Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29433 del 17/04/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 29433 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: SARNO GIULIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GARDINO ALBERTO N. IL 02/04/1954
avverso il decreto n. 209295/2011 GIP TRIBUNALE di MILANO, del
08/03/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIULIO SAFtNO;
lette/septite le conclusioni del PG Dott.

Udit i difensor Avv.;

Data Udienza: 17/04/2013

1. Alberto Gardino propone, per il tramite del proprio difensore, ricorso per
cassazione avverso l’ordinanza in epigrafe con la quale il gip del tribunale di
Milano accoglieva la richiesta di archiviazione formulata dal pubblico ministero
nell’ambito del procedimento penale per il reato di cui all’articolo 4 dLGS
74/2000 in relazione alle annualità fiscali 2005 – 2007 ma, contestualmente,
rigettava l’istanza di distruzione avanzata dalla difesa della documentazione da
cui avrebbe tratto origine il procedimento stesso.
Come si rileva dal ricorso l’istanza di istruzione riguardava la documentazione
trasmessa alle autorità amministrative italiane sulla base degli strumenti di
cooperazione internazionale previsti dalla direttiva 77/799/CE e della
convenzione sulla doppia imposizione in vigore tra Italia e Francia, e
riguardava in particolare la cosiddetta “lista Falciani”, ovvero un documento
formato da un ex dipendente infedele di un istituto di credito svizzero che,
abusando della propria qualifica, aveva sottratto i dati di migliaia di correntisti
riversandoli su supporto informatico del quale era entrato in possesso l’autorità
amministrativa francese.
2. La difesa aveva chiesto al PM di attivare la procedura di distruzione della
documentazione contenuta nel fascicolo d’indagine ai sensi dell’articolo 240
c.p. ma il PM non aveva ritenuto di attivarsi nel senso richiesto all’esito delle
indagini concluse con la richiesta di archiviazione.
La stessa difesa sollecitava pertanto il gip – già richiesto del provvedimento di
archiviazione da parte della procura della Repubblica- di vagliare la richiesta di
distruzione dei documenti e quest’ultimo fissava di conseguenza udienza
camerale all’esito della quale pur accogliendo la richiesta di archiviazione,
rigettava quella di distruzione dei documenti.
3. Il gip, recependo il parere contrario del PM, respingeva la richiesta
osservando che la procedura incidentale di cui all’articolo 240 c.p.p. può
essere attivata esclusivamente all’interno del procedimento penale a carico
dell’autore o utilizzatore del dossieraggio ritenendo che in quella sede la
richiesta non poteva essere accolta in quanto il procedimento principale
nell’ambito del quale la stessa era stata attivata concerneva non già condotte
di illegale raccolta delle informazioni bensì di infedele dichiarazione da parte di
uno dei contribuenti menzionati nella lista e nel merito mancando comunque la
prova che la documentazione di cui si chiedeva la distruzione fosse stata
illecitamente acquisita.
4. Deduce in questa sede il ricorrente:
4.1 l’inosservanza e/o erronea applicazione dell’articolo 240 comma 2 cpp
nonché la contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione
escludendo, anche sulla base delle motivazioni della sentenza della Corte
Costituzionale n. 173/2009, che la procedura potesse essere attivata solo
nell’ambito del procedimento a carico dell’autore/utilizzatore dell’interferenza
illecita e che anche in caso di dubbio si sarebbe dovuto disporre la distruzione.
4.2 Eccepisce inoltre l’illegittimità costituzionale dell’art. 240 cpv cpp
nell’interpretazione fornita dal GIP per violazione degli artt. 24 e 111 della
Costituzione e chiede in via subordinata la rimessione degli atti alla Corte
Costituzionale.

Ritenuto in fatto

-9r

Considerato in diritto
6. Il ricorso è inammissibile.
Lo stesso ricorrente riconosce in premessa che il pubblico ministero non si è
pronunciato sull’istanza di distruzione della documentazione e che, anzi, ha
espresso pare contrario dinanzi al GIP nel corso dell’udienza camerale disposta
da quest’ultimo.
E’ il GIP, autonomamente investito dalla richiesta del difensore del ricorrente,
ad essersi attivato, quindi, per la fissazione dell’udienza per l’esame della
richiesta di distruzione della documentazione.
Ciò contrasta all’evidenza con la procedura indicata dall’art. 240 cpp ai commi
2, 3 e 4.
Stando al disposto del comma 3 è il pubblico ministero, infatti, a dover
chiedere entro 48 ore al GIP la distruzione della documentazione dopo avere
proceduto, a mente del comma 2, alla secretazione ed alla custodia dei dati
illegalmente acquisiti.
Ed il GIP deve provvedere sulla richiesta nel contraddittorio delle parti.
Nessun autonomo potere di attivazione della pronuncia del GIP è pertanto
previsto direttamente per la parte diversa dal PM e ciò a differenza di quanto
ad esempio è sancito dall’art. 269 co. 2 cpp che facoltizza qualsiasi parte a
chiedere a tutela della riservatezza la distruzione dei verbali e delle
registrazioni relative alle intercettazioni telefoniche al giudice che ha
autorizzato o convalidato l’intercettazione.
Né si può sostenere la “dimenticanza” del legislatore sul punto.
L’esame della evoluzione normativa della disposizione dimostra come la scelta
attuale sia stata attentamente ponderata dal legislatore.
L’art. 240 cpp (documenti anonimi) che originariamente si componeva del solo
attuale primo comma con cui si stabilisce l’inutilizzabilità delle dichiarazioni
anonime fatte salve alcune eccezioni espressamente indicate, è stato dapprima
modificato dall’art. i di 22 settembre 2006 n. 259 con l’aggiunta dei commi 2 e
3.
In particolare al comma 2 si prevedeva che: “2.
L’autorita’ giudiziaria
dispone l’immediata distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti
concernenti dati e contenuti di conversazioni e comunicazioni, relativi al
traffico telefonico e telematico, illegalmente formati o acquisiti. Allo stesso
modo si provvede per i documenti formati attraverso la raccolta illegale di

5. Il ricorrente ha successivamente fatto pervenire memoria in cui ribadisce le
ragioni espresse dai motivi di ricorso evidenziando tra l’altro che accedere
all’interpretazione fatta propria dal gli) di Milano significherebbe legittimare un
trattamento deteriore nei confronti della persona offesa del dossieraggio che
sia, al conte, sottoposta ad indagini e che contrasterebbe con la Lazio della
riforma apportata nel 2006 volta al contrasto all’illegale detenzione di contenuti
dati relativi ad intercettazioni illecitamente effettuate, nonché documenti
formati attraverso la raccolta illegale di informazioni e finalizzata da prestare
più incisive misure atte ad evitare l’indebita diffusione comunicazione dei dati
così acquisiti.

ihr

informazioni. Di essi e’ vietato eseguire copia in qualunque forma. Il loro
contenuto non costituisce in alcun modo notizia di reato, ne’ puo’ essere
utilizzato a fini processuali o investigativi.”.
E dunque oltre ad estendere l’ambito di applicazione dell’art. 240 cpp
includendo nella disposizione oltre ai documenti anonimi anche quelli
illegalmente formati attraverso l’attività illecita di intercettazione o di
acquisizione comunque illegale di informazioni, il legislatore affidava all’autorità
giudiziaria il compito di procedere alla distruzione.
La soluzione adottata è stata oggetto di interventi emendatori operati dal
Senato in sede di conversione, essendosi posta la necessità di chiarire chi tra
giudice e pubblico ministero avesse l’effettivo potere di disporre la distruzione.
Il nodo è stato sciolto in favore del GIP, ma con la precisazione che lo stesso
debba procedere su istanza del solo pubblico ministero.
Non è prevista, infatti, alcuna facoltà per la parte diversa dal PM di rivolgersi al
GIP per ottenere la distruzione del documento in mancanza dell’iniziativa del
PM.
La disciplina è differente quindi rispetto a quella dettata per altre situazioni in
cui pure si pone l’esigenza di evitare la compressione di diritti fondamentali
dell’individuo quali la riservatezza (art. 269 cpp) o la proprietà (art. 263 cpp)
in assenza di reali esigenze di carattere processuale.
Ma proprio il caso di specie dimostra le ragioni della scelta operata.
Il compito di verificare ed accertare eventuali profili di illiceità nella formazione
dell’atto di cui si chiede la distruzione non può che rientrare, infatti, nella
competenza esclusiva del PM in quanto accessoria all’attività di raccolta delle
prove da parte di quest’ultimo, ferma restando ovviamente la sanzionabilità in
via autonoma di eventuali abusi.
Peraltro l’inutilizzabilità degli atti illegalmente formati a mente del comma 2
dell’art. 240 cpp nella attuale formulazione non preclude che gli stessi possano
valere come spunto di indagine, così come accade per gli scritti anonimi (cfr.
Sez. 1 sentenza del 5.12.2007 n. 45566 RV 238143).
A mente dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità consegue
l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in
favore della Cassa delle ammende, fissata in via equitativa, in ragione dei
motivi dedotti, nella misura di euro 1000.
P.Q. M .
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle
ammende, della somma di euro 1000.
Così deciso, il giorno 17.4.2013

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