Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29402 del 09/06/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 29402 Anno 2016
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: MENGONI ENRICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Coccetti Nicola, nato a Biella il 13/2/1987

avverso la sentenza dell’8/7/2015 del Tribunale di Biella;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale Giuseppe Corasaniti, che ha concluso chiedendo il rigetto
del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza dell’8/7/2015, il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Biella applicava a Nicola Coccetti – ai sensi dell’art. 444 cod. proc.
pen. – la pena complessiva di tre anni, sei mesi di reclusione e 2.200,00 euro di
multa in ordine al delitto di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen., 73, comma 5, d.P.R.
9 ottobre 1990, n. 309; allo stesso erano ascritte plurime condotte di detenzione
illecita e cessione di sostanze stupefacenti, di cui a tre distinti procedimenti
penali, nell’occasione riuniti.

Data Udienza: 09/06/2016

2. Propone ricorso per cassazione il Coccetti, a mezzo del proprio difensore,
deducendo la nullità della sentenza e la carenza motivazionale in punto di
continuazione. Il Tribunale, riuniti tutti i delitti sotto il vincolo ex art. 81 cpv. cod.
pen., avrebbe individuato la fattispecie più grave in quella sub a) n. 1, per la
quale è stata riconosciuta l’ipotesi lieve di cui al comma 5 citato, non anche in
quella sub a), n. 3, che contiene la contestazione della circostanza aggravante di
cui all’art. 80, stesso decreto. Condotta, quest’ultima, che risulta più grave
dell’altra, anche dopo il bilanciamento con le circostanze attenuanti generiche.

3. Il ricorso risulta infondato.
Occorre premettere che, per costante e condiviso orientamento di
legittimità, in tema di patteggiamento, una volta che l’accordo tra l’imputato ed il
pubblico ministero è stato ratificato dal Giudice con la sentenza, il ricorso per
cassazione è proponibile soltanto nel caso di pena illegale o per questioni inerenti
all’applicazione delle cause di non punibilità di cui all’art. 129, comma primo,
cod. proc. pen. (tra le molte, Sez. 2, n. 7683 del 27/1/2015, Duric, Rv. 263431;
Sez. 6, n. 44909 del 30/10/2013, Elmezleni, Rv. 257152; Sez. 3, n. 23084 del
3/5/2011, Cicerone, Rv. 250966). Ne consegue, per converso, che non possono
essere invece sottoposte a questa Corte questioni che riguardino il merito della
responsabilità, così come la configurabilità di circostanze aggravanti od
attenuanti o l’aumento della pena a titolo di continuazione, la cui valutazione è
censurabile soltanto se appaia manifestamente incongrua (Sez. 4, n. 2500 del
9/7/1999, Varvaro, Rv. 214774).
Ciò premesso, nessuna pena illegale può esser ravvisata nel caso di specie.
Osserva la Corte, infatti, che la circostanza aggravante di cui all’art. 80,
d.P.R. n. 309 del 1990 – contestata al Coccetti con riferimento al solo reato sub
a) n. 3 (del proc. n. 2986/2014) – è stata elisa dal riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche; del pari, tutti gli episodi di cessione sono stati
qualificati ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. citato, sì da porsi – in termini
edittali – all’interno della medesima cornice.
Da ciò deriva, dunque, che – nell’ottica del reato continuato – la violazione
più grave non può essere individuata in astratto, come di norma (in base, cioè,
alla pena edittale prevista per il reato ritenuto dal Giudice, in rapporto alle
singole circostanze in cui la fattispecie si è manifestata e all’eventuale giudizio di
comparazione fra di esse: Sez. U, n. 25939 del 28/2/2013, Ciabotti, Rv.
255347), ma necessariamente in concreto, attraverso il richiamo ad elementi
ulteriori rispetto ai limiti di pena; proprio quel che, con motivazione adeguata, si
riscontra nella sentenza in esame, nella quale la fattispecie sub a) n. 1 del proc.

2

CONSIDERATO IN DIRITTO

n. 2986/14 è stata ritenuta più grave alla luce del quantitativo di sostanza
interessata e dalla diversa natura delle stesse (marijuana, cocaina ed eroina).
4. E per tacer, in ogni caso, della palese carenza di interesse a sollevare la
questione medesima, con la quale sembra auspicarsi l’annullamento della
sentenza per ottenerne un’altra che – originando da una pena base più alta
(tenuto contro della circostanza aggravatg – pervenga ad una sanzione
definitiva più elevata.
5. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, ed il ricorrente condannato al

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 9 giugno 2016

s
–in igliere
estensore

fa,

Il Presidente

pagamento delle spese processuali.

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