Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29401 del 29/04/2015
Penale Ord. Sez. 7 Num. 29401 Anno 2015
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
TABET AHMED N. IL 07/07/1967
avverso la sentenza n. 5088/2014 TRIBUNALE di ROMA, del
17/04/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;
Data Udienza: 29/04/2015
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Osserva
Ricorre per cassazione, personalmente, Tabet Ahmed avverso la sentenza emessa ai
sensi dell’art. 444 c.p.p. in data 17.4.2014 dal G.i.p. del Tribunale di Roma con cui
veniva applicata al predetto, con attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti
contestate, la pena concordata di mesi sei di reclusione ed C 300,00 di multa per i
reati di furto aggravato.
Deduce la violazione di legge in relazione alla mancata verifica della sussistenza di
Il ricorso è inammissibile non essendo le censure mosse consentite in questa sede.
Nel caso di patteggiamento ai sensi dell’art. 444 c.p.p., l’accordo intervenuto esonera
l’accusa dall’onere della prova e comporta che la sentenza che recepisce l’accordo fra
le parti sia da considerare sufficientemente motivata con una succinta descrizione del
fatto (deducibile dal capo d’imputazione), con l’affermazione della correttezza della
qualificazione giuridica di esso, con il richiamo all’art. 129 c.p.p. per escludere la
ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste, con la verifica della congruità della pena
patteggiata ai fini e nei limiti di cui all’art. 27 Cost.” (Cass. pen., Sez. IV, 13.7. 2006,
n. 34494, Rv. 234824): e a tanto il giudice a quo ha pienamente ottemperato.
Inoltre, in tema di patteggiamento, tutte le statuizioni non illegittime, concordate
dalle parti e recepite in sentenza (tra esse soprattutto quella principale
dell’affermazione di responsabilità, la misura della pena nonché le circostanze
aggravanti e attenuanti e il giudizio di bilanciamento), in quanto manifestazione di un
generale potere dispositivo che la legge riconosce alle parti e che il giudice ratifica,
non possono essere dalle stesse parti rimesse in discussione con il ricorso per
cassazione (ex plurimis: Cass. pen. Sez. VI, 19.2.2004 n. 18385, Rv. 228047).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si
ritiene equo liquidare in C 1.500,00, in favore della cassa delle ammende, non
ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di
inammissibilità.
P.Q.M.
DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE
PROCESSUALI E AL VERSAMENTO DELLA SOMMA DI MILLECINQUECENTO EURO ALLA CASSA DELLE
AMMENDE.
Così
deciso in Roma, il 29.4.2015
cause di non punibilità e alla contenimento della pena in limiti più modesti.