Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29497 del 22/05/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29497 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CITRO ARGENTINA N. IL 24/04/1962
CITRO FRANCESCA N. IL 23/11/1988
SILVESTRI LUIGI N. IL 10/10/1973
CORALLUZZO MAURIZIO N. IL 13/04/1966
CIAGLIA CONSUELO N. IL 19/12/1977
avverso la sentenza n. 1431/2014 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di SALERNO, del 16/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 22/05/2015

1) Con sentenza del 16.10.2014 Il GUP del Tribunale di Salerno applicava a Citro
Argentina, Citro Francesca, Silvestri Luigi, Coralluzzo Maurizio, Ciaglia Consueto,
ritenuta la diminuente per la scelta del rito, le pene concordate tra le parti ex
art.444 c.p.p. per i reati di cui agli artt.74 comma 6 e 73 comma 5 DPR 309/90 ad essi
rispettivamente ascritti.
Propongono ricorso per cassazione gli imputati Citro Argentina, Citro Francesca,
Silvestri Luigi, Ciaglia Consueto, a mezzo dei difensori, denunciando la violazione di
legge e la mancanza di motivazione in ordine alla mancata applicazione del disposto di
cui all’art.129 c.p.p.
Ricorre per cassazione anche Coralluzzo Maurizio, denunciando la violazione di legge
ed il vizio di motivazione in ordine alla mancata decisione sulla richiesta di applicazione
pena formulata all’esito dell’emissione di decreto di giudizio immediato.
2) I ricorsi sono manifestamente infondati.
2.1) Va premesso che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo
processuale in virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si accordano sulla
qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza di circostanze,
sulla comparazione delle stesse, sull’entità della pena, su eventuali benefici. ba parte
sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla dopo aver accertato che non
emerga in modo evidente una della cause di non punibilità previste dall’art.129 c.p.p..
Ne consegue che, una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena ex art.444
c.p.p„ le parti non possono rimettere in discussione profili oggettivi o soggettivi della
fattispecie perché essi sono coperti dal patteggiamento.
2.2) Quanto alla motivazione in ordine alla mancata applicazione dell’art.129 c.p.p.
questa Corte ha costantemente affermato che occorre una specifica indicazione
“soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti
elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece
ritenersi sufficiente in caso contrario, una motivazione consistente nella enunciazione
anche implicita che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non
ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art.129 c.p.p.” (ex multis
sez.un.27.3.1992- Di Benedetto; sez.un.27.9.1995 n.18-Serafino).
Sicchè il richiamo all’art.129 c.p.p. è sufficiente a far ritenere che il giudice abbia
verificato ed escluso la presenza di cause di proscioglimento, non occorrendo ulteriori
e più analitiche disamine al riguardo (Cass. pen. Sez. 2 n.6455 di 17.11.2011).
Anche più di recente è stato, poi, ribadito che la sentenza del giudice di merito che
applichi la pena su richiesta delle parti può essere oggetto di controllo di legittimità,
sotto il profilo della motivazione, soltanto se dal testo della sentenza impugnata

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OSSERVA

appaia evidente la sussistenza di cause di non punibilità di cui all’art.129 c.p.p. (Cass.
pen. Sez. 5 n.31250 del 25.6.2013; Cass. sez. 4 n.30867 del 17.6.2011).
2.2.1) Il GIP ha effettuato la necessaria verifica, evidenziando che non ricorrevano i
presupposti per applicare l’art.129 c.p.p., tenuto conto di quanto emergeva dagli atti
(attività di indagine e servizi di osservazione della p.g., verbali di sequestro,
dichiarazioni degli acquirenti, intercettazioni telefoniche)- pag.2 sent..
2.3) Quanto al ricorso del Coralluzzo, esso è generico e non autosufficiente (non
risultando neppure indicato quando ed in che termini sia stata proposta la “iniziale”
richiesta di applicazione pena).
2.4) I ricorsi debbono quindi essere dichiarati inammissibili, con condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a
favore della cassa delle ammende della somma che pare congruo determinare in euro
1.500,00 ciascuno, ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento alla Cassa delle ammende della somma di curo
1.500,00 ciascuno.
Così deciso in Roma il 22 maggio 2015
Il Presidente
Il Consiglier est.

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