Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29481 del 23/05/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29481 Anno 2013
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: CASSANO MARGHERITA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SHEU PAL N. IL 03/05/1982
ARRA EDUARD N. IL 29/03/1987
avverso la sentenza n. 19/2011 CORTE ASSISE APPELLO di
TORINO, del 12/04/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/05/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARGHERITA CASSANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. e
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che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Uditi difensorrAvv. K kca v,cp Or
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QUI

Data Udienza: 23/05/2013

Ritenuto in fatto.

1.11 12 aprile 2012 la Corte d’assise d’appello di Torino confermava la sentenza
emessa il 15 aprile 2011, all’esito di giudizio abbreviato, dal giudice per le indagini
preliminari del locale Tribunale che aveva dichiarato Sheu Pa! e Arra Eduard
colpevoli dei delitti, contestati in forma concorsuale, di omicidio volontario di

armi comuni da sparo (artt. 110 c.p., 10, 12, 14 1. n. 497 del 1974 e successive
modifiche), di lesioni volontarie aggravate (artt. 110, 582, 585, 577 c.p.) in danno
di Cesar Ovidiu Ciupu, Marius Moise, Giancarlo Ciarpella, nonché il solo Sheu
anche del reato previsto dall’art. 367 c.p. e, ritenuta la continuazione fra i delitti,
riconosciute le circostanze attenuanti generiche e tenuto conto della diminuente per
il rito, aveva condannato Eduard Arra alla pena di quattordici anni di reclusione e
Sheu Pal a quella di quattordici anni e due mesi di reclusione, oltre alle pene
accessorie dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e dell’interdizione legale
durante la pena e al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili,
disponendo che, a pena espiata, gli imputati venissero espulsi dal territorio dello
Stato.
2.Entrambe le sentenze operavano la seguente ricostruzione dei fatti sulla scorta
delle risultanze delle consulenze balistica e medico-legale, delle testimonianze rese
dalle persone che avevano assistito ai fatti (Salvatore Palma, Pistone, Bello) o ne
erano, comunque, a conoscenza (Marzano), dei rilievi tecnici effettuati
nell’immediatezza, delle attività di sequestro.
11 17 gennaio 2010 Gina Marzano – gestore della birreria “Lo stonato” e moglie
di Noi Sheu – contattava telefonicamente le forze dell’ordine essendo spaventata
dal minaccioso passaggio, davanti alle vetrine del locale, di un gruppo di cittadini
rumeni (Adochitel, Ciupu, Raduc, Moise) a bordo di un'”Audi” 4.
La successiva uscita dall’esercizio commerciale di Dumitru Ionut Pirvan, detto
“pitbul” (buttafuori de “Lo stonato) determinava un rocambolesco inseguimento
cui partecipavano l’Aud• 166″ con Pirvan e altre persone a bordo; l'”Audi 4″ su
cui viaggiavano Adochitel, Ciupu, Raduc, Moise, la Clio di Scutariu. L’auto di
Pirvan urtava volontariamente la fiancata dell'”Audi 4″ come per chiuderla e
impedirle di riprendere la marcia. La volontarietà dell’impatto denotava, ad avviso
dei giudici di merito, un intento chiaramente aggressivo degli albanesi (Sheu,
1

Catalin Petrica Scutatiu (artt. 110, 575 c.p.), di detenzione e porto aggravato di due

Dumitru lonut Pirvan, suo fratello Stefan Marinel e un passeggero seduto sul sedile
posteriore rimasto non identificato che, scendendo, lasciava aperto lo sportello
posteriore) nei confronti dei rumeni presenti sull’Audi” (Adochitel, Ciupu, Raduc,
Moise). Dopo l’inipatto fra le due auto, fra i due gruppi si sviluppava una rissa
annata, nel corso della quale i due Pirvan infrangevano il parabrezza e
danneggiavano l’auto “Audi 4″ dei rumeni; questi ultimi reagivano aggredendo i

su entrambe le auto, di armi proprie e improprie (un bastone telescopico
nell’abitacolo dell’Audi 4” e, nei pressi della stessa, di un coltello a serramanico,
segnalato dal teste Pistone). Stefan Marine! Pirvan riusciva a scappare, mentre
Dumitru Ionut Pirvan veniva attinto da un colpo di coltello in regione
sottoscapolare sinistra e da un colpo con uno strumento privo di taglio
(presumibilmente un cacciavite) in regione glutea laterale destra.
Mentre i cinque rumeni, alcuni dei quali armati anche di bastoni, stavano
aggredendo Durnitru Ionut Pirvan, sopraggiungeva la “Mercedes” su cui
viaggiavano Sheu Pa! e Arra Eduard, armati di due pistole, i quali, alla vista di tale
scena, sparavano dal finestrino anteriore destro, in direzione del civico 30 di via
Sospello, al gruppo dei rumeni. Il colpi cal. 9 esplosi da Sheu venivano sparati ad
altezza d’uomo e attingevano Moise, che riportava una ferita d’arma da fuoco in
regione lombosacrale con ritenzione del proiettile e in zona achillea destra da
proiettile trapassante, Ciupu, attinto da una ferita d’arma da fuoco in zona cervicodorsale, nonché l’Alfa Romeo 166″. Il colpo esploso da Arra impanava contro
l’asfalto e colpiva a distanza il passante Ciarpella, secondo quanto stabilito dalle
consulenze medico-legali e balistiche. Dopo l’esplosione del primo colpo, la pistola
cal. 22 impugnata da Arra si inceppava: significative, al riguardo, venivano ritenuti
le dichiarazioni dello stesso Arra e il lasso spazio-temporale intercorso tra l’unico
colpo da lui sparato fino a quel punto e gli altri successivi all’inversione di marcia.
Dopo la prima sparatoria contro di loro, i rumeni scappavano (cfr. dichiarazioni
rese da Adochitel e dallo stesso Arra) e, in tale frangente, Scutariu si spostava dal
luogo dell’aggressione al lato opposto della strada, accanto al civico n. 21 e cercava
di allontanarsi con la pistola cal. 6,35 in pugno.
La Mercedes su cui viaggiavano Pa! Sheu ed Eduard Arra effettuava, nel
frattempo, un’inversione ad U e tornava indietro, percorrendo nuovamente lo stesso
tratto di strada di via Sospello in direzione di via Cardinal Massaia, per caricare a
2

due PIRVAN. In tale contesto, particolare rilievo veniva attribuito al ritrovamento,

bordo Dumitru lonut Pirvan. Attraverso il finestrino lato anteriore destro Arra – la
cui pistola cal. 22 erano nel frattempo divenuta nuovamente funzionante – sparava
ad altezza d’uomo verso Scutari che si trovava nei pressi del cartello stradale e del
civico n. 21 ed era armato. La vittima, colpita alla radice della coscia da due
proiettili cal. 22, uno dei quali gli recideva l’arteria femorale, moriva poco dopo a
causa di una massiva emorragia.

seguenti elementi:
risultanze della consulenza balistica, evidenziante la localizzazione sul
medesimo lato della strada del civico n. 21 del cartello stradale colpito da un
proiettile privo di incamiciatura (cal. 22, in uso ad Arra), di particelle di sparo
nell’abitacolo della Mercedes 270 solo in prossimità del finestrino anteriore destro;
accertamenti medico-legali, indicativi di un tramite intercoiporeo del proiettile
omicida pressoché parallelo a terra e da destra a sinistra;
rilievi tecnici svolti nell’immediatezza dei fatti che consentivano la
localizzazione a terra di due pozze di sangue riconducibili alla vittima: Scutaiiu
veniva colpito in prossimità di quella contrassegnata con il n. 2 e poi rotolava a
terra verso la pozza indicata con il n. 1;
testimonianza di Salvatore Palma, che guardava la scena con un binocolo dalla
sua abitazione e riferiva tale dinamica dei movimenti della vittima;
dichiarazioni rese da Pal Sheu;
risultanze delle attività di sequestro che consentivano il rinvenimento di: a) tre
bossoli cal. 22, esplosi dalla stessa arma, identificati dalla consulenza balistica in
quella in uso ad Atra; b) sette bossoli cal. 380, esplosi tutti dall’arma in uso a Pal
Sheu; c) quattro proiettili cal. 9 sparati dalla stessa arma che aveva ferito Moise
(quella in uso a Sheu); d) una cartuccia inesplosa cal. 6,35 – che presentava tracce
di scartellamento di un’arma cal. 6,35 inceppatasi – nella pozza di sangue vicina a
Scutariu; d) due proiettili inesplosi cal. 6,35 in una tasca del giubbotto della
vittima; e) una barra di metallo nel terreno vicino ad un albero; f) un tubo di
metallo sotto un’auto parcheggiata di fronte al civico n. 21 di via Sospello.
3.I,a sentenza impugnata argomentava, sulla base delle risultanze processuali in
precedenza indicate, che l’omicidio di Scutariu non era stato commesso dai due
imputati per difendere Dumitru lonut Pirvan, atteso che gli avversari, dopo avere
aggredito e percosso quest’ultimo, erano scappati, intimoriti dai colpi di pistola
3

Tale ricostruzione dell’accaduto veniva operata dai giudici sulla base dei

esplosi da Sheu ed Arra e non costituivano, quindi, più una minaccia per lo stesso
Pirvan. Veniva, altresì, escluso che l’azione omicidiaria fosse riconducibile alla
necessità dei due imputati di difendere se stessi, in quanto Sheu ed Arra, pur
vedendo gli avversari scappare spaventati, non si erano allontanati, come pure
avrebbero potuto, ma erano tornati indietro, scegliendo così il rischio di ritrovarsi
davanti Scutariu armato, perché erano ben consapevoli che, stando all’interno della

rese da Sheu il 19 gennaio).
Ad avviso dei giudici non sussisteva, pertanto, un pericolo attuale per
l’incolumità dei due ricorrenti o di Pirvan. In ogni caso, quand’anche si fosse
voluto ritenere sussistente il pericolo per la vita degli imputati e di Pirvan,
l’esimente della legittima difesa non era configurabile per motivi ancor più radicali.
Il presupposto della costrizione ad agire per la necessità di difendersi da un
pericolo attuale presuppone, infatti, che il soggetto non abbia contribuito
scientemente a dare causa all’insorgenza del rischio (Sez. 1, n. 2911 del 7 dicembre
2007).
L’antefatto prossimo della sparatoria offriva plurimi spunti per ritenere che
quella sera i due imputati (insieme ai due Pirvan e a Darie) avessero contribuito a
creare i presupposti della sparatoria e avessero essi stessi innalzato il livello dello
scontro da tempo in corso con gli avversari. Pur essendo incontestabile che la sera
dell’omicidio la prima iniziativa minacciosa era stata assunta dal gruppo dei
rumeni, come comprovato dalla chiamata ai Carabinieri effettuata dalla Marzano,
particolarmente significative apparivano alcune caratteristiche della reazione
assunta dal c.d. gruppo albanese. Alla minaccia costituita dalla presenza inquietante
di più auto che passavano davanti al locale “Lo stonato”, Dumitru Ionut Pirvan
aveva reagito uscendo in strada (dove veniva ferito), rientrando nel locale per
avvisare gli altri, uscendo immediatamente dopo, mettendosi alla guida non di una
sua auto, bensì di una rubata, previamente dotata di un vero e proprio arsenale di
oggetti atti ad offendere e armi bianche, a bordo, della quale, insieme ad un’altra
persona, si era messo ad inseguire le auto avversari. Non si trattava di una condotta
obbligata, ove si consideri che altri individui, presenti nel locale, sceglievano di
chiudere a chiave la porta, asserragliarsi in cantina, chiamare aiuto e attendere che
il pericolo passasse. Il gestore di fatto del locale (Briken Gjekai), a sua volta,
avvertiva i due imputati prima ancora che la Marzano chiamasse i Carabinieri.
4

Mercedes, diventano un bersaglio impossibile da raggiungere (cfr. dichiarazioni

L’analisi dei tabulati acquisiti evidenziava che non era stato il ritardo delle forze
dell’ordine a determinare l’intervento di Sheu ed Arra che, per loro stessa
ammissione, a seguito delle minacce dei rumeni, si erano già dotati di due pistole
che portavano sempre con sé affinché fossero prontamente utilizzabili in caso di
bisogno contro di loro e, la sera del fatto, erano stati subito chiamati da Gjekai che
li sapeva armati.

intervenuti, i due imputati non si erano limitati a difendere Pirvan, impegnato
nell’inseguimento, bensì avevano tenuto un comportamento obiettivamente
offensivo, come comprovato dal fatto che avevano superato l’auto condotta da
Pirvan, ferma ad un semaforo, avevano sparato alla ruote dell’Audi 4″, ove si
trovavano i rumeni, avevano omesso di chiedere l’intervento a loro difesa dei Vigili
urbani trovati lungo il tragitto. Lo stesso Dumitru Ionut Pirvan, a sua volta, si era
diretto volontariamente contro l’Audi 4″ degli avversari, l’aveva bloccata e aveva
cominciato a infrangere, con gli strumenti in suo possesso, il parabrezza e la
carrozzeria dell’auto avversaria.
Tutte le condotte poste in essere da Sheu, Arra e Pirvan non costituivano,
quindi, una reazione auto difensiva obbligata all’aggressione altrui (art. 52 c.p.).,
ma piuttosto un’azione ritorsiva sproporzionata e per nulla necessitata,
contraddistinta dall’innalzamento del livello dello scontro fino alla sparatoria e
dalla cosciente accettazione del pericolo invocato, invece, dalla difesa come
presupposto dell’esimente della legittima difesa.
4.A giudizio della Corte territoriale non sussistevano neppure i presupposti della
legittima difesa putativa, essendo da escludere che Sheu ed Arra avessero sparato e
ucciso Scutariu per l’esistenza di un reale e attuale rischio cui in quel momento essi
o Dumitru lonut Pirvan erano esposti. Gli elementi probatori acquisiti non
consentivano, infatti, di individuare elementi tali da giustificare un eventuale errore
di valutazione in cui sarebbero potuti incorrere; dunque non era neppure
configurabile una sproporzione tra la reazione adottata e la situazione avversata.
Era anche da escludere l’eccesso colposo in legittima difesa, non ricorrendo i
presupposti della scriminante con il superamento dei limiti a quest’ultima collegati
5.Ad avviso dei giudici di merito non poteva essere riconosciuta l’attenuante
della provocazione, atteso che l’omicidio era da collocare nel contesto di una
catena continua di azioni e reazioni violente tra i due opposti schieramenti in cui ad
5

La Corte territoriale sottolineava, inoltre, la circostanza che, una volta

animare gli imputati non era tanto l’ira per i soprusi iniziali, ma piuttosto la volontà
di vendetta, punizione e annientamento dell’antagonista con adozione di strumenti
micidiali. Questo atteggiamento di fredda organizzazione preventiva non poteva
essere confuso con quello stato di sommovimento emotivo che, di fronte al fatto
ingiusto altrui, fa ritenere l’agente meritevole di un’attenuazione di pena.
6.Avverso la citata sentenza ha proposto ricorso per cassazione, tramite i

formulano le seguenti censure.
Lamentano erronea applicazione della legge penale e vizio della motivazione
con riferimento all’omesso riconoscimento della scriminante della legittima difesa,
quanto meno nella forma putativa, o dell’eccesso colposo in legittima difesa.
Osservano, in proposito, che le dichiarazioni degli imputati, i quali hanno
concordemente riferito, sia pure con qualche sfumatura nelle varie occasioni, di
avere sparato contro Scutariu allorché lo videro puntare la pistola contro di loro e
di avere, quindi, esploso alcuni colpi d’arma da fuoco con direzione verso il basso
verso il gruppo della persone intente a picchiare Pirvan, sono corroborate da una
circostanza ritenuto pienamente provata dalla sentenza impugnata, ossia la
disponibilità di una pistola cal. 6.,35 da parte della vittima.
Denunciano, inoltre, illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione
alla ritenuta falsità delle versioni dei fatti fornite dagli imputati: tale giudizio,
infatti, si fonda sull’acritico recepimento della ricostruzione dell’accaduto
effettuata dai consulenti del pubblico ministero, inficiata da errori di fatto e vizi
logici con particolare riguardo: a) alla esplosione dei “due colpi” della pistola cal.
22 nei pressi del cartello stradale ove vennero rinvenuti i due bossoli, incompatibile
con le risultanze dell’autopsia da cui si evince che entrambi i colpi attinsero il
corpo di Scutariu nella zona inguinale; b) alla posizione di Ciarpella – colpito di
rimbalzo dal primo dei tre colpi esplosi dalla “rifle” cal. 22 — che, al momento
dell’avanzamento dell’auto Mercedes davanti alle due macchine incidentate, prima
dell’inversione a “u”, si trovava di spalle rispetto ad essa e, quindi, non poteva
logicamente essere attinto dal colpo sparato dal finestrino destro dell’auto; c)
all’erroneo apprezzamento della descrizione dei fatti fornita dal romeno Ciupu con
il disegno riportata a p. 16 della sentenza impugnata, atteso che il punto indicato da
Ciupu con l’asterisco è esattamente il punto indicato nelle dichiarazioni di Sheu
(cfr. disegno a pag. 35 della sentenza) e che, invece, la posizione in cui fu trovato
6

comuni difensori di fiducia, gli imputati i quali, anche mediante motivi nuovi,

Scutariu ferito si trova al punto opposto dell’incrocio nelle cui vicinanze si trova il
cartello che, secondo i consulenti del pubblico ministero, sarebbe stato raggiunto
dal colpo d’arma da fuoco; d) alla mancata valutazione della localizzazione delle
due gore di sangue, poste a distanza di alcuni metri l’una dall’altra, indicative del
fatto che Scutariu si mosse dalla posizione in cui fu colpito, circostanza a sua volta
da correlare con il ferimento di Ciamella sul lato di via Sospello, ove venne colpito

imputati; e) all’omesso apprezzamento del narrato di Ciupu Cesar, secondo cui,
dopo lo scontro con l’Alfa 166, si sarebbe immediatamente unito a loro Scutariu.
Tutti questi elementi, ove adeguatamente considerati, avrebbero dovuto portare
a ravvisare la scriminante della legittima difesa di cui sussistevano gli estremi
oggettivi o, comunque, soggettivamente percepiti come tali: un uomo armato che,
all’incrocio delle due strade, punta la pistola contro gli occupanti dell’auto
“Mercedes”; un gruppo di uomini che percuotono violentemente un individuo a
terra integrano la scriminante di cui all’art. 52 c.p.
Lamentano, altresì, violazione della legge penale e vizio della motivazione con
riguardo all’omesso riconoscimento della legittima difesa, almeno nelle forme della
putatività o dell’eccesso. Evidenziano l’erroneo rilievo attribuito dai giudici di
merito al requisito della non volontaria causazione del pericolo, non previsto
dall’art. 52 c.p. Né si può ritenere che, nel caso di specie, gli imputati abbiano
creato una situazione prodromica e strumentale rispetto al compimento di
un’offesa, atteso che essi si trovarono ad affrontare una situazione di pericolo
provocata esclusivamente dai soggetti rumeni che avevano in precedenza
minacciato gravemente la comunità albanese, stavano percuotendo Pirvan e
avevano puntato per primi l’arma contro gli imputati, come desumibile dalla
condotta posta in essere da Scutariu,.
Denunciano, inoltre, inosservanza della legge penale e vizio della motivazione
con riferimento all’omesso riconoscimento dell’attenuante della provocazione,
considerati: a) l’ingiustizia del comportamento della vittima; b) lo stato d’ira in cui
agirono gli imputati, desumibile dalle reiterate richieste di intervento delle forze
dell’ordine sollecitate da Gina Marzano, titolare del locale “Lo Stonato” e cognata
di Pal Sheu, preoccupata dalle minacce provenienti dai rumeni, nonché dalla
richiesta di aiuto avanzata telefonicamente ad Arra da parte di Briken Jekai e dal
brevissimo lasso di tempo intercorso tra la stessa e la sparatoria, indicativo
7

Scutariu, confermativa anch’essa delle veridicità delle dichiarazioni rese dagli

dell’assenza di qualsiasi programmazione punitiva; e) il legame di causalità
psicologica tra l’offesa e la reazione.
7.11 processo, originariamente fissato all’ udienza pubblica del 9 maggio 2013
dinanzi a questa Corte, con provvedimento presidenziale del 22 aprile 2013, veniva
rinviato al 23 maggio 2013.

I ricorsi non sono fondati.
1. I presupposti essenziali della legittima difesa sono costituiti dalla sussistenza
del pericolo attuale di un’offesa ingiusta. Con l’espressione pericolo deve intendersi
una situazione nella quale, alla luce delle leggi di esperienza, vi sia la probabilità (o
la rilevante possibilità) dei verificarsi di un evento lesivo. Il giudizio di pericolo
deve essere fondato sulla base delle circostanze presenti al momento
dell’aggressione, anche se accertate o accertabili solo ex post, prescindendo dagli
accadimenti successivi. Secondo un consolidato orientamento dottrinale e
giurisprudenziale il pericolo è attuale sia quando la verificazione del danno, cui si
riferisce la situazione di pericolo, appare imminente sia quando l’aggressione sia già
iniziata e sia ancora in corso di attuazione, sicché la difesa è funzionale ad evitare
ulteriori eventi dannosi o, comunque, ad evitare il consolidamento di una situazione
antigiuridica che renderebbe definitivo il danno patito dalla vittima. In entrambi i
casi, l’azione difensiva è diretta ad evitare un danno che non si è ancora verificato o,
comunque, non si è ancora verificato in tutta la sua estensione.
Il pericolo di offesa al diritto proprio o altrui non consiste semplicemente in un
generico pericolo di lesione del diritto stesso: l’espressione “offesa” evidenzia,
infatti, l’esigenza che il pericolo di offesa scaturisca da un’aggressione, ossia da una
condotta umana; e proprio tale caratteristica costituisce la principale nota
differenziale della legittima difesa rispetto allo stato di necessità.
Diversamente che in tenia di provocazione (art. 62 n. 2 e 599, comma 2, c.p.),
ove l’ingiustizia del fatto contro cui si reagisce viene per lo più riferita alla
contrarietà del fatto a nonne morali e sociali (oltre che giuridiche), al requisito
dell’ingiustizia di cui all’art. 52 c.p. deve essere assegnato un significato
strettamente giuridico: ingiusta è l’offesa vietata dall’ordinamento, ossia l’offesa
antigiuridica.

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Osserva in diritto.

2.Per essere legittima la difesa deve essere: a) costretta; b) necessaria; c)
proporzionata.
Si ha costrizione quando il soggetto subisce l’alternativa tra il reagire o tollerare
l’attacco esterno senza esserne l’artefice. Ciò si verifica quando tale alternativa non
è causata o accettata dall’aggredito o quando egli non possa sottrarvisi senza
pregiudizio. Non è, pertanto configurabile la costrizione se il soggetto agente abbia

18 febbraio 2000) o in un contesto di sfida reciproca (Sez. 5, n. 7635 del 16
novembre 2006; Sez. 1, n. 365 del 24 settembre 1999). La legittima difesa non è
neppure invocabile da parte di colui che accetti una sfida o si ponga volontariamente
in una situazione di pericolo dalla quale è prevedibile o ragionevole attendersi che
derivi la necessità di difendersi dall’altrui aggressione.
Le espressioni contenute nell’art. 52 c.p. (“necessità di difendere” e
“proporzionata all’offesa”) sono univocamente espressive del fatto che la condotta
deve risultare l’unica possibile, perché non sostituibile con altra ugualmente idonea
a paralizzare o ad attenuare il pericolo. La legittima difesa è, quindi, esclusa se
all’aggressione ingiusta l’autore possa sottrarsi senza pregiudizio (c.d. comrnodus

discessus).
La difesa è necessitata, quando la condotta difensiva prescelta dall’agente è
l’unica idonea a respingere l’aggressione; sotto questo profilo la “necessità” attiene
ai mezzi adoperati per difendersi.
La difesa è proporzionata quando il bene giuridico leso dalla condotta difensiva
è comparabile con quello che era stato attaccato dal’azione offensiva ingiusta alla
luce della tavola dei valori costituzionali. La valutazione della proporzione
presuppone, innanzitutto, l’analisi dei mezzi a disposizione dell’aggredito per
difendersi e la verifica della disponibilità di altri mezzi rispetto a quello
effettivamente adoperato.
Peraltro, il criterio della proporzione tra beni è intrinsecamente insufficiente,
occorrendo tenere presenti anche: l’intensità del pericolo cui i due beni sono esposti;
lo stato soggettivo dell’aggressore; il grado della costrizione; la consistenza della
necessità.

3.La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei principi sinora
enunciati e, con iter argomentativo immune da vizi logici o giuridici, ha escluso la
9

agito non per scopo difensivo, ma per risentimento o ritorsione (Sez. 1, n. 3200 del

configurabilità della legittima difesa. In tale prospettiva ha, in primo luogo,
evidenziato che, al momento degli spari d’arma da fuoco contro Scutariu, la
contrapposizione tra i due gruppi degli albanesi e dei rumeni non era in atto, la
vittima si trovava da sola, a piedi, annata sul lato opposto rispetto a quello in cui si
era sviluppato lo scontro, gli altri avversari si erano tutti dati alla fuga, intimoriti dai
colpi di pistola in precedenza esplosi dai due imputati, questi ultimi si trovavano

forma di aggressione nei loro riguardi ad opera di Scutariu o di altre persone, non
sussisteva alcuna perdurante situazione di pericolo per Dumitru Ionut Pirvan, ormai
già ferito a terra. Sulla base di tali considerazioni, fondate su una puntuale analisi
delle emergenze processuali acquisite, in precedenza richiamate, è stato escluso, con
motivazione immune da vizi logici e giuridici, che ricorresse una situazione di
pericolo attuale per l’incolumità dei due ricorrenti o di Dumitru Ionut Pirvan.
I giudici territoriali hanno, inoltre, correttamente valorizzato la circostanza che
Sheu Pal e Arra, pur potendo realizzare un commodus discessus allontanandosi
velocemente a bordo dell’auto, avevano consapevolmente e deliberatamente scelto
di effettuare l’inversione di marcia e di tornare sul luogo del fatto, accettando il
rischio di incontrare Scutariu armato, consci di essere protetti dall’abitacolo
dell’autovettura su cui viaggiavano e di rappresentare, pertanto, un bersaglio
impossibile da raggiungere.
La sentenza impugnata ha, inoltre, inquadrato il comportamento serbato da Sheu
Pal e Eduard Arra nei confronti di Scutariu alla luce delle condotte da essi
complessivamente realizzate il giorno dell’omicidio. Essi, infatti, intervenuti su
richiesta dei loro connazionali, non si limitavano a difendere Dumitru Ionut Pirvan,
impegnato nell’inseguimento degli avversari, bensì tenevano un comportamento
obiettivamente offensivo, come comprovato dal fatto che, dopo avere sorpassato
l’autovettura su cui viaggiava Dumitru Ionut Pirvan, sparavano alla ruote
dell’Audi 4″ su cui viaggiavano i rumeni.
Il loro intento obiettivamente aggressivo è stato, inoltre, desunto dal fatto che i
due ricorrenti, pur potendo sollecitare l’intervento della forza pubblica (una
pattuglia di Vigili urbani incontrata lungo il percorso), avevano omesso di
richiedere aiuto all’autorità pubblica, optando scientemente e volontariamente per
non consentite forme violente di aggressione dell’altrui integrità fisica.

lo

sull’autovettura Mercedes, ciascuno in possesso di armi, non si era verificata alcuna

Nelle condotte poste in essere da Sheu, Arra e Pirvan non sono stati, quindi,
correttamente ravvisati i requisiti della costrizione, della necessità e della
proporzione, richiesti dall’art. 52 c.p. ai fini dell’applicazione della causa di
giustificazione disciplinata dalla suddetta disposizione.
Contrariamente a quanto argomentato dalla difesa, la determinazione volontaria
dello stato di pericolo esclude la configurabilità della legittima difesa non per la

necessità della difesa, sicché l’esimente non è applicabile a chi agisce nella
ragionevole previsione di determinare una reazione aggressiva, accettando
volontariamente la situazione di pericolo da lui determinata (Sez. 1, n. 12740 del
20 dicembre 2011; Sez. 1, n. 2654 del 9 novembre 2011; Sez. 1, n. 2911 del 7
dicembre 2007; Sez. 1, n. 15025 del 14 febbraio 2006; Sez. 1, n. 10406 del 18
gennaio 2005).

4.La sentenza impugnata è esente dai vizi denunciati anche nella parte in cui ha
escluso la sussistenza della legittima difesa putativa.
La legittima difesa putativa postula i medesimi presupposti di quella reale con la
sola differenza che, nella prima, la situazione di pericolo non sussiste
obiettivamente, ma è supposta dall’agente a causa di un erroneo apprezzamento dei
fatti. Tale errore – che ha efficacia esimente se è scusabile e comporta
responsabilità di cui all’art. 59, comma ultimo, c.p. quando sia determinato da colpa
– deve in entrambe le ipotesi trovare adeguata giustificazione in qualche fatto che,
sebbene malamente rappresentato o compreso, abbia la possibilità di determinare
nell’agente la giustificata persuasione di trovarsi esposto al pericolo attuale di

un’offesa ingiusta, sicché la legittima difesa putativa non può valutarsi alla luce di
un criterio esclusivamente soggettivo e desumersi, quindi, dal solo stato d’animo
dell’agente, dal solo timore o dal solo errore, dovendo, invece, essere considerata
anche la situazione obiettiva che abbia determinato l’errore. Essa, pertanto, può
configurarsi se e in quanto l’erronea opinione della necessità di difendersi sia
fondata su dati di fatto concreti, di per sé inidonei a creare un pericolo attuale, ma
tali da giustificare, nell’animo dell’agente, la ragionevole persuasione di trovarsi in
una situazione di pericolo, persuasione che peraltro deve trovare adeguata
correlazione nel complesso delle circostanze oggettive in cui l’azione della difesa
venga a estrinsecarsi.
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mancanza del requisito dell’ingiustizia dell’offesa, ma per difetto del requisito della

Alla luce di questi principi, nel caso in esame, correttamente la sentenza
impugnata ha escluso la sussistenza della legittima difesa putativa, osservando che
la situazione in cui erano venuti a trovarsi Sheu Pal ed Eduard Arra era tale da non
legittimare l’insorgere negli stessi di un errore circa l’esistenza di una situazione di
pericolo, tenuto conto del fatto che Scutariu si trovava da solo, a piedi, armato sul
lato della strada opposto rispetto a quello in cui in precedenza si era verificato lo

in essere alcun comportamento violento in danno degli imputati che si trovavano
sull’auto, protetti dall’abitacolo e, oltre a godere di una posizione di superiorità
numerica, erano entrambi armati.

5.Non meritano accoglimento neppure le censure difensive riguardanti l’omesso
riconoscimento dell’eccesso colposo in legittima difesa.
L’eccesso colposo sottintende i presupposti della scriminante con il superamento
dei limiti a quest’ultima collegati. Per stabilire se nel commettere il fatto si siano
ecceduti colposamente i limiti della difesa legittima, bisogna prima identificare i
requisiti comuni alle due figure giuridiche, poi il requisito che le differenzia:
accertata la inadeguatezza della reazione difensiva, per l’eccesso nell’uso dei mezzi
a disposizione dell’aggredito in un preciso contesto spazio temporale e con
valutazione ex ante, occorre procedere ad un’ulteriore differenziazione tra eccesso
dovuto ad errore di valutazione ed eccesso consapevole e volontario, dato che solo il
primo rientra nello schema dell’eccesso colposo delineato dall’art. 55 c.p., mentre il
secondo consiste in una scelta volontaria, la quale certamente comporta il
superamento doloso degli schemi della scriminante (Sez. I, n. 45425 del 25 ottobre
2005).
La sentenza impugnata ha correttamente escluso la configurabilità dell’ipotesi
prevista dall’art. 55 c.p., evidenziando, oltre all’assenza dei presupposti di fatto
della legittima difesa in precedenza illustrati, la riconducibilità della sproporzione
della reazione dei due imputati non ad una valutazione erronea, bensì ad una
determinazione consapevole e volontaria.

6. I plurimi rilievi difensivi circa l’asserita erronea esclusione dell’esimente

della legittima difesa, anche nella forma putativa, o dell’eccesso colposo in legittima
difesa presuppongono, in realtà una non consentita lettura alternativa delle
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scontro tra i due gruppi, gli altri avversari erano scappati, Scutariu non aveva posto

emergenze processuali, sorrette da un ragionamento giuridico immune da vizi logici
e giuridici.
Alla luce della nuova formulazione dell’art. 606, lett, e), c.p.p., novellato
dall’art. 8 della L 20 febbraio 2006 n. 46, il sindacato del giudice di legittimità sul
discorso giustificativo del provvedimento impugnato deve essere volto a verificare
che la motivazione della pronunzia: a) sia “effettiva” e non meramente apparente,
della decisione adottata; b) non sia “manifestamente illogica”, in quanto risulti
sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori
nell’applicazione delle regole della logica; c) non sia internamente contraddittoria,
ovvero sia esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da
inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d)non risulti
logicamente “incompatibile” con “altri atti del processo” (indicati in termini
specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso per
cassazione) in termini tali da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il
profilo logico (Sez. 6, n. 10951 del 15 marzo 2006, n. 10951). Non è, dunque,
sufficiente che gli atti del processo invocati dal ricorrente siano semplicemente
“contrastanti” con particolari accertamenti e valutazioni del giudicante o con la sua
ricostruzione complessiva e finale dei fatti e delle responsabilità né che siano
astrattamente idonei a fornire una ricostruzione più persuasiva di quella fatta propria
dal giudicante. Ogni giudizio, infatti, implica l’analisi di un complesso di elementi
di segno non univoco e l’individuazione, nel loro ambito, di quei dati che – per
essere obiettivamente più significativi, coerenti tra loro e convergenti verso
un’unica spiegazione – sono in grado di superare obiezioni e dati di segno contrario,
di fondare il convincimento del giudice e di consentirne la rappresentazione, in
termini chiari e comprensibili, ad un pubblico composto da lettori razionali del
provvedimento.E’, invece, necessario che gli atti del processo richiamati dal
ricorrente per sostenere l’esistenza di un vizio della motivazione siano
autonomamente dotati di una forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro
rappresentazione sia in grado di disarticolare l’intero ragionamento svolto dal
giudicante e determini al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da
rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione (Sez. 6, n.
10951 del 15 marzo 2006).

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ossia realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base

Il giudice di legittimità è, pertanto, chiamato a svolgere un controllo sulla
persistenza o meno di una motivazione effettiva, non manifestamente illogica e
internamente coerente, a seguito delle deduzioni del ricorrente concernenti “atti del
processo”. Tale controllo, per sua natura, è destinato a tradursi – anche a fronte di
una pluralità di deduzioni connesse a diversi “atti del processo” e di una correlata
pluralità di motivi di ricorso — in una valutazione, di carattere necessariamente
“resistenza” logica del ragionamento del giudice. Al giudice di legittimità resta,
infatti, preclusa, in sede di controllo sulla motivazione, la pura e semplice rilettura
degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di
nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli
adottati dal giudice di merito, perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una
migliore capacità esplicativa. Queste operazioni trasformerebbero, infatti, la Corte
nell’ennesimo giudice del fatto e le impedirebbero di svolgere la peculiare funzione
assegnatale dal legislatore di organo deputato a controllare che la motivazione dei
provvedimenti adottati dai giudici di merito (a cui le parti non prestino
autonomamente acquiescenza) rispetti sempre uno standard di intrinseca razionalità
e di capacità di rappresentare e spiegare l’iter logico seguito dal giudice per
giungere alla decisione.
Esaminata in quest’ottica la motivazione della sentenza impugnata si sottrae alle
censure che le sono state mosse, perché il provvedimento, con motivazione esente
da evidenti incongruenze o da interne contraddizioni, dopo un’approfondita
disamina dei rilievi difensivi, ha illustrato le ragioni per le quali sono pienamente
condivisibili le risultanze della consulenza balistica. In proposito sottolinea che la
consulenza muove da tre dati incontrovertibili: la localizzazione sul lato della strada
del civico 21 di via Sospello delle macchie di sangue della vittima; la localizzazione
sul medesimo lato della strada del civico 21 del cartello stradale colpito da un
proiettile privo di incamiciatura, la presenza di particelle di sparo nell’abitacolo
della Mercedes 270 solo in prossimità del finestrino anteriore destro.
Questi tre elementi, coordinati fra loro, attestano, secondo i giudici che hanno al
riguardo sviluppato un corretto ragionamento giuridico, che Scutariu venne fatto
oggetto di colpi (e fu in effetti colpito) da Arra attraverso il suo finestrino destro non
quando la vittima si trovava davanti alla parte anteriore delle auto incidentate, né
mentre si trovava sull’opposto lato dell’incrocio (come disegnato da Sheu), ma
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unitario e globale, sulla reale “esistenza” della motivazione e sulla permanenza della

mentre si trovava in prossimità del civico 21; infatti lì cadde lasciando a terra il
sangue (in una prima pozza più vicina al muro dello stabile e poi, rivoltandosi a
terra, in una più centrale della strada); nel suddetto luogo è infisso il cartello stradale
che fu colpito non perché fosse un reale bersaglio, ma perché era vicino all’unico
bersaglio umano costituito da Scutariu stesso. Sulla base di questi elementi
obiettivi, tra loro logicamente correlati, la sentenza impugnata, con argomentazioni
colpito quando la Mercedes aveva fatto la inversione ad U in via Sospello,
ritrovandosi con il cofano anteriore rivolto verso l’incrocio con via Massaia e il suo
finestrino destro rivolto verso il civico n. 21. Tali dati, letti ed interpretati alla luce
della consulenza balistica, sono stati ritenuti univocamente espressivi della
circostanza che i colpi mortali contro Scutariu vennero sparati (contrariamente a
quanto sostenuto dalla difesa dei ricorrenti) solo dopo che l’autovettura su cui
viaggiavano i due imputati aveva fatto inversione ad U e Scutariu si era spostato
armato sul lato opposto della strada.
7. Non fondato è anche il motivo di ricorso concernente il mancato
riconoscimento della provocazione.
Ai fini della configurabilità dell’attenuante della provocazione occorrono: a) lo
“stato d’ira”, costituito da una situazione psicologica caratterizzata da un impulso
emotivo incontenibile, che determina la perdita dei poteri di autocontrollo,
generando un forte turbamento connotato da impulsi aggressivi; b) il “fatto ingiusto
altrui”, costituito non solo da un comportamento antigiuridico in senso stretto, ma
anche dall’inosservanza di nonne sociali o di costume regolanti l’ordinaria, civile
convivenza, per cui possono rientrarvi, oltre ai comportamenti sprezzanti o
costituenti manifestazione di iattanza, anche quelli sconvenienti o, nelle particolari
circostanze, inappropriatí; c) un rapporto di causalità psicologica tra l’offesa e la
reazione, indipendentemente dalla proporzionalità tra esse (Cass., Sez. 1, 8 aprile
2008, n. 16790, rv. 240282).
Alla luce di tali principi, la sentenza impugnata ha correttamente escluso la
sussistenza dei presupposti per l’applicazione della provocazione, tenuto conto del
complessivo quadro di contrapposizione tra gruppi avversi in cui doveva
inquadrarsi l’esplosione dei colpi d’arma da fuoco da parte degli imputati contro
Scutariu, quadro che aveva progressivamente condotto a reciproche aggressioni in
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puntuali ed esenti da contraddizioni, è giunta alla conclusione che Scutariu venne

termini tali da non consentire l’attribuzione all’una o all’altra di uno specifico fatto
ingiusto quale causa immediata della reazione. In tale prospettiva la Corte
territoriale ha inquadrato le condotte dei ricorrenti nell’ambito di una reazione,
meditata, di crescente vendetta del gruppo albanese in danno di quello rumeno e di
una progressiva esplosione di intenti vendicativi; in tale contesto, quindi, non
possono assumere rilievo giuridico, ai fini del riconoscimento dell’attenuante in

parziale del più ampio e complesso compendio probatorio.

P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, in Roma, il 23 maggio 2013.

questione, gli elementi di fatto indicati dalla difesa, costituenti una valorizzazione

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