Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29396 del 29/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29396 Anno 2015
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MALERBA ANTONIO N. IL 17/07/1954
avverso la sentenza n. 2968/2012 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 17/01/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 29/04/2015

Osserva
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Malerba Antonio avverso la sentenza
emessa in data 17.1.2014 dalla Corte di Appello di Bologna che, in parziale riforma
di quella resa in data 19.3.2008 dal Tribunale di Modena in composizione
monocratica, riduceva la pena inflitta al predetto, per il reato di tentato furto
aggravato con la recidiva reiterata specifica infraquinquennale, ritenuta sussistente,
(fatto del 10.10.2006), a mesi 5 e giorni 10 di reclusione ed € 93,00 di multa.
Deduce il vizio motivazionale in ordine alla ritenuta penale responsabilità senza
fornire completa e convincente risposta alle deduzioni del difensore sul punto.
Il ricorso è inammissibile non essendo la censura mossa consentita nella presente
sede.
Infatti la censura addotta mira ad una improponibile rivalutazione della prova e si
risolve in deduzioni in punto di fatto, insuscettibili, come tali, di aver seguito nel
presente giudizio di legittimità, sottraendosi la motivazione della impugnata
sentenza ad ogni sindacato per le connotazioni di coerenza, di completezza e di
razionalità dei suoi contenuti; peraltro, il vizio motivazionale deve essere evidente,
cioè di spessore tale da risultare percepibile “ictu oculi”, dovendo il sindacato di
legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza. Al riguardo,
giova sottolineare che, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte,
“esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di
fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via
esclusiva al giudice di merito” (Sez. Un. n.6402/97, imp. Dessimone ed altri, Rv.
207944).
Peraltro, “nella motivazione della sentenza il giudice di merito non è tenuto a
compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in
esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente
che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze,
spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo
convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo; nel qual
caso devono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche
se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione
adottata e ravvisare, quindi, la superfluità delle deduzioni suddette” (Cass. pen.
Sez. IV, 24 ottobre 2005, n. 1149, Rv. 233187). E a tanto ha adempiuto la
sentenza impugnata.
Consegue l’inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma
che, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186
del 2000, sussistendo profili di colpa, si ritiene equo determinare in euro 1.000,00 in
favore della cassa delle ammende.

‘1

P.Q.M.
DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE
PROCESSUALI E AL VERSAMENTO DELLA SOMMA DI MILLE EURO ALLA CASSA DELLE AMMENDE.

deciso in Roma, il 29.4.2015

Così

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