Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29365 del 19/05/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29365 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: NOVIK ADET TONI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BALBI ADRIANO N. IL 31/01/1964
avverso l’ordinanza n. 15/2015 TRIB. SORVEGLIANZA di
SALERNO, del 15/04/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK;
lette/sentile le conclusioni del PG Dott. re(
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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 19/05/2016

RILEVATO IN FATTO
1. Con ordinanza emessa il 15 aprile 2015, il Tribunale di sorveglianza di
Salerno ha rigettato l’istanza di differimento pena o applicazione della detenzione
domiciliare ex art. 147 cod. pen. – 47 ter comma 1 lett. c) O.P. presentata da
Adriano Balbi, detenuto presso la casa circondariale di Vallo della Lucania,
affermando che dalla relazione del sanitari del carcere si evinceva che le
condizioni fisiche dell’istante, affetto da agenesia delle dita delle mani e dei piedi,
cardiopatia ipertensiva ad alta risposta ventricolare ed insufficienza mitralica,

costanti contatti con i presidi sanitari territoriali.

2.

Avverso questa ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il

condannato, assistito dal difensore di fiducia, chiedendone l’annullamento per la
violazione di legge e vizio di motivazione.
Il difensore deduce di aver rappresentato le gravissime condizioni di salute
del condannato, che dettagliava, ma soprattutto che lo stesso era portatore di un
gravissimo disturbo psichiatrico, episodio depressivo maggiore, correlato ai
disturbi organici ed era a rischio suicidio. Il disturbo era stato già evidenziato nel
2001 da un consulente tecnico di ufficio, nonché dal consulente tecnico di parte,
responsabile psichiatra dell’UOSM di Sapri, ed aveva portato alla scarcerazione
del Balbi per assoluta incompatibilità con il regime carcerario. Il difensore aveva
anche rappresentato che Balbi era affetto da epatite cronica HBV e che gli
psicofarmaci somministratigli erano epatossici.
L’ordinanza impugnata negava le dette patologie e aveva prestato adesione
alla relazione dei sanitari del carcere che erano in contrasto con le diagnosi
formulate in precedenza. Il condannato era sottoposto ad un trattamento
contrario al senso di umanità e lesivo del diritto alla salute costituzionalmente
garantito.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte nella sua requisitoria scritta
ha chiesto che il ricorso sia rigettato.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e va accolto.
1.1. Questa Corte ha più volte affermato che il rinvio facoltativo dell’
esecuzione della pena per grave infermità fisica, ai sensi dell’art. 147 cod. pen.,
comma 1, n. 2, mira a evitare che l’esecuzione della pena avvenga in contrasto
con il diritto alla salute e il senso di umanità, costituzionalmente garantiti,
supponendo che la malattia da cui è affetto il condannato sia grave, cioè tale da
1

non erano allo stato incompatibili con il regime carcerario e non richiedevano

porre in pericolo la vita o da provocare altre rilevanti conseguenze dannose e,
comunque, da esigere cure e trattamenti tali da non potere essere praticati in
regime di detenzione intramuraria, neppure mediante ricovero in ospedali civili o
altri luoghi esterni di cura ai sensi dell’art. 11 Ord. Pen. (tra le altre, Sez. 1, n.
22373 del 08/05/2009, dep. 28/05/2009, Aquino, Rv. 244132; Sez. 1, n. 16681
del 24/01/2011, dep. 29/04/2011, Buonanno, Rv. 249966).
1.2. Pertanto, a fronte di una richiesta di rinvio della esecuzione della pena
per grave infermità fisica ai sensi dell’art. 147, comma 1, n. 2, cod. pen., il

compatibili con le finalità rieducative della pena e con le possibilità concrete di
reinserimento sociale conseguenti alla rieducazione. Qualora, all’esito di tale
valutazione, tenuto conto della natura della infermità e di un’eventuale prognosi
infausta quoad vitam a breve scadenza, l’espiazione di una pena appaia contraria
al senso di umanità per le eccessive sofferenze da essa derivanti, ovvero appaia
priva di significato rieducativo in conseguenza della impossibilità di proiettare in
un futuro gli effetti della sanzione sul condannato, deve trovare applicazione
l’istituto del differimento previsto dal codice penale. Se, invece, le condizioni di
salute, pur particolarmente gravi, non presentino le suddette caratteristiche di
sofferenza o di prognosi infausta, e richiedano i contatti con i presidi sanitari
territoriali indicati dall’art. 47 ter, comma 1 ter, Ord. Pen., può essere disposta la
detenzione domiciliare ai sensi della citata disposizione.

2. Di tali condivisi principi non è stata fatta, nel caso di specie, esatta
interpretazione e corretta applicazione. Osserva il Collegio che il tribunale ha
rigettato l’istanza sulla base della relazione medica redatta dal dirigente sanitario
del carcere che, pur dando atto che il detenuto Balbi soffre di un “complesso
patologico di rilevante entità”, ne ha ritenuto la compatibilità con il regime
carcerario. Tuttavia, la valutazione non pare essere stata completa avendo
riguardato soltanto il quadro patologico relativo alla “agenesia delle dita delle
mani e dei piedi, cardiopatia ipertensiva ad alta risposta ventricolare,
insufficienza mitralica”. Nessuna risposta è stata invece data alle ulteriori
doglianze formulata dalla difesa di Balbi che, in base alla consulenza del proprio
tecnico, aveva allegato l’esistenza di una sofferenza epatica B, aggravata dall’uso
costante di farmaci epatossici; né è stato valutato, quanto meno per escluderlo,
l’esistenza di un forte rischio suicidiario, aggravato dai gravi disturbi organici,
accertato dal perito di ufficio nominato dal G.i.p. che aveva formulato il giudizio
di incompatibilità con il regime detentivo.
A fronte di un certificato rischio suicidiario, deve ricordarsi che
l’amministrazione penitenziaria è costituita garante dall’ordinamento giuridico
2

giudice deve valutare se le condizioni di salute del condannato siano o meno

della sicurezza e dell’integrità di quanti le siano affidati per l’esecuzione della
pena, per cui da siffatta posizione di garanzia discende l’obbligo di vigilare in
modo che l’attuazione concreta della potestà punitiva statale non consenta
pregiudizi ai detenuti ed il compimento di atti autolesivi (Cass. Sez. 1, n. 22373
del 08/05/2009, Aquino, rv. 244132; sez. 1, n. 45758 del 14/11/2007, De Witt,
rv. 238140; sez. 1, n. 4328 del 12/06/2000, Sibio, rv. 216912), tanto più se
questi, come nel caso, non siano effetto di libera ed autodeterminata scelta, ma
indotti da condizione morbosa. Di qui, pertanto, l’insufficienza della motivazione

3. L’ordinanza va quindi annullata per nuovo esame che dovrà essere
condotto valutando, anche con l’ausilio di periti, se il complessivo quadro
patologico del detenuto lo renda compatibile con lo stato di detenzione.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
sorveglianza di Salerno.
Così deciso in Roma, il 19 maggio 2016

Il Consigliere estensore

Il Presidente

impugnata, apodittica nelle conclusioni sullo stato fisico del detenuto.

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