Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29449 del 17/05/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 29449 Anno 2013
Presidente: MACCHIA ALBERTO
Relatore: MANNA ANTONIO

SENTENZA
sui ricorsi proposti da Bevilacqua Armanda e Bevilacqua Domenico,
avverso la sentenza 9.5.12 della Corte d’Appello di Reggio Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Antonio Manna;
udito il Procuratore Generale nella persona del Dott. Alfredo Pompeo Viola, che
ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 9.5.12 la Corte d’Appello di Reggio Calabria confermava la
condanna inflitta il 13.5.09 dal Tribunale della stessa sede ad Armanda e
Domenico Bevilacqua per concorso in ricettazione di un telefonino cellulare di
provenienza furtiva.
Tramite il proprio difensore i Bevilacqua ricorrono con separati atti (di analogo
contenuto) contro detta sentenza, di cui chiedono l’annullamento per mancanza di
prova in ordine alla consapevolezza, da parte loro, della provenienza furtiva del
telefonino cellulare, a tal fine non potendo bastare le sole dichiarazioni in
proposito rese da Armanda Bevilacqua (ritenute dai giudici del merito reticenti o
comunque non rispondenti al vero), ascrivibili all’inquietudine di chi si trovi
esposto a potenziali conseguenze penali o al dubbio circa l’esatta provenienza del

Data Udienza: 17/05/2013

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bene, dichiarazioni che possono giustificare solo un’imputazione per incauto
acquisto e non per ricettazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1- Entrambi i ricorsi sono inammissibili perché manifestamente infondati.
Per costante orientamento di questa S.C., cui va data continuità anche nella
presente sede, ai fini della configurabilità del reato di ricettazione la prova
dell’elemento soggettivo può essere raggiunta — così come hanno fatto i giudici
provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di
occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede (cfr. ad es.
Cass. Sez. Il n. 16949 del 27.2.2003, dep. 10.4.2003; Cass. Sez. Il n. 11764 del
20.1.2003, dep. 12.3.2003; Cass. Sez. II n. 9861 del 18.4.2000, dep. 19.9.2000;
Cass. Sez. Il n. 2436 del 27.2.97, dep. 13.3.97; Cass. n. 2302/92; Cass. n.
6291/91).
Né giova agli odierni ricorrenti il richiamo al precedente giurisprudenziale
costituito da Cass. Sez. VI n. 6753 del 4.6.97, dep. 8.6.98, che in realtà non fa
altro che ribadire analogo principio nella parte in cui sancisce che la prova della
consapevolezza della provenienza delittuosa del bene oggetto di ricettazione può
ricavarsi anche da prove indirette.
2- In conclusione, va dichiarata l’inammissibilità dei ricorsi. Ex art. 616 c.p.p.
consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di
ciascuno di essi al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma
che stimasi equo quantificare in euro 1.000,00 alla luce dei profili di colpa
ravvisati nelle impugnazioni, secondo i principi affermati dalla Corte
costituzionale nella sentenza n. 186/2000.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale,
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno della somma di E 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 17.5.13.

del merito – anche sulla base dell’omessa, o non attendibile, indicazione della

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