Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29484 del 22/05/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29484 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
D’ARCANGELO LUIGI N. IL 16/08/1974
L CCC-F._

avverso la sentenza n. 350/2014 CORTE APPELLO R-Z.DIST. di
TARANTO, del 29/09/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 22/05/2015

1) Con sentenza del 29.9.2014 la Corte di Appello di Lecce, sez. dist. di Taranto
confermava la sentenza del &UP del Tribunale di Taranto, resa in data 24.2.2014, con
la quale D’Arcangelo Luigi, applicata la diminuente per la scelta del rito, era stato
condannato alla pena di anni 8 di reclusione ed euro 30.000,00 di multa per il reato
di cui agli artt. 73 DPR 309/90, 99 comma 4 cod.pen..
Ricorre per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, denunciando la erronea
applicazione della legge penale e la mancanza, illogicità e contraddittorietà della
motivazione in relazione alla mancata esclusione della recidiva, al diniego della
concessione delle circostanze attenuanti generiche ed ( infine , in ordine alla
quantificazione della pena.
2) Il ricorso è manifestamente infondato.
2.1) Non c’è dubbio che la recidiva prevista dall’art.99 comma quarto cod.pen., come
modificata dalla L. n.251 del 2005, debba ritenersi tuttora facoltativa, salvo che si
tratti di uno dei delitti previsti dall’art.407, comma secondo lett.a), cod.pen. (art.99,
comma quinto, cod.pen.), cosicchè, allorquando il giudice ritenga- con adeguata e
congrua motivazione- di non apportare alcun aumento di pena per la recidiva, non
reputando questa come espressione di maggiore colpevolezza o pericolosità sociale,
non è operante il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle ritenute
aggravanti, previsto dal comma quarto dell’art.69 cod.pen., ed è possibile procedere
ad un giudizio di comparazione con bilanciamento. Tale interpretazione è stata
ulteriormente ribadita dalla giurisprudenza successiva (cfr.Cass.pen.sez.5 n.4221 del
9.12.2008; Cass.sez. 4 n.5488 del 29.1.2009; Cass.sez. 5 n.13658 del 30.1.2009;
Cass.sez. 5 n.28871 del 15.5.2009) ed infine dalle sezioni unite, per cui può ritenersi
ormai consolidata.
Le sezioni unite con la sentenza n.35738 del 27.5.2010 hanno, infatti, affermato che
“Una volta contestata la recidiva nel reato, anche reiterata, purchè non ai sensi
dell’art.99, comma quinto cod.pen, qualora essa sia stata esclusa dal giudice, non solo
non ha luogo l’aggravamento della pena, ma non operano neanche gli ulteriori effetti
commisurativi della sanzione costituiti dal divieto del giudizio di prevalenza delle
circostanze attenuanti, di cui all’art.69 comma quarto cod.pen., dal limite minimo di
aumento della pena per il cumulo formale di cui all’art.81 comma quarto stesso codice,
dall’inibizione dell’accesso al cosiddetto patteggiamento allargato ed alla relativa
riduzione premiale di cui all’art.444 comma 1 bis cod.proc.pen.; effetti che si
determinano integralmente qualora, invece, la recidiva non sia stata esclusa, per
essere stata ritenuta sintomo di maggiore colpevolezza e pericolosità”.
2.1.1). La Corte territoriale, con motivazione adeguata ed immune da vizi logici, ha
ritenuto che la recidiva contestata non potesse essere esclusa, essendo essa indice di
maggiore pericolosità, dal momento che il delitto di cui alla contestazione attestava il

1

OSSERVA

collegamento dell’imputato con i “grossisti” (orbitanti nella malavita organizzata) per
l’acquisto di notevoli quantitativi di sostanza stupefacente.
2.2) Anche il diniego delle circostanze attenuanti generiche risulta adeguatamente
motivato con riferimento alla gravità del fatto ed al precedente specifico.
Ai fini dell’applicabilità delle circostanze attenuanti generiche, il giudice di merito
deve riferirsi ai parametri di cui all’art.133 c.p., ma non è necessario, a tal fine, che li
esamini tutti, essendo sufficiente che specifichi a quale di esso ha inteso far
riferimento. La concessione delle circostanze attenuanti generiche è un giudizio di
fatto lasciato alla discrezionalità del giudice, che deve motivare nei soli limiti atti a
far emergere, in misura sufficiente, la sua valutazione.
2.3) Il riferimento agli elementi, oggettivi e soggettivi sopra evidenziati giustifica,
infine, sul piano argomentativo il criterio seguito nell’esercizio del potere
discrezionale nella determinazione della pena.
Peraltro, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la specifica e dettagliata
motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, è necessaria soltanto se la pena
sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti
essere sufficiente a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art.133 c.p. le
espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” (cfr. Cass.pen. Sez. 2 n.36245 del
26.6.2009).
2.4) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a
favore della cassa delle ammende della somma che pare congruo determinare in euro
1.000,00, ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma d euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 22 maggio 2015
Il Consigliere est.
Il Presidente

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