Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29409 del 29/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29409 Anno 2015
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MARTINI MIRELLA N. IL 24/01/1970
avverso la sentenza n. 5192/2009 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 13/02/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

Data Udienza: 29/04/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 13/2/2014, la corte d’appello di Bologna ha confermato la
condanna di Mirella Martini alla pena di giustizia in relazione al furto commesso in
Piacenza, il 6/7/2007.
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione l’imputata,
dolendosi della violazione di legge in cui sarebbe incorsa la corte territoriale nel
ritenere sussistente la circostanza aggravante della violenza sulle cose (ex art. 625, n.
2, c.p.), con il conseguente mancato approfondimento del tema relativo alla validità

dell’imputata quale furto consumato invece che tentato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
Osserva il collegio come la corte territoriale abbia correttamente qualificato la
condotta dell’imputata quale furto consumato, avendo sottolineato come la Martini lungi dall’essere stata sottoposta al continuo controllo della persona offesa, o da
personale di vigilanza a ciò preposto, nel corso della condotta furtiva – fosse stata
fermata solo dopo aver passato le casse dell’esercizio commerciale a causa
dell’attivazione del segnale di allarme acustico di sicurezza; ciò posto, deve ritenersi
che la stessa avesse già completato l’azione di impossessamento della refurtiva,
avendola già sottratta al controllo della persona offesa, nella specie allertata
unicamente dopo l’avvenuto impossessamento.
Allo stesso modo, il giudice d’appello ha correttamente confermato il riscontro
della sussistenza della circostanza aggravante della violenza sulle cose (art. 625, n. 2,
c.p.) (con il conseguente assorbimento di ogni questione relativa alla validità e/o
efficacia della querela), atteso che le merci asportate apparivano danneggiate, a
riscontro della violenza sulle stesse praticate al fine di rimuovere i dispositivi
antitaccheggio per eludere i controlli alle casse già oltrepassate al momento del fermo.
3.

Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso segue la condanna della

ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in
favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione, dichiara inammissibile il ricorso e condanna la
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in
favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 29/4/2015

DEPOSITATA i

della querela sporta dalla persona offesa, nonché per aver qualificato la condotta

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