Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29501 del 21/05/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29501 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Agate Francesco, nato a Marsala il 10.07.1968;
avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo emessa in data 30.06.2014, con la quale
è stata confermata la sentenza del GUP del Tribunale di Trapani, a seguito di rito abbreviato,
con cui veniva condannato alla pena di anni quattro e mesi dieci di reclusione ed euro 2.000,00
di multa per i reati a lui ascritti ai sensi degli artt. 110 e 628 cod.pen.
Sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Giovanni Diotallevi.
Udite le conclusioni del P.G., in persona del Sostituto Procuratore Generale Carmine Stabile ,
che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Agate Francesco, rappresentato dall’avvocato di fiducia Isidoro Sebastiano Genna, ricorre per
Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo emessa in data 30.06.2014,
con la quale è stata confermata la sentenza del GUP del Tribunale di Trapani, a seguito di rito
abbreviato, con cui veniva condannato alla pena di anni quattro e mesi dieci di reclusione ed
euro 2.000,00 di multa per il reato a lui ascritto ai sensi degli artt. 110 e 628 cod.pen.
Chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato, ai sensi dell’articolo 606 lett. e)
cod.proc.pen, deduce:
A) La mancanza e manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui la Corte ha ritenuto
sussistente il reato contestato, nonostante che le circostanze di fatto emerse dalle dichiarazioni
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Data Udienza: 21/05/2015

rese dagli imputati e dalla persona offesa confermino la tesi dell’assenza di un previo accordo
ai fini di commettere la rapina. Inoltre, la Corte avrebbe omesso di indicare quale contributo
abbia concretamente dato il ricorrente nella realizzazione della fattispecie delittuosa.
B) L’errata applicazione della legge sostanziale in punto di concorso di persone in quanto la
Corte avrebbe dovuto escludere che la condotta posta in essere dal ricorrente poteva integrare
gli estremi di un concorso ordinario, posto che il contributo allo stesso ascrivibile si era
esaurito in un’assistenza inerte e senza iniziative.
C) La omessa motivazione in relazione alla denegata richiesta di esclusione della circostanza

D) L’eccesiva severità del trattamento sanzionatorio e la mancata concessione delle circostanze
attenuanti generiche in considerazione della condotta dell’imputato del tutto marginale nella
vicenda delittuosa, nonché il comportamento collaborativo tenuto dalla stesso nei momenti
successivi alla realizzazione dell’illecito.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestatamente infondato.
2. In riferimento al primo motivo di gravame, lo stesso proposto in appello, la Corte osserva
che i Giudici di merito hanno già provveduto a motivare in modo pieno ed esaustivo.
Per quanto riguarda la sussistenza del reato, questo Collegio osserva che le valutazioni di
merito sono insindacabili nel giudizio di legittimità, quando il metodo di valutazione delle prove
sia conforme ai principi giurisprudenziali e l’argomentare scevro da vizi logici, come nel caso di
specie. Nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la
decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti né deve
condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia
compatibile con il senso comune e con “i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento”,
secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Cass. sent. n. 47891 del 28.09.2004 – rv
230568; sent. n. 1004 del 30.11.1999 (dep. 31.1.2000) – rv 215745; sent. n. 2436 del
21.12.1993 (dep. 25.2.1994) – rv 196955.)
Più specificatamente, non si ravvisa alcun vizio di logicità né violazione di legge nella
motivazione che la Corte di appello ha fornito al fine di confermare la responsabilità penale
dell’imputato per il reato di rapina contestatogli. Invero, i Giudici hanno esposto
un’argomentazione logico- giuridica dettagliata e puntuale, oltre che perfettamente aderente
alle risultanze processuali ( si vedano le pagg. 2 e 3 della sentenza impugnata in cui si
apprezza il valore probatorio delle dichiarazioni rese dalla p.o.).
Peraltro, ritiene il Collegio che nel ricorso per cassazione contro la sentenza di appello non può
essere riproposta – ferma restando la sua deducibilità o rilevabilità “ex officio” in ogni stato e
grado del procedimento – una questione che aveva formato oggetto di uno dei motivi di
appello sui quali la Corte si è già pronunciata in maniera esaustiva, senza errori logico 2

aggravante di cui all’articolo 628 co. 1 n. 1 cod.pen.

giuridici, come è avvenuto nel caso di specie. Ne deriva, in ipotesi di riproposizione di una delle
dette questioni con ricorso per cassazione, che la impugnazione deve essere dichiarata
inammissibile a norma dell’art. 606, terzo comma, ultima parte, cod. proc. pen.”; ciò in
conformità con il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui si ritiene
inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa
reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito,
dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di
assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (

n. 11933 del 27/01/2005 Ud. (dep. 25/03/2005 ) Rv. 231708; Sentenza n. 44882 del
18/07/2014 Ud. (dep. 28/10/2014) Rv. 260608).
3. Il secondo ed il terzo motivo possono essere trattati congiuntamente.
Osserva la Corte che tali profili di gravame sono da ritenersi inammissibili per violazione
dell’art. 591 lettera c) in relazione all’art. 581 lettera c) cod .proc. pen., perché le doglianze
(sono le stesse affrontate dalla Corte di appello) sono prive del necessario contenuto di critica
specifica al provvedimento impugnato, le cui valutazioni, ancorate a precisi dati fattuali
trascurati nell’atto di impugnazione, si palesano peraltro immuni da vizi logici o giuridici.
Infatti, la Corte territoriale ha con esaustiva, logica e non contraddittoria motivazione,
evidenziato tutti i motivi dai quali desume la piena responsabilità dell’imputato nel concorso di
persone nel reato di rapina. Per una maggiore specificità (si veda in proposito la pagina 3
dell’impugnata sentenza), appare opportuno ricordare che la Corte territoriale ha evidenziato
correttamente perché si doveva ravvisare la piena consapevolezza dell’imputato non solo
dell’intento delittuoso dei correi ma anche, e soprattutto, di una sua attiva partecipazione al
momento di programmare ed organizzare la rapina ( a solo titolo di esempio si vedano: le
dichiarazioni dei complici di Agate che confermano pienamente il ruolo attivo avuto
dall’imputato; la testimonianza della persona offesa che ha dichiarato di aver riconosciuto voci
italiane fra quelle dei suoi aggressori; il tentativo di avvertire uno dei complici mentre si stava
dando alla fuga).
In proposito questa Corte ha più volte affermato il principio, condiviso dal Collegio, che è
inammissibile il ricorso per cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le
ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto di
impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato, senza
cadere nel vizio di aspecificità, che conduce, ex art. 591, comma primo, lett. c), cod. proc.
pen. all’inammissibilità del ricorso ( ex multis Sentenza n. 39598 del 30/09/2004 – Rv.
230634; sentenza n. 28011 del 15/02/2013 – Rv. 255568).
4. Infine, per quanto concerne il quarto ed ultimo motivo, osserva il Collegio che i Giudici di
merito hanno motivato seguendo i criteri di pienezza ed esaustività richiesti dalla legge, senza
vizi di logicità, in coerenza con le risultanze processuali nonché in modo aderente ai principi di
diritto.
3

ex multis Sentenza n. 20377 del 11/03/2009 Ud. (dep. 14/05/2009 ) Rv. 243838; Sentenza

A tale riguardo, giova ricordare la consolidata giurisprudenza secondo cui nel concedere o
negare le attenuanti generiche, il giudice di merito è investito di un ampio potere discrezionale,
che non è sottratto al controllo di legittimità, dovendo il giudice medesimo dare conto delle
precise ragioni e dei criteri utilizzati per la concessione o il rifiuto di concessione, con
l’indicazione degli elementi reputati decisivi nella scelta compiuta, senza che sia, peraltro,
necessario valutare analiticamente tutte le circostanze rilevanti, in positivo o in negativo
(Sentenza n. 12496 del 21/09/1999 Ud. (dep. 04/11/1999 ) Rv. 214570; Sentenza n. 14556
del 25/03/2011 Ud. (dep. 12/04/2011 ) Rv. 249731). In ogni caso il giudice di merito non ha il

comunque desumibili dalle risultanze processuali acquisite. Infatti è sufficiente, perché l’obbligo
di motivazione possa considerarsi compiutamente adempiuto, che egli ponga in evidenza la
mancanza di elementi di significato positivo o la presenza anche di un solo elemento di
significato negativo da lui ritenuto, con valutazione ispirata a criteri razionali e giuridicamente
corretti di valore preponderante e tale da neutralizzare la valenza attenuatrice della pena degli
altri elementi ( a partire da Sentenza n. 7487 del 07/08/1984 Ud. (dep. 26/09/1984 ) Rv.
165719).
Orbene, uniformandosi alla succitata giurisprudenza, la Corte territoriale ha fornito una
motivazione esaustiva e coerente, giungendo giustamente a confermare la congruità della pena
addebitata all’imputato, secondo i criteri di cui all’articolo 133 cod.pen. ( in particolare si veda
il riferimento ai plurimi e specifici precedenti dell’Agate, l’assenza di resipiscenza, l’estrema
gravità della condotta).
5. Alle luce delle sopra esposte considerazioni va dichiarata, pertanto, l’inammissibilità del
ricorso cui consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle
ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina
equitativamente in Euro 1000;
PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e, inoltre, al versamento della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle ammende.
Roma, lì 21 05.2015
Il Consigl
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estensore

Il Presidente

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dovere di prendere in esame tutti gli elementi di significato positivo prospettati dall’imputato o

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