Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29504 del 03/04/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 29504 Anno 2014
Presidente: DE ROBERTO GIOVANNI
Relatore: DI STEFANO PIERLUIGI

SENTENZA

N. 22048/2013

sul ricorso proposto da:
PELLERITO PIETRO n. 23/12/1958
MELODIA DIEGO n. 13/11/1935
avverso la sentenza 4155/2011 del 28/11/2012 della CORTE DI APPELLO DI
PALERMO
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERLUIGI DI STEFANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. EDUARDO SCARDACCIONE che
ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi.
Uditi:
L’avv. GIUSEPPE NOVARA difensore della pc Confindustria Trapani e sostituto
processuale dei difensori di Centro Studi Pio La Torre, Comune di Castellammare
del Golfo, Associazione Antiracket e Antiusura Alcamese che si è riportato alle
dichieste del PG ed alla nota spese
L’Avv. ROBERTO FABIO TRICOLI e l’Avv. BALDASSARRE LAURIA per Pellerito
Pietro che hanno chiesto raccoglimento del ricorso.
L’Avv. GIOVANNI DI BENEDETTO per Melodia Diego che ha chiesto
raccoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Palermo con sentenza del 28 novembre 2012, nel
decidere sull’impugnazione avverso la sentenza del Tribunale di Trapani dell’8

aprile 2011, confermava la condanna di Melodia Diego, salvo per la parziale
assoluzione da una delle contestazioni, e confermava in punto di responsabilità la
condanna di Pellerito Pietro riducendo la pena a lui inflitta.

Data Udienza: 03/04/2014

Melodia Diego era ritenuto responsabile:
1) del reato di associazione mafiosa quale capo del “mandamento mafioso di
Alcamo”, avendo svolto, nel periodo oggetto di accertamento, soprattutto
l’attività di controllo, con modalità mafiose, del mercato locale del calcestruzzo
attraverso la società Medi Cementi che gestiva di fatto insieme al socio Pirrone.
Il reato permanente era ritenuto commesso dal gennaio 2000 in poi;
2) di un tentativo di estorsione ai danni della cooperativa Celi cui voleva

2006;
3)del reato di cui all’articolo 12 quinquies I. 356.92 per aver fittiziamente
intestato ad un prestanome il capitale della società Medi Cementi srl,
appartenente per il 70% a Pirrone e 30% di lui. Reato aggravato per la finalità di
agevolare l’attività del gruppo mafioso di sua appartenenza.
Pellerito Pietro era ritenuto responsabile di falso nel contesto di una vicenda
emersa nel corso delle intercettazioni disposte per le indagini sulla associazione
mafiosa; egli si attivava per sopprimere un referto dell’ospedale di Alcamo e
redigerne un altro in cui il paziente Pirrone Francesco modificava le dichiarazioni
sulle lesioni riportate, fatto commesso in concorso con il medico responsabile,
Calandra, ed il Pirrone.
La vicenda principale oggetto di accertamento dalla quale poi si perveniva
alla raccolta delle prove per gli altri reati, riguardava la citata estorsione ai danni
della cooperativa CELI, vincitrice dell’appalto per il rifacimento della rete fognaria
di Alcamo, lavori che iniziava nel 2005.
Sulla base di intercettazioni, poi confermate in sede di dichiarazioni rese dal
socio della cooperativa Di Carlo, risultava che Pirrone Liborio aveva iniziato a
svolgere nei confronti dei responsabili della cooperativa un’attività di persuasione
in ordine alla necessità di effettuare pagamenti in favore dei soggetti che
avevano il controllo del territorio; tale meccanismo estorsivo era poi portato
ulteriormente avanti creando difficoltà alla cooperativa nei rapporti con le ditte
con cui collaborava per l’esecuzione dell’appalto, in modo da causare interruzioni
o ritardo nei lavori con conseguente responsabilità della cooperativa.
Le attività di intercettazione e le ulteriori indagini dimostravano che era il
Melodia Diego, già noto quale locale capomafia, a dirigere tale complessa attività
estorsiva e che il predetto, unitamente a Pirrone Liborio, gestiva la società
fornitrice di calcestruzzo Medi Cementi, formalmente intestata a prestanome.
Tale impresa risultava essere anche lo strumento di inserimento del Melodia nel
locale mercato del calcestruzzo, in cui si imponeva con modalità mafiose.
Tali vicende, anche a fronte della condanna del ricorrente per il reato
associativo commesso in precedenza, provavano che, nel periodo in questione,
2

imporre il pagamento di euro 200.000, fatto commesso tra agosto e novembre

Melodia proseguiva la sua attività di capo del locale gruppo criminale e la tentata
estorsione qui contestata rappresentava un momento delle sue condotte abituali.
Quanto al Pellerito Pietro, nel corso delle intercettazioni risultava che Pirrone
Francesco, operaio in nero della Medi Cementi, aveva riportato un infortunio sul
lavoro e che, al pronto soccorso, avevo dichiarato come era realmente avvenuto
l’incidente. Pirrone Liborio si preoccupava per tale dichiarazione che poteva
avere conseguenze negative per la Medi Cementi che aveva formalmente

intercettazione risultava come il Pirrone avesse risolto il problema: si era rivolto
al ricorrente Pellerito Pietro che lo aveva accompagnato in ospedale ed aveva
parlato con il medico che aveva redatto il referto; questi aveva accettato di
distruggere il referto originario facendone uno diverso in cui il paziente
dichiarava di aver subito un incidente stradale. Il contenuto delle intercettazioni
era ampiamente confermato dalle indagini presso l’ospedale.
La Corte di Appello, quanto alla impugnazione di Melodia, nel confermare
sostanzialmente la sentenza di primo grado salvo escludere il reato di fittizia
intestazione della Medi limitatamente alla condotta di nomina dell’amministratore
formale:
– confermava la adeguatezza delle prove a carico di Melodia ancorché non
avesse avuto rapporti diretti con la vittima Di Carlo;
– valutava la correttezza della ricostruzione dei fatti in base alla
interpretazione delle intercettazioni pur tenendo conto delle ragioni della difesa;
– confermava la sussistenza del reato associativo facendo altresì riferimento
a quanto emergente dalle sentenze passate in giudicato, anche per affermare il
carattere armato della associazione.
Quanto alla specifica doglianza di essere stata applicata la pena prevista
dalla legge 195/2008 pur essendo i fatti giudicati collocati nel periodo
antecedente la sua vigenza, la Corte osservava che la condotta permanente
contestata al Melodia si era protratta, non risultando la sua dissociazione, sino
alla sentenza di primo grado; e, in ipotesi di reato permanente, deve essere
applicata la legge nel cui ambito di efficacia temporale si esaurisce la
consumazione.
In ordine all’impugnazione del Pellerito, la Corte ne confermava la condanna
riducendogli la pena in conseguenza del proprio giudizio della irrilevanza della
recidiva nel caso concreto.
Entrambi gli imputati propongono ricorso avverso tale sentenza.
Pellerito ha proposto due ricorsi a firma dei propri difensori.
Ricorso a firma dell’avvocato Lauria.

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licenziato l’operaio infortunato continuando a farlo lavorare. Da una successiva

Con il primo motivo deduce la violazione della legge processuale e
sostanziale nonché il vizio di motivazione.
Rammenta che la tesi difensiva era che il Pellerito aveva semplicemente
accompagnato Pirrone Francesco al pronto soccorso di Alcamo, dove era in
servizio il dottor Calandra, ma poi si era allontanato per cui non aveva avuto
alcun ruolo nella richiesta di modificare il referto.
Rileva quindi una serie di errori o carenze della sentenza:

responsabilità è stata ritenuta sulla base della conversazione tra Pirrone Liborio e
Melodia Diego nel corso della quale si sarebbe parlato di un suo ruolo ma la
sentenza impugnata non tiene conto della tesi difensiva secondo cui Pirrone
Liborio potrebbe aver fornito all’interlocutore informazioni erronee.
– Non è stata valutata la correttezza della sua tesi dell’essere conforme a
prassi che venissero modificate le dichiarazioni dei pazienti nei referti, come
avvenuto per quello di cui gli veniva contestata la falsificazione, né dimostrava
alcunché il fatto che il referto in questione non indicasse la modifica apportata.
– Erroneamente la Corte afferma che il referto originario era stato
soppresso perché non rinvenibile nell’archivio cartaceo; tale ultima circostanza,
difatti, non era provata né era stata accolta la richiesta della difesa di uno
specifico accertamento sul punto.
– Erroneamente la Corte di Appello non ha valorizzato le dichiarazioni di
Pirrone Francesco, l’operaio infortunato, a favore di esso ricorrente. Le
dichiarazioni del Pirrone erano state ritenute inutilizzabili perché nel corso del
suo esame emergevano indizi di reità a suo carico e, successivamente, si
avvaleva della facoltà di non rispondere, ma l’inutilizzabilità in tale caso è
relativa e non opera quando le dichiarazioni siano a favore dell’imputato. Doveva
quindi valorizzarsi il dato che Pirrone Francesco, prima della interruzione del suo
esame, aveva reso dichiarazioni incompatibili con l’intercettazione tra Pirrone
Liborio e Melodia Diego.
– Pirrone Liborio nella conversazione intercettata e posta a base della
condanna del ricorrente parla di fatti non caduti sotto la sua percezione, ragione
di incertezza di quanto affermava.
Con secondo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione
in relazione agli artt. 62 bis e 133 cod. pen.
Rileva che erroneamente sono state negate le attenuanti e applicata la pena
in misura elevata sulla base di valutazioni non corrette ed ipotizzando un “peso
politico” del ricorrente, dato quest’ultimo che non risulta affatto acquisito in atti.

Andava inoltre tenuto conto della diversità di trattamento sanzionatorio nei
confronti del dottor Calandra.
4

– non è stata valutata la sua lettura alternativa delle intercettazioni. La sua

:

Ricorso a firma dell’avv. Tricoli:
Con unico motivo deduce la violazione di legge processuale e sostanziale
nonché il vizio di motivazione.
Osserva che con la memoria depositata in sede di conclusioni aveva svolto
argomenti sulla inesistenza di rapporti tra il ricorrente ed i presunti complici,
fatto che rendeva non razionale ipotizzare un accordo illecito tra loro. La
sentenza non ha fatto alcun riferimento a tale memoria, omissione che integra di
Rileva poi che si è tenuto conto nella sentenza del “peso politico” e della
“consuetudine lavorativa” del ricorrente che rappresentano, però, conoscenze
acquisite al di fuori del processo. È illogico, quindi, che i giudici di merito
indichino tale “peso politico” quale strumento di convincimento del medico. E,
ancora, la conversazione fra terzi utilizzata nei confronti del ricorrente non può
avere il ritenuto rilievo essendo un indizio non univoco.
Con motivi aggiunti osserva che non è stata acquisita la prova
nell’occultamento o soppressione o distruzione del documento cartaceo, unico
che poteva avere la natura di atto pubblico. In assenza di prova sulla
soppressione fisica del referto, l’unica contestazione che è possibile muovere al
ricorrente è quella di avere concorso nella fattispecie di falsità ideologica in
ipotesi commessa da Calandra
Melodia Diego propone ricorso con atto a firma del proprio difensore.
Con primo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione
sulla ritenuta responsabilità penale.
Per quanto riguarda la accusa di tentata estorsione nei confronti della
cooperativa CELI, rileva come nel corso del dibattimento era emerso che il Di
Carlo non conoscesse il Melodia né a quest’ultimo aveva fatto riferimento il
Pirrone nelle occasioni in cui chiedeva denaro alla cooperativa. Aveva eccepito
tale circostanza così come il fatto che fosse accertato soltanto il contatto tra Di
Carlo e Pirrone, ma sul punto la Corte aveva dato una risposta meramente
apparente alle deduzioni difensive.
Rileva che nei motivi di appello aveva dedotto come la conversazione del
31/8/2006 tra Pirrone e Paglino alla sua presenza indicasse una partecipazione
solo marginale del ricorrente, come del resto il medesimo Paglino aveva riferito
nel corso delle indagini; la Corte di appello aveva invece utilizzato le dichiarazioni
rese dal Paglino in sede dibattimentale nonostante la diversità fra le due versioni
dei fatti dovesse farlo ritenere inattendibile.
Inoltre, rispetto alla originaria ipotesi di accusa, il ricorrente era stato
condannato per la diversa condotta di intimidazione consistente nella

per sé il vizio di motivazione.

:

interruzione di forniture dei contratti di appalto in favore della società
cooperativa estorta.
Con riferimento specifico alla conversazione del 31 agosto 2006 tra Pirrone
Liborio e Regina Stefano, il ricorrente richiama le argomentazioni già sviluppate
sul punto in sede di appello per sostenere la assenza di risposta da parte della
Corte d’Appello nonché l’errore rappresentato dalla mancata valutazione delle
interpretazioni alternative del colloquio stesso.

356/1992 rileva che, a fronte del risalto dato dai giudici di merito alle
conversazioni di Pirrone nelle due conversazioni del 14.8.2006, con tale Viola, e
del 22.10.2006, con l’Avv. Adamo, aveva osservato in sede di motivi di appello
come in tali conversazioni non si facesse alcun riferimento specifico ad esso
ricorrente, non indicandosi chi fosse il socio occulto; ma sul punto non vi era
stata adeguata risposta da parte della Corte di merito.
Erroneamente si era dato rilievo alla costante presenza di Amato, genero del
Melodia, presso la società Medi Cementi, ma anche qui la Corte non ha tenuto
conto dei rilievi della difesa. E, rispetto alla analitica lettura alternativa offerta in
sede di appello dal ricorrente di una serie di intercettazioni ritenute utili contro
Melodia, lettura riproposta in questa sede, ancora una volta rilevava la assenza
di risposta.
Quanto al reato di associazione mafiosa, ritiene che siano erronee le
valutazioni secondo le quali il ricorrente avrebbe svolto in proprio una attività di
associazione mafiosa in parallelo con “cosa nostra”, attività che si sarebbe
realizzata solo in occasione della estorsione per cui è processo. Allo stesso modo
aveva segnalato come mancassero collegamenti del ricorrente con altri fatti
criminali significativi per cui, alla stregua di quanto rappresentato in sede di
appello, non si poteva ritenere integrato il reato associativo; anche in questo
caso non vi era stata risposta.
Con secondo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione
per essere stato riconosciuto un suo ruolo di vertice nella associazione mafiosa
pur avendo indicato le varie conversazioni intercettate da cui emergeva, se
esistente, un suo ruolo di ben poca importanza nell’associazione mafiosa così
come era secondario il ruolo nella impresa Medi cementi, gestita quasi solo da
Pirrone. Rispetto a tali rilievi non vi era stata una adeguata motivazione.
Con terzo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione
laddove è stata affermata la sussistenza delle circostanze aggravanti dei commi
quarto e sesto dell’articolo 416 bis cod. pen. .
Rileva la illogicità di ritenere dimostrata la connotazione armata della banda
criminale sulla base di altre sentenze irrevocabili relative all’attività mafiosa nella

Per quanto riguarda la contestazione di cui all’articolo 12 quinquies I.

medesima zona. Quanto al sesto comma, rileva la assenza di elementi per
ritenere il finanziamento mafioso della Medi Cementi, tenuto anche conto che
l’unico reato fine contestato non aveva prodotto alcun risultato utile sul piano
economico. Gli argomenti sul punto sono del tutto carenti.
Con quarto motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione.
Osserva che il Tribunale aveva applicato la disciplina del reato di
associazione mafiosa come modificato dal decreto-legge 92/2008 in quanto il

qualsiasi elemento di prova per dimostrare la prosecuzione dell’attività mafiosa
pur dopo l’entrata in vigore del citato decreto legge. Non è possibile interpretare
la disciplina del reato permanente in modo che l’imputato sia costretto a
dimostrare di non aver esercitato la attività mafiosa in periodi per i quali manca
la prova positiva a suo carico. La Corte di Appello al riguardo afferma di dover
applicare la normativa successiva al 2008 per la mancanza di elementi positivi
che provino il recesso del Melodia dall’associazione. Ovvero ritiene la mancanza
di elementi di prova dimostrativi del contrario.
Con quinto motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione
sulla ritenuta applicabilità della aggravante di cui all’articolo 7 legge 203/91
sostenendo la inadeguatezza degli elementi probatori al riguardo.
Con sesto motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione
quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche ed alla conferma della
misura della pena. In particolare non si è tenuto conto dell’età e delle precarie
condizioni di salute del ricorrente.
Con il settimo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione
per la conferma della pena accessoria di cui all’articolo 32 quater cod. pen..
Con l’ottavo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in
ordine all’applicazione della misura di sicurezza senza tener conto della
specificità delle condotte e delle sue condizioni personali di età e salute.
Con il nono motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione
per la conferma delle statuizioni civili. Rileva che, in presenza del reato di
estorsione tentata, non è possibile individuare un danno di una parte. Né si è
motivato adeguatamente sul presunto danno all’immagine degli enti territoriali.
Con decimo motivo ribadisce la già sollevata questione di legittimità
costituzionale dell’art. 2 decreto-legge 10 del 2010 che, nel fissare la
competenza del Tribunale ordinario

per il

reato di associazione mafiosa

pluriaggravata, aveva limitato la prosecuzione del processo in Corte di Assise ai
soli processi in cui era stata dichiarata l’apertura del dibattimento. Tale norma,
secondo il ricorrente, creerebbe una ingiustificata disparità di trattamento e
violerebbe il principio del giudice naturale.
7

capo 1) risultava contestato sino all’8 luglio 2009 ed oltre. Invero in atti manca

:

CONSIDERATO IN DIRITTO
Entrambi i ricorsi proposti nell’interesse di Pellerito sono inammissibili.
Il primo motivo del ricorso presentato dall’avv. Lauria, pur a fronte di una
sentenza che ha indubbiamente valutato in modo analitico le sue deduzioni,

probatorio e, quindi, ribadendo in modo analitico la portata della lettura
complessiva di vari elementi, afferma che la motivazione sia carente ma, in
realtà, chiede una nuova ed autonoma valutazione del materiale probatorio, in
tale modo invocando l’esercizio di poteri che non spettano al giudice di
legittimità. Va quindi ribadito che su tutte le questioni poste dalla difesa vi è
stata adeguata risposta e, anche quanto al tema della presunta “regolarità” della
radicale modifica delle dichiarazioni della persona infortunata riportate nel
referto, la Corte di Appello ha attentamente motivato sul profilo della assenza
dell’annotazione del precedente numero di referto, annotazione necessariamente
presente nel caso di un’operazione di modifica “regolare” con redazione di un
nuovo referto in sostituzione del primo.
Quanto alla possibilità di valutare a favore le dichiarazioni di Pirrone
Francesco, la Corte d’Appello ha ampiamente risposto sulla inattendibilità delle
sue dichiarazioni a favore del Pellerito.
Il secondo motivo è parimenti manifestamente infondato. Il dato di
immediata evidenza è che si chiede, ai fini dell’applicabilità delle attenuanti
generiche, una valutazione in merito inammissibile in questa sede. Ma è
inconsistente anche la deduzione dell’errore nell’utilizzare il tema del “peso
politico” di Pellerito pur se non risultante dagli atti: difatti la Corte di Appello ha
puntualmente motivato sul contenuto della intercettazione dalla quale si desume
uno scambio di favori con il Pellerito e, quindi, ne deduce con un ragionamento,
in sè logico e non sindacabile nel merito, il collocarsi della vicenda nell’ambito di
attività “politiche” del ricorrente, consigliere provinciale, valorizzandola ai fini
della pena. Anche la questione relativa alla comparazione del trattamento
sanzionatorio con il Calandra è di merito e non rilevante in questa sede, oltre ad
essere posta in modo generico.
In modo simile è inammissibile il motivo unico del ricorso dell’avv. Tricoli. La
deduzione in ordine alla mancata risposta della memoria difensiva è irrilevante in
quanto tale memoria non indicava alcun tema di merito specifico che, in
riferimento a precisi elementi di prova, rendesse doverosa una puntuale
motivazione ma si limitava a formulare osservazioni sulla plausibilità della

rilevando l’erronea impostazione della difesa che parcellizzava il materiale

vicenda e sulla ricostruzione delle prove, questioni sulle quali il complesso della
motivazione ha dato più che adeguata risposta. Sul tema in ordine alla
valutazione del “peso politico” valgono le considerazioni già svolte. Quanto ai
motivi aggiunti che, riprendendo peraltro un tema già toccato dall’altro ricorso
sostiene che non vi è prova di soppressione del referto, sulla base della erronea
tesi che solo il documento cartaceo possa avere natura di atto pubblico, si
osserva come la Corte d’Appello dia atto della accertata eliminazione del referto

digitali, secondo il codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. 235/2010), ben
possono essere, in relazione al loro contenuto e non al tipo di supporto, atti
pubblici.
Ricorso Melodia.
Il primo ed il secondo motivo richiedono valutazioni in merito non rientranti
nei motivi proponibili in sede di legittimità. A fronte di una generica affermazione
di difetto di motivazione, vengono riproposte questioni già risolte dalla Corte di
Appello e, comunque, che comportano un nuovo apprezzamento del materiale
probatorio; il ricorrente, difatti, propone una diversa interpretazione delle
conversazioni telefoniche e della attendibilità dei soggetti sentiti in dibattimento.
Non risulta neanche l’assenza di risposta a specifici motivi della difesa.
Anche sulla ricostruzione della responsabilità per reato associativo e sulla
posizione di vertice, che la difesa intende negare in base alla unicità del reato
fine che si assume commesso ed ad una presunta scarsa rilevanza dei compiti
svolti, si ripetono questioni di merito che trovano risposta nella complessiva
motivazione della Corte di Appello.
Il terzo motivo, quanto alla prova del reato di associazione mafiosa, è
manifestamente infondato per quanto riguarda la utilizzabilità probatoria delle
precedenti sentenze definitive per dimostrare il carattere armato della
associazione, non venendo poi sviluppati argomenti per ritenere la scarsa
significatività in sé di tali sentenze, e richiede accertamenti in fatto non
compatibili con il giudizio di legittimità in ordine al tema, pur ampiamente
argomentato dalla Corte di Appello, della collocazione della Medi Cementi in un
contesto di attività criminale del gruppo mafioso.
Il quarto motivo è manifestamente infondato perché pone questioni in diritto
che sono state ampiamente risolte dalla Corte di Appello in relazione ad una
giurisprudenza di legittimità assolutamente costante. È stata fatta corretta
applicazione dei principi in tema di reato permanente e responsabilità per il reato
di associazione mafiosa, per cui la permanenza va ritenuta sino alla sentenza di
condanna in primo grado, con le necessarie conseguenze in tema di normativa

originale dall’archivio informatico dell’ente, archivio i cui singoli documenti

applicabile in ragione del tempo di commissione – quindi correttamente è stata
applicata la più recente disciplina che ha innalzato le pene.
Il quinto, il sesto ed il settimo motivo pongono questioni di merito in ordine
alla determinazione delle aggravanti e delle attenuanti, alla quantificazione della
pena ed alla pena accessoria, temi sui quali, oltre a non essere mancata
adeguata motivazione nella sentenza impugnata, si invocano ancora una volta
valutazioni di merito. Parimenti inammissibile, perché pone questioni di fatto, è

di sicurezza.
Il nono motivo ripropone questioni in tema di risarcimento che sono già
state poste al giudice di appello e da questi risolte. Il motivo risulta generico non
confrontandosi adeguatamente con le ragioni già esposte dalla sentenza
impugnata, risultando la mera riproposizione del motivo di appello.
Infine è manifestamente infondato il decimo motivo che ripropone la
questione di legittimità costituzionale sopra richiamata che era già stata
sottoposta alla Corte di Appello che aveva sviluppato una motivazione
estremamente analitica ai fini della infondatezza. Anche in questo caso il ricorso
non si confronta con gli argomenti, peraltro corretti, svolti dalla Corte di Appello.
Del resto innanzitutto appare palesemente inconsistente la contestazione della
violazione del giudice naturale, essendovi stata individuazione del giudice
determinato secondo legge. E, poi, non si individua alcuna significativa disparità
di trattamento in un caso in cui, dovendosi applicare una normativa transitoria
per i processi in corso, è applicato un ragionevole criterio, peraltro utilizzato in
altri casi di modifica normativa della competenza per materia o territorio, che
individua il limite di applicazione della nuova competenza nello stato in cui non
consegue l’azzeramento di attività processuali già espletate, come invece
avviene quando vi è stata apertura del dibattimento.
Alla Inammissibilità dei ricorsi consegue la applicazione di sanzione
pecuniaria nella misura determinata in dispositivo nonché il rimborso delle spese
processuali del grado in favore delle parti civili presenti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno a quello della somma di euro 1000 in favore della
cassa delle ammende. Condanna altresì il Melodia a rimborsare alle parti civili
(Confindustria Trapani, Comune di Castellammare del Golfo, associazione
antiracket e antiusura Alcamese, Centro Studi e Iniziative Culturali Pio La Torre
Palermo) le spese di questo grado che si liquidano in complessivi euro 3000 per
ciascuna di esse, oltre spese generali, Iva e cpa.
Roma il aprile 2014
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DI Stefano

Depositato in Canoa*

20

l’ottavo motivo nel quale si discute sulla modalità di determinazione delta misura

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