Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29414 del 05/04/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 29414 Anno 2016
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: RICCARDI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Nemec Vido, nato in Slovenia il 16/11/1953;
Kostolansky Marek, nato a Bratislava (Ungheria) il 14/12/1972

avverso l’ordinanza del 02/10/2015 del Tribunale di Foggia

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Giuseppe Riccardi;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Giuseppe Corasaniti, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del Tribunale di Foggia emessa in data 02/10/2015 veniva
accolto il ricorso limitatamente al dissequestro dell’autoarticolato e rigettata
l’istanza di riesame limitatamente agli olii ed alle cisterne proposta avverso il
decreto di convalida del sequestro probatorio del PM presso il medesimo
Tribunale, disposto in relazione al reato di sottrazione di prodotti energetici
all’accertamento ed al pagamento delle accise, di cui all’art. 40, comma 1, lett.
b), d.lgs. 504 del 1995; sul rilievo che fossero ancora in corso le indagini

Data Udienza: 05/04/2016

4.

finalizzate a verificare la natura del prodotto trasportato, sotto il profilo
evidenziato dalle indagini difensive, alla stregua delle quali non si trattava di
gasolio per autotrazione, bensì di olii lubrificanti utilizzati come agenti per il
distacco dei materiali dagli stampi nell’edilizia o come solvente organico
nell’industria chimica, il Tribunale disponeva il dissequestro dell’autoarticolato
utilizzato per il trasporto, ritenendo non più sussistente la finalità probatoria,
confermando il sequestro probatorio degli olii e delle cisterne.
2. Ricorrono per cassazione Nemec Vido e Kostolansky Marek, chiedendo

1) violazione di legge e vizio di motivazione, per l’omessa motivazione
dell’ordinanza sulla sussistenza delle esigenze probatorie anche per le cose che
costituiscono corpo del reato;
2) mancata assunzione di una prova decisiva e vizio di motivazione, non
avendo l’ordinanza impugnata valutato le prove dedotte dalla difesa sulla natura
del prodotto in sequestro, non assimilabile al gasolio per autotrazione;
3) violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’esistenza di un
vincolo pertinenziale tra beni in sequestro e esigenze probatorie, in quanto sul
prodotto erano già state eseguite indagini sia dell’accusa che della difesa.

3. Il Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione ha chiesto
il rigetto del ricorso, in quanto deduce in realtà vizi della motivazione, non già
violazioni di legge.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. L’ordinanza impugnata ha rigettato la richiesta di riesame del sequestro
probatorio della cisterna e del prodotto petrolifero, sul rilievo che, a differenza
dell’autoarticolato, che è stato restituito, dovessero ancora espletarsi gli
accertamenti sulla natura del prodotto.
Il primo motivo è manifestamente infondato, in quanto censura l’omessa
motivazione in ordine alle esigenze probatorie che fonderebbero il mantenimento
del sequestro probatorio.
Al riguardo, giova rammentare che in tema di riesame delle misure cautelari
reali, nella nozione di “violazione di legge” per cui soltanto può essere proposto
ricorso per cassazione a norma dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., rientrano
la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente
apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma

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4-

l’annullamento dell’ordinanza per i seguenti motivi:

non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità
soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e)
dell’art. 606 stesso codice (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Ferazzi, Rv. 226710,
in una fattispecie relativa ad annullamento dell’ordinanza di riesame
confermativa del sequestro probatorio di cose qualificate come corpo di reato e
del tutto priva di motivazione in ordine al presupposto della finalità probatoria
perseguita in funzione dell’accertamento dei fatti).
Al riguardo, inoltre, il decreto di sequestro probatorio delle cose che

motivazione in ordine alla sussistenza della relazione di immediatezza tra la “res”
sequestrata ed il reato oggetto di indagine, non anche in ordine alla necessità di
esso in funzione dell’accertamento dei fatti, poiché l’esigenza probatoria del
corpo del reato è “in re ipsa”; esso implica, tuttavia, che siano descritti gli
estremi essenziali di tempo, di luogo e di azione del fatto in modo da dar conto
della relazione di immediatezza descritta nell’art. 253 cod. proc. pen. fra la cosa
oggetto di sequestro e l’illecito penale (Sez. 2, n. 50175 del 25/11/2015,
Scarafile, Rv. 265525; in senso parzialmente difforme, Sez. 3, n. 45034 del
24/09/2015, Zarrillo, Rv. 265391, secondo cui il decreto di sequestro emesso ai
sensi dell’art. 253 cod. proc. pen. deve contenere, a pena di nullità, idonea
motivazione in ordine alle esigenze probatorie che rendono necessario assicurare
la cosa al procedimento, posto che le stesse non possono ritenersi intrinseche
nella natura di “corpo del reato” del bene sottratto).
Ebbene, nel caso in esame, premesso che il sequestro probatorio ha avuto
ad oggetto i prodotti petroliferi e la cisterna ove sono contenuti, che, ai sensi
dell’art. 44 d.lgs. 504 del 1995, sono suscettibili di confisca, l’ordinanza
impugnata ha evidenziato l’esigenza probatoria che fonda il mantenimento del
vincolo reale, essendo in corso accertamenti sulla natura del prodotto
trasportato; invero, la difesa ha contestato la natura di gasolio per autotrazione,
sostenendo che si trattasse di olio lubrificante utilizzato come solvente organico
o come agente per il distacco dei materiali nell’edilizia, e dunque sono stati
opportunamente disposti approfondimenti tecnici.
In pendenza di tali accertamenti, naturalmente, non può essere disposto il
dissequestro, per la potenziale dispersione del corpo del reato; in tal senso, va
affermata la manifesta infondatezza del secondo e del terzo motivo di ricorso,
che, oltre a proporre censure riguardanti la motivazione (asseritarnente omessa
o erronea) in ordine alla versione dell’indagato, inammissibili in sede di
legittimità

(ex plurimis, Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov; Sez. 5,

n. 35532 del 25/06/2010, Angelini; Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele),

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aL

costituiscono corpo del reato deve essere sorretto, a pena di nullità, da idonea

sono assorbite dalla espressa indicazione, da parte dell’ordinanza impugnata,
delle finalità probatorie sottese al mantenimento del vincolo.

3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al
pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di denaro
in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo determinare in
Euro 1.500,00: infatti, l’art. 616 cod. proc. pen. non distingue tra le varie cause
di inammissibilità, con la conseguenza che la condanna al pagamento della

inammissibilità dichiarata ex art. 606 cod. proc. pen., comma 3, sia nelle ipotesi
di inammissibilità pronunciata ex art. 591 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna .4 ricorrentt, al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.500,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso in Roma il 05/04/2016

Il Consigliere estensore

Il Presidente

sanzione pecuniaria in esso prevista deve essere inflitta sia nel caso di

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