione bancaria che risultava superiore al fido bancario.
DIRITTO
1. VIOLAZIONE DELL’ART. 521 COD. PROC. PEN.: la censura è infondata.

In punto di fatto, risulta che il ricorrente fu tratto a giudizio per i
seguenti reati:
A) per il delitto di truffa ex artt. 61 n. 7 e 640 c.p., «perché con
artifici e raggiri consistiti nel consegnare per conto della FILICE s.r.l. a
Campilongo Francesco, amministratore e I.r. della ISOCASA s.r.I., un
assegno postdatato al 31/7/2008 a firma dell’amministratore unico
FILICE Fiorella, nella certezza che a tale data l’assegno non sarebbe
stato pagato in quanto FILICE Fiorella non sarebbe stata più legittimata
a trarre assegni sul conto corrente della FILICE s.r.I., induceva in errore
il Campilongo sull’effettività del pagamento e si procurava in suo danno
un ingiusto profitto pari alla disponibilità di materiali per l’edilizia del
valore complessivo di C 11.082,45. Con l’aggravante di aver cagionato
alla persona offesa un danno patrimoniale di rilevante gravità»;
B) per il delitto «di cui agli artt. 81 cpv e 641 c.p., perché con più
azioni esecutive dello stesso disegno criminoso, agendo in qualità di
legale rapp.te della Filice sr/ e dissimulando il proprio stato di
insolvenza, acquistava a credito materiali per l’edilizia dalla ISOCASA
s.r.l. per complessivi C 10.866,38 (cfr fatture Isocasa sa-i. n. 4301 e
4707), e 3536 e 3937 e 4207 col proposito di non adempiere
all’obbligazione. In Rende, in epoca compresa tra il 31/5/2008 e il
15/7/2008».
All’esito del giudizio di primo grado, il Tribunale, lo assolveva dal
capo sub a) perché il fatto non sussiste, nel mentre, riqualificato il fatto

2

privo di valore l’assegno posdatato in uno con la consistenza

di cui al capo sub b) come truffa (così come modificato all’udienza del
28/09/2009), lo condannava per il suddetto reato alla pena di anni uno
di reclusione ed C 300,00 di multa.
In pratica, il primo giudice, sulla base della svolta istruttoria
ricostruiva il fatto in un’unica sequenza cronologica nel senso che

«il

rendeva privo di valore l’assegno posdatato, quanto sull’esposizione
bancaria che già al 15/05 era superiore al fido, acquista piuttosto
rilevanza con riferimento alle richieste di materiale di cui al capo b). In
questo caso, l’atteggiamento del Filice non è più solo quello di chi
contrae un’obbligazione sapendo di non potervi adempiere, bensì quello
di un vero e proprio truffatore: egli non si limita a dissimulare lo stato
d’insolvenza ma, per continuare ad apparire credibile ed affidabile nei
confronti del suo principale ed ingenuo fornitore, attua una vera e
propria messinscena. Dapprima consegna un titolo posdatato, quindi Io
rende di fatto inefficace, infine – ed ecco il nesso, mancante nella prima
ipotesi delittuosa, tra artifici e raggiri ed atto dispositivo – si affretta ad
ottenere nelle more tra l’avvicendamento societario e la scadenza del
31/07/2008 (quando Campílongo, portando l’assegno all’incasso
finirebbe inevitabilmente per scoprire l’artificio) altro materiale per C
10.866,38; né il venditore, comunque in possesso di una promessa di
pagamento che gli consente di ritenere l’esposizione della Filice s.r.l.
contenuta nel rating dei quindicimila euro consigliatogli dal proprio
servizio di informazioni commerciali – avrebbe avuto modo di non
consegnarglielo».
Alla stregua della suddetta ricostruzione fattuale, la doglianza in
ordine alla pretesa violazione dell’art. 522 cod. proc. pen. (sotto il
profilo che il fatto addebitato era completamente diverso da quello
rispetto al quale l’imputato era stato tratto a giudizio), e già
puntualmente disattesa dalla Corte territoriale, è infondato per le ragioni
di seguito indicate.
Per fatto nuovo, secondo il consolidato orientamento
giurisprudenziale, deve intendersi esclusivamente un accadimento del
tutto difforme per le modalità essenziali dell’azione o per l’evento ovvero

3

silenzio serbato dal Filice tanto sull’avvicendamento societario che

del tutto diverso da quello contestato. In particolare secondo la
giurisprudenza sicuramente prevalente la locuzione “fatto nuovo”, di cui
all’art. 518 cod. proc. pen., denota un accadimento assolutamente
difforme da quello contestato, e l’emergere in dibattimento di accuse in
nessun modo rintracciabili nel decreto di rinvio o di citazione a giudizio.

consente la modifica dell’imputazione, deve, invece, intendersi non solo
un fatto che integri una imputazione diversa, restando esso invariato,
ma anche un fatto che presenti connotati materiali difformi da quelli
descritti nella contestazione originaria, rendendo necessaria una
puntualizzazione nella ricostruzione degli elementi essenziali del reato.
Peraltro il complesso delle disposizioni che regolano il regime delle
nuove contestazioni (artt. 516 e 522 cod. proc. pen.) mira allo scopo di
assicurare il contraddittorio sul contenuto sostanziale dell’accusa e
quindi a garantire il pieno esercizio del diritto di difesa dell’imputato.
Ne consegue che non si configura violazione al riguardo quando la
modifica, rispetto all’accusa originaria, non abbia in alcun modo
menomato la possibilità di difesa: ex plurimis Cass. 10310/1998, riv.
211477; Cass. 18868/2012 Rv. 252822.
Alla luce delle suesposte considerazione, pertanto, non è
ipotizzabile la dedotta violazione dell’art. 522 cod. proc. pen. sia perché,
nella fattispecie, come correttamente rilevato dalla Corte territoriale, si
è di fronte ad una semplice modifica dell’imputazione ex art. 516 cod.
proc. pen., sia perché l’imputato ha avuto ampiamente modo di
difendersi.
Ad abundantiam si può anche rilevare che, in realtà, il fatto (che
era stato frazionato in due capi d’imputazione) è rimasto, in pratica,
identico, avendo il giudice provveduto solo, del tutto legittimamente,
alla riqualificazione giuridica, unificando le due condotte (anche in
considerazione della continuità cronologica e teleologica delle
medesime) ed individuando solo in quella descritta al capo sub b) la
vera e propria condotta truffaldina.
Sul punto si può anche rammentare il principio di diritto enunciato
dal questa Corte (Cass. 429/1964 riv 099101) che, sebbene risalente,

4

Per fatto diverso, che, ai sensi dell’art. 516 cod. proc. pen.,

non risulta mai smentito da alcuna pronuncia contraria, secondo il quale
il giudice del tutto legittimamente, nel prendere in esame e valutare la
condotta dell’imputato di non avere, in modo preordinato, adempiuto
l’obbligazione contratta, può qualificare la suddetta condotta, come
truffa anzichè come insolvenza fraudolenta, proprio perché, alla fin fine,

un comportamento fraudolento

(in terminis

Cass. 45096/2009 riv

245695) tale da ingenerare errore nella vittima.

2. VIOLAZIONE DELL’ART. 640 COD. PEN.: manifestamente infondata,
infine, è la doglianza in ordine all’elemento psicologico del reato di
truffa: sul punto, è sufficiente il rinvio alla lettura della motivazione
della sentenza di primo grado, oltre a quella della sentenza impugnata
(pag. 4) nella quale la Corte territoriale, ha respinto la medesima
censura, alla stregua di puntuali elementi fattuali.
In conclusione, l’impugnazione deve rigettarsi con conseguente
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
RIGETTA
il ricorso e
CONDANNA
il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma 16/06/2015
IL PRESIDENTE
(Dott. Mario Gentile)
IL CONSIGLIE EST.
(Dott. G. Ra

la condotta tenuta dall’agente in entrambi i reati consiste pur sempre in

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA