Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29486 del 22/05/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29486 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SARTORI DAMIANO N. IL 02/01/1988
avverso la sentenza n. 849/2014 CORTE APPELLO di ROMA, del
18/06/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORE SANO;

Data Udienza: 22/05/2015

1) Con sentenza del 18/6/2014 la Corte di Appello di Roma, in parziale riforma della
sentenza del Tribunale di Roma, emessa in data 12/11/2013, con la quale Sartori
Damiano, applicata la diminuente per la scelta del rito, era stata condannata per il
reato di cui agli artt.81 c.p. e 73 DPR 309/90, riconosciuta l’ipotesi di cui al comma
5, concedeva le circostanze attenuanti generiche, riducendo la pena inflitta in primo
grado a mesi 10 di reclusione ed euro 800,00 di multa, e confermando nel resto.
Ricorre per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, denunciando la carenza di
motivazione in ordine alla determinazione della pena.
2) Il ricorso è manifestamente infondato.
2.1) La Corte territoriale, con motivazione adeguata ed immune da vizi, ha determinato
la pena tenendo conto delle modalità della condotta (spaccio della sostanza
stupefacente, in una pubblica via, da parte dell’imputato che era il punto di
riferimento per i tossicodipendenti; personalità del prevenuto quale emergeva dai
precedenti penali).
Il riferimento a tali elementi, oggettivi e soggettivi, giustifica sul piano argomentativo
il criterio seguito nell’esercizio del potere discrezionale.
Peraltro, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la specifica e dettagliata
motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, è necessaria soltanto se la pena
sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti
essere sufficiente a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art.133 c.p. le
espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” (cfr. Cass.pen. Sez. 2 n.36245 del
26.6.2009).
2.2) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a
favore della cassa delle ammende della somma che pare congruo determinare in euro
1.000,00, ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma d euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 22 maggio 2015
Il Presidente
Il Consiglie e est.

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