Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29441 del 19/06/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 29441 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: GAZZARA SANTI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ROMAGNOLI ROSSANO N. IL 25/11/1969 parte offesa nel
procedimento
c/
CIOCI CARLO N. IL 23/10/1953
GIOSUE’ SANDRO N. IL 29/01/1965
GRAZIANI NAZZARENA N. IL 16/08/1957
D’ALESSANDRO VINCENZO N. IL 10/08/1953
avverso l’ordinanza n. 734/2012 GIP TRIBUNALE di MACERATA,
del 11/07/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SANTI GAZZARA;
lette/s te le conclusioni del PG Dott. dflwa_
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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 19/06/2013

RITENUTO IN FATTO
Il Gip presso il Tribunale di Macerata, con decreto dell’11/7/2012 ha
disposto la archiviazione del procedimento a carico di Carlo Cioci, Sandro
Giosuè, Nazzarena Graziani e Vincenzo D’Alessandro, indagati per il

Avverso il detto decreto propone ricorso per cassazione la difesa di
Giuseppe Romagnoli, con i seguenti motivi:
-erronea applicazione della legge penale, con conseguente abnormità del
provvedimento emesso in relazione alla esclusione dell’art. 513 cod.pen.;
-mancanza di motivazione in relazione alla esclusione degli ulteriori reati
ipotizzati, ex artt. 635, 640, 594 e 612;
-illogicità della stessa motivazione in ordine alla ritenuta insussistenza di
fatti idonei ad integrare i reati denunciati.
Il Procuratore Generale presso questa Corte ha inoltrato in atti
requisitoria scritta nella quale conclude per la inammissibilità.
La difesa del Cioci, del Giosuè, della Graziani e del D’Alessandro ha
depositato memoria chiedendo che venga pronunciata la inammissibilità
del ricorso, perché la MAC s.r.l. è stata dichiarata fallita con sentenza del
Tribunale di Macerata n. 37 del 22/5/2012, e per la manifesta
infondatezza dei motivi di annullamento formulati.
La difesa del Romagnoli ha depositato memorie, con cui contesta il
contenuto della requisitoria del Procuratore Generale ed evidenzia,
ulteriormente, le ragioni poste a fondamento della impugnazione
spiegata.

delitto di cui all’art. 513 cod.pen..

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.
Il decreto, emesso a seguito di udienza camerale, è ricorribile solo per
Mione; Cass. 4/12/2002, Umbrello ). E’, infatti, inammissibile il ricorso per
cassazione avanzato avverso il provvedimento di archiviazione per vizi di
motivazione che non si risolvano in violazione del contraddittorio, ovvero
per errores in iudicando, fondati su una diversa interpretazione della
legge sostanziale: nella specie la difesa del Romagnoli, denunciando
l’abnormità del provvedimento, si duole sostanzialmente della sua
motivazione.

Il codice processuale di rito, con particolare attenzione al delicato
passaggio determinato dalla richiesta di accesso alla giurisdizione, ha
messo a punto un meccanismo diretto a salvaguardare, da una parte, il
principio di obbligatorietà della azione penale, il controllo del giudice sulla
attività del p.m., l’interesse della parte ad ottenere giustizia, e ad evitare,
dall’altra, il ricorso improprio allo strumento della repressione penale.
La giurisprudenza di legittimità, facendo buon governo delle indicazioni
della Corte Costituzionale ( sent. n. 95/1997 ), ha interpretato gli artt.
408, 409 e 410 cod.proc.pen. privilegiando sempre di più una lettura
particolarmente attenta alla tutela di chi rivolge istanza alla giustizia ( ex
multis Cass. 24/11/2010, Ortu ).
E’, perciò, del tutto coerente con il sistema la previsione secondo la quale,
una volta garantito il confronto in contraddittorio con il denuncianteopponente, tale da metterlo in grado di rappresentare al giudice le
proprie ragioni, competa a quest’ultimo la decisione sulla configurabilità

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violazione del contraddittorio ( Cass. 3/2/2012, n. 9440; Cass. 5/12/2002,

di una ipotesi di reato, così da giustificare l’ulteriore corso del
procedimento e da imporre al p.m. l’esercizio dell’azione penale.
Conformemente a tale disciplina il Gip del Tribunale di Macerata ha
garantito il contraddittorio e, all’esito, ha adeguatamente motivato la
Costituzione.
Tenuto conto, poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte
Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il
Romagnoli abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, a norma dell’art.
616 cod.proc.pen., deve, altresì, essere condannato al versamento di una
somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in
ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1.000,00.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e
condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al
versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di euro
1.000,00.
Così deciso in Roma il 19/6/2013.

propria decisione, in ossequio al principio sancito dall’art. 111, co. 5,

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