Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29404 del 29/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29404 Anno 2015
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FALAH SAID N. IL 05/04/1981
MIRANI SAID N. IL 07/09/1976
avverso la sentenza n. 9366/2012 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 17/01/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

Data Udienza: 29/04/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 17/1/2014, la corte d’appello di Bologna, tra le
restanti statuizioni, ha confermato la condanna di Falah Said e di Mirani Said alla
pena di giustizia in relazione a due episodi di furto aggravato, di cui uno ai sensi
dell’art. 625 n. 4 (c.d. furto con destrezza), commessi in Modena, il 12/10/2006.
Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del comune difensore, hanno
proposto ricorso per cassazione entrambi gli imputati, dolendosi della violazione
di legge in cui sarebbe incorsa la corte territoriale per aver ritenuto sussistente

625 n. 4 c.p..
Con memoria pervenuta in data 23/2/2015, il difensore dei ricorrenti ha
invocato l’accertamento dell’ammissibilità del ricorso con la conseguente
dichiarazione dell’intervenuta prescrizione dei reati contestati.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2. I ricorsi sono inammissibili per genericità e manifesta infondatezza.
Osserva il collegio come, secondo il consolidato orientamento della
giurisprudenza di legittimità, deve ritenersi inammissibile il ricorso per
cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già affrontate e
risolte dal giudice del gravame, dovendosi considerare, detti motivi, affetti da
aspecificità.
La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non
solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di
correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste
a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni
del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente
dell’art. 591 co. 1 lett. c), c.p.p., all’inammissibilità del ricorso (Sez. 4,
Sentenza n. 5191 del 29/03/2000, Rv. 216473).
Nella concreta fattispecie, la Corte territoriale ha dato adeguatamente conto
del proprio convincimento, evidenziando come, al fine di compiere l’azione
furtiva, gli imputati si fossero avvalsi della circostanza del momentaneo
allontanamento (“per qualche attimo”) della persona offesa, al fine di
impossessarsi della relativa borsa.
Tale ricostruzione appare in linea con il consolidato orientamento della
giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale, in tema di furto, ai fini della
configurabilità dell’aggravante della destrezza è sufficiente che si approfitti di uno
stato di tempo e di luogo tali da attenuare la normale attenzione della parte lesa
nel mantenere il controllo ovvero la vigilanza sulla cosa, rientrando nel concetto
di destrezza qualsiasi modalità della azione furtiva idonea a non destare la

2

la circostanza aggravante della commissione del furto con destrezza di cui all’art.

suddetta attenzione (cfr., ex plurimis, Sez. 5, Sentenza n. 640 del 30/10/2013,
Rv. 257948).
Osserva sul punto il collegio come le censure sollevate dalla difesa, rispetto
alle argomentazioni dipanate nella sentenza, valgono ad esprimere unicamente
un generico dissenso rispetto alla ricostruzione del fatto operata dal giudice a
quo, invitando a una rilettura nel merito della vicenda, non consentita nel
giudizio di legittimità, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata
(oltre che corretta sul piano giuridico) logicamente coerente e argomentata con

profili di macroscopica illogicità, che soli, potrebbero assumere rilevanza in
questa sede.

3 . Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso – suscettibile di escludere
la rilevanza dell’eventuale sopravvenienza di cause di estinzione del reato (cfr.
Sez. Un., Sentenza n. 32 del 22/11/2000, Rv. 217266) – segue la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00
in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione, dichiara inammissibili i ricorsi e
condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della
somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 29/4/2015

Il Consigliere est.

linearità, non apprezzandosi, nelle argomentazioni proposte dalla ricorrente, quei

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