Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29489 del 22/05/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29489 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BIZZARRI MARCO N. IL 29/07/1975
avverso la sentenza n. 4044/2014 CORTE APPELLO di MILANO, del
02/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 22/05/2015

1) Con sentenza del 2.10.2014 la Corte di Appello di Milano confermava la sentenza
del &UP del Tribunale di Milano, emessa in data 4.4.2014, con la quale Bizzarri Marco
era stato condannato, applicata la diminuente per la scelta del rito, alla pena di mesi 6
di reclusione ed euro 800,00 di multa per il reato di cui all’art.73 comma 4 DPR
309/90, riconosciuta l’ipotesi di lieve entità di cui al comma 5 con giudizio di
prevalenza sull’aggravante di cui all’art.80 lett.g).
2) Ricorre per cassazione il Bizzarri, denunciando la inosservanza o erronea
applicazione della legge penale, nonché la mancanza o manifesta illogicità della
motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità per il reato ascritto.
2) Il ricorso è generico e manifestamente infondato.
2.1) La Corte territoriale ha, con motivazione adeguata ed immune da vizi logici,
ritenuto che dalle risultanze processuali emergesse la penale responsabilità
dell’imputato.
Ha infatti rilevato che il fratello dell’imputato,detenuto nella casa di reclusione di
Milano San Vittore, dopo un iniziale diniego, aveva riconosciuto che a consegnargli la
sostanza stupefacente fosse stato il congiunto nel corso del colloquio con lui avuto.
Tale dichiarazione trovava, del resto, conforto in considerazioni di carattere logico,
come già evidenziato dal primo giudice, essendo insostenibile che il detenuto, sapendo
di essere sottoposto a perquisizione dopo il colloquio, portasse con sé lo stupefacente.
La Corte ha poi esaminato la tesi difensiva, ritenendola destituita di ogni fondamento
(pag.2 sent.).
2.2) Il ricorrente, invece di censurare specificamente siffatte argomentazioni,
ripropone le medesimei generiche censure à disattese dalla Corte di merito.
Eppure l’art.581 c.p.p. richiede espressamente che l’atto di impugnazione contenga, a
pena di inammissibilità ex art.591 co.1 lett.c) c.p.p., a) i capi o i punti della decisione ai
quali si riferisce l’impugnazione; b) le richieste; c) i motivi, con l’indicazione specifica
delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
2.3) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a
favore della cassa delle ammende della somma che pare congruo determinare in euro
1.000,00, ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma d euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 22 maggio 2015
Il Consigli 9 est.
Il Presidente

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