Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29500 del 13/05/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 29500 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: RECCHIONE SANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ROMANO GIUSEPPE N. IL 14/09/1964
DI MAIO FILIPPO N. IL 28/05/1961
avverso la sentenza n. 4443/2014 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 06/11/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SANDRA RECCHIONE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
L_sbujo

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.
7, –GyeA9

Data Udienza: 13/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Palermo confermava la sentenza del
giudice per le indagini preliminari che, all’esito di giudizio abbreviato, condannava

a Di Maio

Filippo e Romano Giuseppe alla pena di anni tre mesi quattro di reclusione ed euro 800 di
multa per i reati di cui agli artt. 611 e 628 comma 3 n. 1) cod. pen.

2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore degli imputati che

2.1. vizio di motivazione e mancata assunzione dei prova decisiva. Si censurava la mancata
assunzione del teste Callarelli, ritenuto decisivo in quanto dagli atti emergevano rilevanti
contraddizioni nella ricostruzione del fatto come osservato dagli operanti;
2.2. vizio di motivazione. Si evidenziava la non univocità del quadro probatorio. Si deduceva
la assenza di conferme alla deposizione della persona offesa; segnatamente: a) si rimarcava
che non vi era correlazione tra il pestaggio del dicembre 2011 e gli acquisti delle autovetture
effettuati nel maggio e nel novembre del 2011 che, nella ricostruzione dell’accusa erano stati
effettuati dalla persona offesa in seguito alle illecite pressioni degli imputati; b) si evidenziava
che la persona offesa aveva riferito agli operateti del pronto soccorso che il pestaggio era
avvenuto ad opera di tre soggetti laddove la stessa in sede di denuncia attribuiva i fatti agli
imputati; c) si rimarcava il mancato rinvenimento del coltello che nell’ipotesi accusatoria
sarebbe stato utilizzato per porre in essere le minacce.
2.3 Vizio di legge con riguardo al diniego di concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Si riteneva che le stesse dovessero essere concesse in ragione della incensuratezza e della
personalità degli imputati.
2.4. Con motivi aggiunti si deduceva il vizio di motivazione con riguardo all’accertamento di
responsabilità relativo all’art. 611 cod. pen. Si deduceva che non era stata fornita adeguata
confutazione alle doglianze difensive proposte con l’atto di appello con specifico riguardo a tale
fattispecie di reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è manifestamente infondato.
1.1. Il primo motivo di ricorso che deduce la mancata assunzione della prova decisiva è
inammissibile.
Il ricorrente deduceva la mancata integrazione delle prove disponibili in grado di appello
nonostante si procedesse con le forme del rito abbreviato non condizionato.
Sul punto il collegio condivide l’orientamento secondo cui la rinnovazione dell’istruzione
dibattimentale in appello (art. 603 cod. proc. pen.) è compatibile con il rito abbreviato “non
condizionato”, ma il mancato esercizio di poteri istruttori da parte del giudice, benché
2

deduceva:

sollecitato dall’imputato, non costituisce vizio deducibile mediante ricorso per cassazione ai
sensi dell’art. 606, comma primo, lett. d), cod. proc. pen., attesa la esclusione del diritto di chi
ha optato per la definizione del processo nelle forme del procedimento speciale “allo stato degli
atti” a richiedere alcuna integrazione probatoria (Cass. Sez. 3, n. 20262 del 18/03/201Rv.
259663).
In sintesi: l’accesso 4akrito a prova contratta nella dimensione “pura”, ovvero non soggetta a
condizione, implica la rinuncia ad ogni approfondimento istruttorio da parte dell’imputato.
Eventuali integrazioni possono tuttavia essere disposte d’ufficio dal giudice anche su

officiosi di rinnovazione dell’istruttoria, sollecitato dall’imputato che abbia optato per il giudizio
abbreviato “senza integrazione probatoria”, non costituisce un vizio deducibile mediante ricorso
per cassazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), (sez. 6, n. 7485 del 16.10.2008,
Monetti, rv. 242905). La scelta di un giudizio con un compendio probatorio non implementabile
su istanza di parte, quale è quella per il rito abbreviato nella forma non condizionata r è infatti
incompatibile con il recupero del potere processuale di accrescere tale compendio, anche in
via indiretta, attraverso le censure per il mancato esercizio dei poteri di integrazione
istruttoria esercitabili d’ufficio.
La riapertura dell’istruttoria in sede di appello, dunque, che ha già carattere assolutamente
eccezionale, in caso di giudizio abbreviato può essere disposta solo, in casi di assoluta
fm.
necessità, valutata d’ufficio dal giudice, per lo più a fronte di prove nuove4uanto emerse nelle
more del processo. Ed è di tutta evidenza, a leggere la motivazione di entrambe le sentenze,
di primo e secondo grado, come tale evenienza non ricorra nel caso di specie, dato che i
giudici di merito hanno concordemente ritenuto la superfluità della prova richiesta rispetto al
compendio probatorio disponibile.
1.2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato le. diretto a proporre in sede di
legittimità una inammissibile lettura alternativa delle emergenze processuali orientata ad una
diversa ricostruzione del fatto.
Il ricorrente contesta attraverso la rilevazione di asserite illogicità del percorso motivazionale
l’intera struttura della decisione, offrendo una diversa ricostruzione dei fatti. E’ noto infatti
che il perimetro della giurisdizione dì legittimità è limitato alla rilevazione delle illogicità
manifeste e delle carenze motivazionali, ovvero di vizi specifici del percorso argomentativo,
che non possono dilatare l’area di competenza della Cassazione alla rivalutazione
dell’interno compendio indiziario. Le discrasie logiche e le carenze motivazionali
eventualmente rilevate per essere rilevanti devono, inoltre, avere la capacità di essere
decisive, ovvero essere idonee ad incidere il compendio indiziarlo, incrinandone la capacità
dimostrativa. Il vizio di motivazione per superare il vaglio di ammissibilità non deve dunque
essere diretto a censurare genericamente la valutazione di colpevolezza, ma deve invece
essere idoneo ad individuare un preciso difetto del percorso logico argomentativo offerto
dalla Corte di merito, sia esso identificabile come illogicità manifesta della motivazione, sia
3

sollecitazione dell’imputato, ma il mancato esercizio da parte del giudice d’appello dei poteri

esso inquadrabile come carenza od omissione argomentativa; quest’ultima

declinabile sia

nella mancata presa in carico degli argomenti difensivi, sia nella carente analisi delle prove a
sostegno delle componenti oggettive e soggettive del reato contestato.
Nel caso di specie, come evidenziato in premessa, il ricorrente piuttosto che rilevare vizi
decisivi della motivazione si limitava ad offrire una interpretazione degli elementi di prova
raccolti diversa da quella fatta propria dalla Corte territoriale in contrasto palese con le
indicate linee interpretative.
1.3. Inammissibile è il motivo che deduce la mancata concessione delle attenuanti generiche.

motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice
prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili
dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque
rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione.(Cass.

Sez. 6, n.

34364 del 16/06/2010 Rv. 248244;Cass. Sez. 1^ sent. n. 3772 del 11.01.1994 dep.
31.3.1994 rv 196880).
Nel caso di specie, in coerenza con tali consolidate linee interpretative, la Corte territoriale
giustificava il rigetto sulla base della personalità degli appellanti e della gravità dei fatti a loro
contestati.
1.4. Il motivo aggiunto è inammissibile in quanto non connesso ai motivi principali del ricorso.
Sul punto il collegio ribadisce che in tema di ricorso per cassazione, la presentazione di motivi
nuovi è consentita entro i limiti in cui essi investano capi o punti della decisione già enunciati
nell’atto originario di gravame, poiché la “novità” è riferita ai “motivi”, e quindi alle ragioni che
illustrano ed argomentano il gravame su singoli capi o punti della sentenza impugnata, già
censurati con il ricorso (Cass. Sez. 1, n. 40932 del 26.5.2011, Rv. 251482; Cass. Sez. 6, n.
27325 del 20/05/2008, Rv. 240367).
2. Alla inammissibilità del ricorso segue, a norma dell’art. 616 cod. proc.pen., la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed al pagamento a favore della Cassa delle
Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 1000 a titolo di sanzione
pecuniaria.
P.Q.M.
bt

er

tDichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e V

euro 1000.00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno 13 maggio 2014

L’estensore

Il Presidente

Sul punto si ribadisce il consolidato orientamenti) della Corte di legittimità secondo cui 4yel

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA