Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29468 del 22/05/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29468 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DE ROCCO MARIA GIUSEPPA N. IL 19/03/1942
avverso la sentenza n. 2942/2013 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 06/06/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 22/05/2015

1) Con sentenza del 6/6/2014 la Corte dì Appello di L’Aquila confermava la sentenza,
emessa in data 13/12/2012 dal &UP del Tribunale di Pescara, con la quale be Rocco
Maria Giuseppa, applicata la diminuente per la scelta del rito, era stata condannata
alla pena di anni 1, mesi 6 di reclusione ed euro 3.000,00 di multa per il reato di cui
agli artt.110 c.p., 73 DPR 309/90, riconosciuta l’ipotesi di cui al comma 5.
Ricorre per cassazione l’imputata, a mezzo del difensore, denunciando la violazione di
legge ed il vizio di motivazione in ordine alla determinazione della pena.
2) Il ricorso è generico e manifestamente infondato.
2.1) La Corte territoriale, con motivazione adeguata ed immune da vizi, ha ritenuto
che all’imputata non potessero essere riconosciute le circostanze attenuanti
generiche e che la pena inflitta fosse congrua ed adeguata all’entità del fatto ed alla
personalità dell’imputata, tenuto conto, in particolare, dei precedenti anche specifici
anche se risalenti nel tempo.
Il riferimento a tali elementi giustifica sul piano argomentativo il criterio seguito
nell’esercizio del potere discrezionale.
Peraltro, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la specifica e dettagliata
motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, è necessaria soltanto se la pena
sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti
essere sufficiente a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art.133 c.p. le
espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” (cfr. Cass.pen. Sez. 2 n.36245 del
26.6.2009).
2.2) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a
favore della cassa delle ammende della somma che pare congruo determinare in euro
1.000,00, ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
bichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma dieuro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 22 maggio 2015
Il Consigliere est.
Il Presidente

OSSERVA

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