Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29400 del 09/06/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 29400 Anno 2016
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: MENGONI ENRICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Maglione Giuseppe, nato a Sant’Agata dei Goti (Bn) il 18/8/1986

avverso la sentenza del 5/2/2015 della Corte di appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Giuseppe Corasaniti, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della
sentenza

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 5/2/2015, la Corte di appello di Napoli confermava la
pronuncia emessa il 7/5/2014 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale
di Avellino, con la quale Giuseppe Maglione era stato riconosciuto colpevole del
delitto di cui all’art. 73, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, e condannato – con rito
abbreviato – alla pena di due anni, otto mesi di reclusione e 12mila euro di
multa; allo stesso era ascritto di aver detenuto a fine di cessione 103 grammi
circa di sostanza stupefacente del tipo cocaina.

Data Udienza: 09/06/2016

2. Propone ricorso per cassazione il Maglione, a mezzo del proprio difensore,
deducendo – con unico motivo – la mancanza, contraddittorietà e manifesta
illogicità della motivazione. La Corte di appello non avrebbe speso neppure un
rigo per argomentare in ordine alle numerose e fondate doglianze mosse con il
gravame, con le quali si intendeva dimostrare, per un verso, lo stato di
tossicodipendenza proprio del ricorrente e, per altro verso, l’assenza di
qualsivoglia prova quanto alla contestata destinazione alla vendita della cocaina.
In particolare, quanto al primo profilo, il Collegio avrebbe dovuto disporre

stupefacenti dimostrare che siano destinati ad uso personale; la sentenza,
pertanto, si fonderebbe soltanto su congetture e mere ipotesi, ed avrebbe
dovuto concludere per l’innocenza del Maglione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso risulta manifestamente infondato.
Il Maglione reitera in questa sede le medesime doglianze già poste con il
primo gravame, lamentando che i Giudici di merito non avrebbero considerato il
suo stato di tossicodipendenza, né provato la destinazione allo spaccio della
sostanza sequestratagli; orbene, queste censure debbono essere respinte perché
oltremodo generiche e basate su considerazioni irricevibili.
La sentenza in esame, infatti, contiene sul punto una motivazione del tutto
adeguata, fondata su oggettive risultanze istruttorie e priva di ogni illogicità, con
la quale ha ritenuto provato che la sostanza rinvenuta in dosso al ricorrente 103 grammi di cocaina, divisi in due buste – non fosse destinata ad uso
personale, perlomeno in via esclusiva. In particolare, la Corte di merito 1) ha
premesso che lo stato di tossicodipendenza era stato soltanto dedotto, ma non
dimostrato; 2) ha rilevato l’illogicità di una condotta in forza della quale un
(sedicente) tossicodipendente dovrebbe portare fuori dalla propria abitazione, ed
in località distante, un significativo quantitativo di droga «casualmente rinvenuta
in un rudere abbandonato, piuttosto che conservarla gelosamente in un luogo
sicuro per fruirne liberamente»; 3) ha sottolineato che il Maglione, alla vista
degli agenti di Polizia, si era dato alla fuga.
Affermazioni – queste appena riportate – alle quali il ricorso non muove
alcuna effettiva censura, limitandosi a sostenere genericamente che la Corte di
appello avrebbe emesso «una sentenza di condanna in mancanza di prove certe
e senza superare ogni ragionevole dubbio sia sulla colpevolezza sia sulla
tossicodipendenza dell’imputato»; in ordine alla quale, peraltro, il gravame ha sì
richiamato il costante indirizzo per cui non spetta all’imputato dimostrare la

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accertamenti, atteso che non spetta certo a chi sia trovato in possesso di

destinazione all’uso personale della sostanza stupefacente di cui sia stato trovato
in possesso (per tutte, Sez. 4, n. 39262 del 25/9/2008, Brambati, Rv. 241468),
ma non ha considerato che, a fronte di un quantitativo significativo e di
complessive modalità del fatto tutte volte a sostenere l’ipotesi accusatoria, come
nel caso di specie, costituisce onere dell’imputato fornire adeguati elementi di
segno contrario, a muover dalla prova del proprio stato di tossicodipendenza,
idonei a respingere la forza indiziaria di quanto rappresentato dall’accusa. Prova,
nella vicenda in esame, pacificamente assente.

sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in euro 1.500,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 9 giugno 2016

Il

nsigliere estensore

Il President

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della

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