Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29413 del 05/04/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 29413 Anno 2016
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: RICCARDI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Auteri Raffaele, nato a Palermo il 23/12/1986;

avverso l’ordinanza del 10/08/2015 del Tribunale di Palermo

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Giuseppe Riccardi;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Aurelio Galasso, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del Tribunale di Palermo emessa in data 10/08/2015
veniva rigettata l’istanza di riesame proposta avverso il decreto di sequestro
preventivo per equivalente del Gip del medesimo Tribunale, disposto in relazione
al reato di omesso versamento dell’IVA per l’anno di imposta 2011, di cui all’art.
10

ter d.lgs. 74 del 2000.
2.

Ricorre per cassazione il difensore di Auteri Raffaele, Avv. Marco

Clementi, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza per violazione di legge, non
avendo l’ordinanza impugnata motivato in ordine alla fondatezza dell’accusa,

Data Udienza: 05/04/2016

sotto il profilo della sussistenza del fumus commissi delicti, ed in ordine alla
sussistenza di un collegamento tra il reato contestato e il bene da sequestrare.

3. Il Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione ha chiesto
dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, in quanto i motivi proposti deducono in
realtà vizi della motivazione, non già violazioni di legge; il richiamo alla nota
dell’Agenzia delle Entrate è sufficiente a dimostrare l’omesso versamento
dell’IVA, e, trattandosi di confisca per equivalente, non è necessaria la verifica di

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Il primo profilo di censura, relativo all’omessa motivazione in ordine alla
sussistenza del fumus commissi delicti, è inammissibile perché deduce, in realtà,
vizi di motivazione, non proponibili in materia cautelare reale in sede di
legittimità, senza che possa ipotizzarsi una mancanza assoluta di motivazione
tale da integrare gli estremi della violazione di legge.
È pacifico che in materia cautelare reale il ricorso per cassazione contro
ordinanze di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo
per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in
iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere
l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto
mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza
e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice
(ex plurimis, Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Iva nov; Sez. 5,
n. 35532 del 25/06/2010, Angelini; Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele).
Peraltro, la doglianza è manifestamente infondata, in quanto il riferimento
alla nota dell’Agenzia delle Entrate attestante l’omesso versamento dell’IVA per
un importo di C 384.420,00 è idoneo ad individuare i presupposti fattuali e
giuridici del sequestro, anche in considerazione della natura omissiva propria del
reato, che, salvo casi particolari e/o deduzioni difensive concernenti
l’individuazione dell’autore, non pretende accertamenti investigativi ulteriori.
Il motivo, dunque, si risolve in censure alla motivazione dell’ordinanza con
riferimento al giudizio di consistenza del fumus del reato ipotizzato, non
proponibili in sede di legittimità.

*
2

un nesso pertinenziale.

3. Il secondo profilo di censura, concernente l’assenza di un collegamento
tra il reato contestato e il bene da sequestrare, è manifestamente infondato,
essendo pacifico che qualora il profitto tratto da taluno dei reati per i quali è
prevista la confisca per equivalente sia costituito da denaro, l’adozione del
sequestro preventivo non è subordinata alla verifica che le somme provengano
dal delitto e siano confluite nella effettiva disponibilità dell’indagato, in quanto il
denaro oggetto di ablazione deve solo equivalere all’importo che corrisponde per
valore al prezzo o al profitto del reato, non sussistendo alcun nesso pertinenziale

Marseglia, Rv. 254175; Sez. 2, n. 21228 del 29/04/2014, Riva Fire S.p.a., Rv.
259717; Sez. 1, n. 28999 del 01/04/2010, Giordano, Rv. 248474).

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al
pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di denaro
in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo determinare in
Euro 1.500,00: infatti, l’art. 616 cod. proc. pen. non distingue tra le varie cause
di inammissibilità, con la conseguenza che la condanna al pagamento della
sanzione pecuniaria in esso prevista deve essere inflitta sia nel caso di
inammissibilità dichiarata ex art. 606 cod. proc. pen., comma 3, sia nelle ipotesi
di inammissibilità pronunciata ex art. 591 cod. proc. pen. .

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.500,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso in Roma il 05/04/2016

Il Consigliere estensore

Il Presidente

tra il reato e il bene da confiscare (Sez. 3, n. 1261 del 25/09/2012, dep. 2013,

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