Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29366 del 19/05/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29366 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
1) Zhugri Armir, nato il 06/06/1982;

Avverso l’ordinanza n. 74/2015 emessa il 03/06/2015 dal G.I.P. del
Tribunale di Bologna;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Alessandro Centonze;

Lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del dott. Sante
Spinaci, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Data Udienza: 19/05/2016

RILEVATO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa il 03/06/2015 il G.I.P. del Tribunale di Bologna
rigettava l’opposizione proposta da Armir Zhugri avverso l’ordinanza emessa il
12/07/2014, con cui lo stesso giudice aveva disposto la confisca dei beni, mobili
e immobili, di proprietà dell’opponente, conseguente al passaggio in giudicato
della sentenza emessa dal G.U.P. del Tribunale di Bologna il 27/06/2012 per il
reato di cui all’art. 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.

seguenti beni: un immobile, sito a Calderara di Reno, acquistato il 24/05/2005;
un’autovettura BMW X5, acquistata il 09/02/2011; un motoveicolo Yamaha,
acquistato il 04/04/2006.
Tale provvedimento veniva adottato sul presupposto che i beni
originariamente sequestrati potevano essere confiscati nella fase esecutiva e
che, su tale sequestro, si era cristallizzato un giudicato cautelare, a seguito della
pronuncia del Tribunale del riesame di Bologna del 03/07/2012, che non era
stato superato da alcuna situazione processuale successiva. Ne conseguiva che
l’istanza di restituzione dei beni sequestrati doveva ritenersi inammissibile in
forza del giudicato cautelare sopra richiamato, rispetto al quale non erano
intervenuti elementi probatori favorevoli all’istante in ordine alla sproporzione
reddituale legittimante l’originario provvedimento ablativo.

2. Avverso tale ordinanza lo Zhugri, a mezzo del suo difensore, ricorreva per
cassazione, deducendo promiscuamente violazione di legge e vizio di
motivazione, in relazione alla ritenuta insussistenza dei presupposti per la revoca
del provvedimento emesso dal G.I.P. del Tribunale di Bologna il 12/07/2014, che
erano stati valutati in sede di opposizione, con un percorso motivazionale
contraddittorio e manifestamente illogico, che non teneva delle emergenze
processuali.
Tali incongruità motivazionali, secondo la difesa del ricorrente, riguardavano
sia la formazione del giudicato cautelare conseguente alla pronuncia del
Tribunale del riesame di Bologna del 03/07/2012, sia la mancata allegazione di
fatti nuovi a sostegno delle deduzioni difensive legittimanti la revoca richiesta,
sotto il profilo della sussistenza del requisito della sproporzione tra i beni
acquistati e i redditi dei coniugi Zhugri.
Queste ragioni processuali imponevano l’annullamento dell’ordinanza
impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2

L’opposizione proposta nell’interesse dello Zhugri, in particolare riguardava i

1. Il ricorso è infondato.
In via preliminare, deve rilevarsi che la condanna per uno dei reati previsti
dall’art. 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con
modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 35, comporta la confisca dei beni
nella disponibilità del condannato, quando sia provata la sproporzione tra le fonti
di reddito dichiarate dall’inciso e il valore economico di tali beni, sempre che non
emerga altrimenti una giustificazione attendibile sulla provenienza lecita di tali
beni.

della provenienza dei beni sui quali viene esercitato il potere ablativo, che non
può essere fornita mediante la dimostrazione di un rituale acquisto, essendo
necessario provare che i mezzi impiegati per il relativo negozio derivino da
legittime disponibilità finanziarie dell’inciso. Sul punto, si ritiene indispensabile
richiamare il seguente principio di diritto: «Al fine di disporre la confisca
conseguente a condanna per uno dei reati indicati nell’art. 12-sexies, commi 1 e
2, d.l. 8 giugno 1992 n. 306, convertito con modificazioni nella legge 7 agosto
1992 n. 356 […] allorché sia provata l’esistenza di una sproporzione tra il reddito
dichiarato dal condannato o i proventi della sua attività economica e il valore
economico dei beni da confiscare e non risulti una giustificazione credibile circa
la provenienza di essi, è necessario, da un lato, che, ai fini della “sproporzione”, i
termini di raffronto dello squilibrio, oggetto di rigoroso accertamento nella stima
dei valori economici in gioco, siano fissati nel reddito dichiarato o nelle attività
economiche non al momento della misura rispetto a tutti i beni presenti, ma nel
momento dei singoli acquisti rispetto al valore dei beni di volta in volta acquisiti,
e, dall’altro, che la “giustificazione” credibile consista nella prova della positiva
liceità della loro provenienza e non in quella negativa della loro non provenienza
dal reato per cui è stata inflitta condanna» (cfr. Sez. U, n. 920 del 17/12/2003,
Montella, Rv. 226491).
Deve, al contempo, evidenziarsi che la presunzione di illecita accumulazione
patrimoniale, prevista dalle ipotesi di confisca di cui all’art.

12-sexies del

decreto-legge n. 306 del 1992 opera, oltre che in relazione ai beni del
condannato, in riferimento ai beni intestati al coniuge e ai figli del condannato
medesimo, qualora risulti che sussista una sproporzione tra il patrimonio della
titolarità del coniuge o dei figli e l’attività svolta dagli stessi soggetti, sulla scorta
di un orientamento ermeneutico che è possibile ritenere consolidato (cfr. Sez. 2,
n. 3620 del 12/12/2013, Patanè, Rv. 258790; Sez. 2, n. 4479 del 03/12/2008,
Bianco, Rv. 243278).
In quest’ultimo caso, l’onere probatorio dell’accusa consiste unicamente nel
dimostrare – attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti – che quei beni,
3

Questa giustificazione, a sua volta, deve consistere nella prova della liceità

in realtà, non sono del terzo, ma sono nella disponibilità del condannato a
qualsiasi titolo (cfr. Sez. 6, n. 49876 del 28/11/2012, Scognamiglio, Rv. 253957;
Sez. 1, n. 44534 del 24/10/2012, Ascone, Rv. 254699).

2. In questa cornice ermeneutica, deve rilevarsi che il provvedimento
impugnato risulta coerente con il dato normativo e con i parametri che si sono
richiamati nel paragrafo precedente, atteso che il G.I.P. del Tribunale di Bologna,
nel confermare la valutazione di merito espressa nell’ordinanza opposta,

quelle già prospettate nella fase di cognizione presupposta.
Queste allegazioni difensive, infatti, erano state già vagliate negativamente
nell’ambito dell’originario decreto di sequestro preventivo adottato dal G.I.P. del
Tribunale di Bologna 1’08/06/2012, che veniva confermato con l’ordinanza del
Tribunale del riesame di Bologna del 03/07/2012 e acquisiva veste di giudicato
cautelare in conseguenza della sentenza n. 27644 del 12/04/2013, emessa dalla
Corte di cassazione, Sezione penale prima. Tali passaggi processuali devono
ritenersi incontroversi, oltre che pacificamente ammessi dallo stesso ricorrente,
come evidenziato nelle pagine 6 e 7 del ricorso in esame, dove veniva ripercorsa
l’intera sequela procedimentale svolta in sede di cognizione.
La conferma della correttezza del percorso argomentativo seguito dal
giudice dell’esecuzione discende dal fatto che le allegazioni difensive prospettate
nel procedimento di cognizione e quelle prospettate in sede esecutiva risultano
perfettamente sovrapponibili. Ne consegue che le allegazioni difensive
prospettate nel presente procedimento esecutivo devono essere ritenute
inidonee a superare il giudizio di sproporzione che era già stato formulato in sede
cautelare, sul cui contenuto si attestava l’ordinanza opposta, che richiamava i
dati valutativi acquisiti nel procedimento di cognizione, utilizzandoli
legittimamente.
Sul punto, non si possono non condividere le conclusioni esplicitate dal
G.I.P. del Tribunale di Bologna nel passaggio argomentativo contenuto a pagina
10 del provvedimento impugnato, in cui si rilevava che «la restituzione dei beni
sequestrati in data 08/06/2012 in forza di tutte le argomentazioni svolte in sede
di incidente di esecuzione dalla difesa è da ritenersi inammissibile in quanto sulle
stesse si era già formato il giudicato cautelare a seguito della pronuncia del
Tribunale Distrettuale della Libertà con ordinanza del 9 luglio 2012 […]».
Ne discende conclusivamente l’infondatezza delle doglianze difensive
esaminate.

4

evidenziava l’assenza di elementi di novità delle allegazioni difensive, rispetto a

3. Per queste ragioni processuali, il ricorso proposto nell’interesse di Armir
Zhugri deve essere rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso il 19/05/2016.

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