Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29421 del 21/05/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 29421 Anno 2013
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da : Monachesi Stefano, n, a Macerata il 27/04/1958;

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Genova, in data 03/04/2012;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale T. Baglione, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio per
prescrizione;
udite le conclusioni dell’Avv. Cirilli, che si è riportato ai motivi;

RITENUTO IN

Farm

1. Con sentenza del 03/04/2012 la Corte d’appello di Genova ha confermato la
sentenza del Tribunale di Genova di condanna di Monachesi Stefano per il reato
di cui all’articolo 256, comma 1, del d. Igs. n. 152 del 2006 per avere, in qualità
di legale rappresentante della Smea Spa, gestito un impianto mobile di raccolta,
cernita e compattamento di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi per conto

Data Udienza: 21/05/2013

della ditta Cantieri Navali Italiani S.p.A. in Genova, in esso assorbito il reato di
cui all’articolo 256, comma 2, relativamente all’effettuazione di deposito
incontrollato dei medesimi rifiuti.
2. Ha presentato ricorso l’imputato, che, con un primo motivo, lamenta
mancanza di motivazione del provvedimento impugnato censurando il fatto che
ha richiamato pressoché pedissequamente la parte motivazionale della sentenza
di primo grado; si duole inoltre della mancata motivazione in ordine al disposto
assorbimento del reato di cui al capo B in quello di cui al capo A, in ordine ai
criteri di determinazione della pena ed in ordine alla esclusione del beneficio
della sospensione condizionale della pena.
Con un secondo motivo, volto a contestare contraddittorietà della motivazione e
travisamento delle prove, lamenta che la sentenza impugnata abbia fatto
derivare la ritenuta esclusione, nella specie, del deposito temporaneo dallo
stoccaggio di rifiuti privi di etichettatura e tra loro mischiati indifferentemente,
dall’assenza di registri di carico e scarico e dall’assenza di bacini di contenimento
e di tettoie apposite in modo tale che le piogge potevano dilavare i rifiuti e
fuoruscire da un’altra parte dell’area; tali affermazioni infatti sarebbero
contrastate dagli elementi fattuali emersi, posto che gli accertatori, all’esito di un
accertamento di tipo essenzialmente statico, non hanno provveduto alla
individuazione e alla campionatura e all’analisi dei rifiuti, non hanno provveduto
ad acquisire i registri di carico e scarico presso il produttore e non hanno
accertato se i rifiuti fossero stati avviati a deposito nella data del 12 dicembre
2006 o in data precedente; parimenti l’area di deposito era risultata coperta da
tettoia e caratterizzata da fondo di permeabilità, mentre le attività di cernita e di
compattamento dovevano ritenersi compatibili con il deposito temporaneo in
quanto preordinate al trasporto altrove dei rifiuti. Lamenta inoltre, riportando
integralmente i verbali dell’udienza del 9 novembre del 2009 e dell’udienza del
22 febbraio 2010 il travisamento della prova rappresentato dalla omessa
valutazione della testimonianza della teste a discarico Cristina Baldini.
Con un terzo motivo lamenta la violazione degli articoli 15,133 e 163 c.p. in
relazione alla norma di cui all’articolo 256 del d. Igs. cit.; precisa che entrambe le
sentenze non consentono all’imputato di conoscere il motivo del disposto
assorbimento, i criteri adottati per la determinazione della pena e le ragioni
ostative al beneficio della sospensione condizionale; con riguardo al primo
aspetto lamenta che, pur a fronte del formale assorbimento, i giudici hanno nei
fatti ritenute integrate entrambe le fattispecie senza tenersi conto che
2

quest’ultimo, disancorato dai motivi di gravame presentati con l’atto d’appello,

l’effettuazione di deposito incontrollato di rifiuti speciali pericolosi e non
pericolosi è inconciliabile con la gestione di impianto mobile giacché il deposito
incontrollato si realizza solo quando non miri ad operazioni di smaltimento o
recupero; in definitiva i giudici avrebbero, piuttosto che procedere
all’assorbimento, dovuto pervenire ad un giudizio di insussistenza del fatto sub
5; quanto alla determinazione della pena, la pericolosità del fatto è rimasta

definitiva, deve ritenersi illegittimo l’incremento della pena adottato
probabilmente sul presupposto della pericolosità dei rifiuti in realtà non
verificata; quanto al diniego della sospensione condizionale della pena ricorda
che la concessione di tale beneficio costituisce esercizio di un potere attribuito in
vista della finalità rieducativa della pena sì che non sono ipotizzabili la necessità
di istanza da parte dell’imputato né il potere della stessa di rinunciare al
beneficio

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. I primi due motivi sono inammissibili in quanto volti a dedurre questioni

puramente fattuali ponendosi nella prospettiva, del tutto estranea all’orizzonte
cognitivo di questa Corte, di contrasto delle affermazioni rese dalla sentenza
Impugnata non già sotto il profilo della mancanza o illogicità della motivazione,
bensì ponendovi a raffronto, in particolare a confutazione degli accertamenti di P.
G. operati, una serie di circostanze tutte in fatto (come tali qualificate, del resto,
dallo stesso ricorrente : vedi pag. 15) asseritamente non considerate; così
facendo, non si considera, però, che anche dopo la modifica dell’art. 606 lett.
e) c. p. p., per effetto della legge n. 46 del 2006, è restata immutata la
natura del sindacato che la Corte di Cessazione può esercitare sui vizi della
motivazione, continuando a restare preclusa, al giudice di legittimità, la pura e
semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione
o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o
valutazione dei fatti; ne’ il riferimento del vizio di motivazione anche agli
“altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame” ha
mutato l’oggetto di tale giudizio, che resta limitato alla contrarietà di un
provvedimento alle norme di legge, con esclusione della verifica della
correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali (tra le altre, Sez. 5,
n. 17905 del 23/03/2006, Baratta, Rv. 234109).
Quanto poi alle dichiarazioni della testimone Baldini, il ricorso, che riporta la
trascrizione dei verbali della deposizione, non specifica, però, in violazione di
3

indimostrata a fronte dell’assenza di prelievi, campionamenti ed analisi; in

quanto richiesto dall’art. 581 c.p.p., perché le stesse contrasterebbero con la
valutazione effettuata dalla Corte territoriale; va in ogni caso considerato che
l’art. 208, comma 17, del d. Igs. n. 152 del 2006, invocato in ricorso, rimanda
al deposito temporaneo effettuato nel rispetto dell’art. 183 lett. m), rispetto che,
invece, nella specie, secondo quanto accertato dai giudici di merito, non v’è stato
quanto meno in relazione alla necessaria omogeneità dei rifiuti e alla
Va del resto ricordato che, secondo quanto già affermato da questa Corte,
allorché il deposito dei rifiuti manchi dei requisiti fissati dall’art. 183 del d. Igs. 3
aprile 2006 n. 152 per essere qualificato quale temporaneo, si realizzano,
secondo i casi: a) un deposito preliminare, sanzionato dall’ art. 256, comma 1, d
.Igs. n. 152 del 2006), se il collocamento dei rifiuti è prodromico ad una
operazione di smaltimento; b) una messa in riserva in attesa di recupero,
sanzionata dell’ art. 256, comma 1, del d .Igs. n. 152 del 2006, che, quale forma
di gestione, richiede il titolo autorizzativo; c) un deposito incontrollato od
abbandono, sanzionato, amministrativamente o penalmente, secondo i casi,
dagli artt. 255 e 256, comma 2, d. Igs. 152 del 2006, quando i rifiuti non sono
destinati ad operazioni di smaltimento o di recupero; d) una discarica abusiva,
sanzionata dall’art. 256, comma 3, d. Igs. n. 152 del 2006, quando l’abbandono
è reiterato nel tempo e rilevante in termini spaziali e quantitativi (cfr. Sez. 3,
n,49911 del 10/11/2009 Rv. 245865).
Correttamente, quindi, la sentenza impugnata ha ritenuto, nella specie, integrato
il reato di cui all’art. 256, comma 1, del d. Igs. n, 152 del 2006.
4.

Il terzo motivo è inammissibile quanto alle doglianze riguardanti la

commisurazione della pena e il diniego della sospensione condizionale perché
proposte nella presente sede per la prima volta.
In relazione poi al contestato assorbimento del reato sub b) di cui all’art. 256,
comma 2, in quello sub a) per cui è intervenuta condanna, la doglianza appare
inammissibile per mancanza di interesse; infatti, poiché detto assorbimento
appare discendere dalla ragione, sia pure non esternata dal Tribunale, ma
Implicitamente ricavabile dalla motivazione, che il fatto sub b), riguardante la
condotta di deposito incontrollato di rifiuti, sarebbe interamente ricompreso nel
fatto sub a) riguardante la raccolta dei rifiuti stessi, l’assorbimento dichiarato
appare, a ben vedere, equivalere ad una pronuncia assolutoria nei confronti della
quale, a prescindere dalle motivazioni, non appare sussistere interesse a
ricorrere dell’imputato in mancanza di conseguenze sfavorevoli neppure indicate
dal ricorrente; l’interesse all’impugnazione dell’imputato, che deve essere
4

etichettatura di cui ai numeri 3 e 4 della predetta lett. m).

concreto ed attuale, sussiste infatti laddove detta impugnazione sia preordinata
ed idonea alla eliminazione di un atto pregiudizievole e comunque lesivo della
sua sfera giuridica, anche se involgente effetti extrapenali (cfr. Sez. 5, n.
17411 del 08/03/2007, Stola ed altro, Rv. 236637); e nella specie, dal
pronunciato assorbimento non deriverebbe alcun effetto pregiudizievole che non

5. In definitiva il ricorso deve essere dichiarato Inammissibile. L’inammissibilità
del ricorso preclude Il rilievo delle cause di non punibilità, ivi compresa
l’estinzione del reato per prescrizione, maturata in data 05/07/2012 e dunque
successivamente alla pronuncia della sentenza Impugnata, essendo detto ricorso
inidoneo ad instaurare validamente il rapporto di impugnazione; (cfr., per tutte,
Sez. U., n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266).
6.

All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al

pagamento delle spese del grado, e della somma indicata in dispositivo, ritenuta
equa, in favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell’art. 616 c.p.p.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa

delle ammende.
Così deciso in Roma Il 21 maggio 2013
Il Co gli

est.

Il Presidente

sia già ricompreso in quelli discendenti dalla pronuncia di condanna.

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