Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29376 del 24/05/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29376 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Campione Gaetano, nato a Catania il 13/01/1960

avverso il decreto del 14/04/2015 del Tribunale di sorveglianza di Caltanissetta

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Angela Tardio;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale dott. Roberto Aniello, che ha chiesto annullarsi senza rinvio il decreto
impugnato, con trasmissione degli atti al Tribunale di sorveglianza di
Caltanissetta.

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto del 14 aprile 2015 il Presidente del Tribunale di sorveglianza
di Caltanissetta ha dichiarato inammissibile, ai sensi degli artt. 666, comma 2, e
678 cod. proc. pen., il reclamo proposto da Gaetano Campione avverso
l’ordinanza del 13 marzo 2015 del Magistrato di sorveglianza di Caltanissetta,
che aveva rigettato la richiesta di liberazione anticipata con riguardo al semestre

Data Udienza: 24/05/2016

espiato dal 25 marzo 2014 al 24 settembre 2014, rilevando che il difensore non
aveva depositato il mandato difensivo né con il reclamo né all’atto della
presentazione della istanza per la concessione del beneficio.

2. Avverso detto decreto ha avanzato richiesta di riesame del reclamo,
interpretata come ricorso per cassazione, l’interessato Campione per mezzo dei
suoi difensori di fiducia, rappresentando di avere nominato gli stessi, ai quali era
stato anche notificato il 19 marzo 2015 il provvedimento del Magistrato di

presentata anche in copia nelle diverse istanze formulate nel suo interesse

3. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta e ha concluso
chiedendo l’annullamento senza rinvio del decreto per non essere consentito il
decreto presidenziale d’inammissibilità con riferimento al reclamo riconducibile al
genus della impugnazione.

4.

E’ pervenuta in cancelleria richiesta di rinvio della odierna udienza,

avanzata dal difensore del ricorrente, avv. Salvino Caputo, in dipendenza della
sua dichiarata adesione all’astensione collettiva degli avvocati dall’attività
giudiziaria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. In via preliminare va rigettata per la sua infondatezza la richiesta di rinvio
dell’udienza, giustificata dalla dichiarazione del difensore di astensione
dall’attività giudiziaria.
Deve essere, invero, riaffermato il principio costante nella giurisprudenza di
questa Corte, alla cui stregua, allorquando, in sede di legittimità, il procedimento
si svolge in camera di consiglio ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen., come nella
specie, e “la corte giudica sui motivi, sulle richieste del procuratore generale e
sulle memorie delle altre parti senza intervento dei difensori”, nessuna rilevanza,
ai fini del richiesto rinvio, assume la partecipazione del difensore stesso
all’astensione dalle udienze proclamata da organismi di categoria (tra le altre,
Sez. 5, n. 1596 del 06/06/1995, Pierotti Cei, Rv. 202633; Sez. 2, n. 9775 del
22/11/2012, dep. 2013, Abbaco, Rv. 255353).

2.

Nel merito, il ricorso è inammissibile per sopravvenuta carenza

d’interesse.

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sorveglianza, presso il carcere di Siracusa con dichiarazione reiterata e

2.1. Nel sistema processuale penale, la nozione d’interesse a impugnare,
richiesto dall’art. 568, comma 4, cod. proc. pen. quale condizione della
impugnazione e requisito soggettivo del relativo diritto, non è basata sul
concetto di soccombenza, posto a base delle impugnazioni civili, che
presuppongono un processo di tipo contenzioso e, quindi, una lite intesa come
conflitto di interessi contrapposti.
Essa deve essere, invece, individuata in una prospettiva utilitaristica, ossia
nella finalità negativa, perseguita dal soggetto legittimato, di rimuovere una

quella, positiva, del conseguimento di una utilità, ossia di una decisione più
vantaggiosa rispetto a quella oggetto del gravame, e che risulti logicamente
coerente con il sistema normativo (Sez. U, n. 6624 del 27/10/2011, dep. 2012,
Marinaj, Rv. 251693).
Il requisito dell’interesse deve, in particolare, configurarsi in maniera
immediata, concreta e attuale, e sussistere oltre che al momento della
proposizione del gravame anche in quello della sua decisione, perché questa
possa potenzialmente avere una effettiva incidenza di vantaggio sulla situazione
giuridica devoluta alla verifica del giudice della impugnazione (Sez. U, n. 10272
del 27/09/1995, Serafino, Rv. 202269; Sez. U, n. 42 del 13/12/1995, Timpani,
Rv. 203093; Sez. U, n. 20 del 09/10/1996, Vitale, Rv. 206169; Sez. U, n. 7 del
25/06/1997, Chiappetta, Rv. 208165).
A tale riguardo si è presa in specifica considerazione la categoria della
“carenza d’interesse sopraggiunta”,

individuandosi il suo fondamento

giustificativo nella valutazione negativa della persistenza, al momento della
decisione, di un interesse all’impugnazione, la cui attualità sia venuta meno a
causa della mutata situazione di fatto o di diritto intervenuta medio tempore,
assorbendo la finalità perseguita dall’impugnante, o perché la stessa ha già
trovato concreta attuazione, ovvero in quanto ha perso ogni rilevanza per il
superamento del punto controverso (Sez. U, n. 6624 del 27/10/2011, citata, Rv.
251694).
2.2. Alla luce di detti consolidati e condivisi principi non sussiste, nel caso in
esame, l’interesse al ricorso, poiché dalla svolta interrogazione, attraverso il
sistema informativo del Ministero della Giustizia, è risultato che il ricorrente, la
cui pena detentiva scadeva il 15 giugno 2015, è stato scarcerato in data 1
maggio 2015.
Tale emergenza sopravvenuta, che ha fatto venire meno l’attualità dello
stato di detenzione del ricorrente nel momento della decisione, e con esso la
pendenza di un rapporto esecutivo, esclude che possa ritenersi sussistente un
interesse del medesimo a coltivare l’impugnazione in vista del riconoscimento del

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situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale, e in

beneficio penitenziario richiesto, tenuto conto del fondamento di detto beneficio,
quale riconoscimento della partecipazione del condannato all’opera di
rieducazione, mentre la pena è in corso, ai fini di un suo più efficace
reinserimento futuro nella società, e in mancanza, in ogni caso, di specifica e
motivata deduzione, idonea a evidenziare in termini concreti eventuale interesse
attuale del ricorrente al conseguimento di qualche effetto favorevole (tra le altre,
Sez. U, n. 15 del 18/06/1991, Argenti, Rv. 187707/187708; Sez. 1, n. 2148 del
10/05/1994, Randazzo, Rv. 198081; Sez. 1, n. 4528 del 22/09/1995, Velitchkov,

1133 del 24/02/1998, Barone, Rv. 210246; Sez. 1, n. 16269 del 26/04/2006, Lo
Giudice, Rv. 234220; Sez. 1, n. 3852 del 25/11/2008, dep. 2009, Castro,
Rv. 241889; Sez. 1, n. 46887 del 22/10/2009, Matichecchia, Rv. 245677).

3. Alla sopravvenienza alla proposizione del ricorso per cassazione della
carenza d’interesse alla sua definizione non consegue la condanna del ricorrente
né al pagamento delle spese del procedimento né al versamento della sanzione
pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, non essendovi soccombenza
delle parti neppure virtuale (tra le altre, Sez. 6, n. 44805 del 05/11/2003,
Scarpelli, Rv. 227168; Sez. 2, n. 30669 del 17/05/2006, De Mitri, Rv. 234859;
Sez. 3, n. 8025 del 25/01/2012, Oliverio, Rv. 252910; Sez. 6, n. 19209
del 31/01/2013, Scaricaciottoli, Rv. 256225), e non essendo individuabili profili
di colpa correlati alla irritualità dell’impugnazione (Corte Cost. n. 186 del 2000,
mass. 25390).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza d’interesse.
Così deciso il 24/05/2016

Rv. 202891; Sez. 1, n. 2377 del 25/03/1997, D’Oda, Rv. 207697; Sez. 1, n.

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