Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29392 del 29/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29392 Anno 2015
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DI FATTA GIACOMO N. IL 02/03/1977
avverso la sentenza n. 4236/2011 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 14/02/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

Data Udienza: 29/04/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza resa in data 14/2/2014, la corte d’appello di Palermo, tra le
restanti statuizioni, pur ridimensionando il trattamento sanzionatorio inflitto
all’imputato, ha confermato la condanna di Giacomo Di Fatta alla pena di giustizia in
relazione ai reati di furto aggravato e di resistenza a pubblico ufficiale commessi in
Palermo, il 1/2/2008.
Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore, ha proposto
ricorso per cassazione l’imputato, censurando la decisione della corte territoriale per

circostanze attenuanti generiche e la mancata applicazione della continuazione tra i
delitti stesso contestati.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
Osserva il collegio come la corte territoriale sia pervenuta alla conferma della
condanna del Di Fatta, in relazione ai reati stesso ascritti, sulla base di un discorso
giustificativo completo ed esauriente, immune da vizi d’indole logica o giuridica,
avendo espressamente correlato l’accertamento della responsabilità dell’imputato
alle risultanze delle attestazioni degli operanti della polizia giudiziaria, che hanno
sorpreso il Di Fatta, in una condizione di quasi flagranza, alla guida dell’autovettura
di cui la proprietaria aveva pressoché contestualmente denunciato il furto, che si
dava precipitosamente alla fuga a forte andatura, provocando gravi pericoli agli
utenti della strada in ragione della condotta seguita.
Quanto alla contestata omessa concessione delle circostanze attenuanti
generiche, rileva il collegio come, a mezzo dell’odierna impugnazione, il ricorrente
pretenda inammissibilmente una rinnovazione della valutazione attraverso la quale il
giudice di merito ha esercitato il potere discrezionale a lui concesso dall’ordinamento
per l’eventuale riconoscimento del ricorso di circostanze generiche.
Al riguardo, è appena il caso di rilevare come l’esercizio del potere connesso alla
concessione delle attenuanti generiche debba essere motivato nei soli limiti atti a far
emergere in misura sufficiente il pensiero del giudice in ordine all’adeguamento
della pena concreta alla entità effettiva del reato ed alla personalità del reo.
La concessione delle attenuanti generiche presuppone, inoltre, l’esistenza di
elementi suscettibili di positivo apprezzamento, di cui il giudice di merito deve dare
conto nella motivazione della sentenza.

2

mancanza e illogicità della motivazione, nonché per l’omessa concessione delle

A questo si aggiunga che, la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai
fini dell’art. 62-bis cod. pen. è oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa
dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria
decisione, non sindacabile in sede di legittimità, purché non contraddittoria e
congruamente motivata, neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per
ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Cass.VI,
42688/08, Caridi).
Nel caso di specie, l’avvenuta specificazione, da parte della corte territoriale,

precedenti penali per delitti contro la persona e contro il patrimonio vale ad
attestare in termini inequivoci l’implicita valutazione dell’insussistenza dei
presupposti per la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Del tutto priva di fondamento, infine, deve ritenersi l’invocata applicazione
dell’istituto della continuazione tra i reati contestati all’imputato, trattandosi, quanto
al delitto di resistenza a pubblico ufficiale, di condotta meramente eventuale e
necessariamente deliberata a seguito della consumazione del furto e, pertanto,
insuscettibile d’essere ricompresa nel quadro di un preventivo disegno criminoso
ipoteticamente concepito dall’agente.

3. Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in
favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000,00 alla Cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma il 29/4/2015

Il Consigliere est.

della grave entità delle condotte del Di Fatta e della sussistenza di ben diciannove

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