Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29361 del 19/05/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29361 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: NOVIK ADET TONI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MONTORZI ANTONIO N. IL 07/07/1946
avverso l’ordinanza n. 65/2015 TRIBUNALE di LIVORNO, del
19/05/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK;
lette/sete le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 19/05/2016

RILEVATO IN FATTO
1. Con ordinanza emessa il 19 maggio 2015 il Tribunale di Livorno, quale
giudice dell’esecuzione, rigettava l’opposizione proposta ai sensi dell’art. 667
comma 4 cod. proc. pen., da Antonio Montorzi, avverso il provvedimento con cui
il medesimo giudice, rigettando l’istanza di restituzione, aveva disposto la
confisca di euro 10.875 in giudiziale sequestro.

2. A ragione della decisione, il giudice dell’esecuzione rilevava che:

pen per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti;
– il denaro sequestrato, rinvenuto nel corso di una perquisizione, doveva
qualificarsi come profitto del reato e vi era un nesso specifico tra il denaro ed il
reato contestato, atteso che la contestazione elevata non riguardava solo la
cessione di tre dosi di cocaina a tale Bandini per il corrispettivo di € 210
ciascuna, ma anche cessioni ulteriori, così che doveva ritenersi che il denaro si
collegava ad attività di spaccio;

le argomentazioni difensive proposte non contrastavano la superiore

conclusione: in particolare, la somma non poteva correlarsi alla ricezione del
pagamento per l’intervenuta vendita di un immobile sia per la non
corrispondenza dell’importo sia per il tempo trascorso; inoltre, non erano
credibili le dichiarazioni rese da tale Fossi in merito all’ulteriore somma di euro
800 rinvenuta.

3. Il provvedimento è stato impugnato da Antonio Montorzi, assistito dal
difensore di fiducia, che ne chiede l’annullamento senza rinvio o con rinvio ad un
giudice diverso.
Preliminarmente il ricorrente, allegati ai fini dell’autosufficienza del ricorso
atti del procedimento ritenuti rilevanti, ripercorreva lo sviluppo della vicenda nei
termini sinteticamente sopra riportati e precisava che:
– Montorzi aveva patteggiato la pena per il reato di cui all’art. 73 comma 5
d.p.r. 309 del 1990 per la cessione di 2 g di cocaina e di altri quantitativi a
Bandini;
– nella sentenza nulla era stato disposto a titolo di confisca;
– il denaro sequestrato proveniva dalla alienazione di un immobile di
proprietà ed era conseguente a prelevamenti da libretto di deposito in funzione
di imminenti spese;
– la somma di euro 800 rinvenuta sul tavolo era la restituzione di un prestito
da parte di Fossi, come lo stesso aveva dichiarato ai carabinieri.

1

– Montorzi era stato condannato con sentenza emessa ex art. 444 cod. proc.

3.1. Con un primo motivo il difensore deduce violazione degli artt. 676 cod.
proc. pen in relazione all’art. 240 cod. pen. Il giudice dell’esecuzione aveva
qualificato la confisca come facoltativa, ritenendo che la somma sequestrata
costituisse profitto del reato ascritto a Montorzi. Secondo la difesa, in sede
esecutiva, come riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità, poteva essere
disposta soltanto la confisca obbligatoria.
3.2. Con il secondo motivo il provvedimento è censurato per illogicità
manifesta della motivazione. Dagli atti del processo era emerso che Bandini

razionale, in assenza di prove di ulteriori transazioni illecite, l’affermazione che il
denaro sequestrato costituisse il prodotto della vendita di stupefacente. Peraltro,
anche la motivazione con cui erano state respinte le argomentazioni difensive
sulla provenienza del denaro per la vendita dell’appartamento, avvenuta solo
quattro mesi prima, non erano coerenti, avendo il ricorrente dimostrato costanti
prelevamenti dal suo conto postale. Nessuna motivazione infine vi era sulle
ragioni per cui il teste Fossi fosse stato ritenuto inattendibile in merito alla
restituzione del prestito ricevuto.

4. Il Procuratore generale presso questa Corte in un articolato parere ha
chiesto il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Occorre premettere che l’art. 445 cod. proc. pen., a seguito delle
modifiche apportate con la L. 134 del 2003, prevede in via di eccezione
l’obbligatoria confisca nei casi previsti dall’art. 240 cod. pen. La modifica
legislativa sopra indicata, non ha apportato alcun ampliamento dei poteri del
giudice dell’esecuzione che può disporre la confisca solo nei casi in cui è
obbligatoria e cioè nei casi in cui il bene costituisca il prezzo del reato, o nei casi
in cui l’obbligatorietà è prevista da particolari disposizioni normative (Sez. 3 20
febbraio 2007 n. 12307, rv. 236807). Spetta, cioè, al giudice della cognizione
disporre motivatamente il relativo provvedimento con la sentenza di applicazione
della pena, non potendo, in mancanza di un’esplicita statuizione in sentenza,
essere disposta la confisca in sede esecutiva.
Tuttavia, le Sezioni Unite di questa Corte con decisione n. 9149 del 1996,
rv. 205705, hanno affermato che il giudice dell’esecuzione, nel giudicare sulla
restituzione delle cose sequestrate, deve accertare l’effettiva sussistenza del
diritto alla restituzione che esiste solo nel caso della prova positiva dello jus
possidendi (Sez. 1 10 maggio 2005 n. 22154, rv. 231666), ma nel caso di
specie, trattandosi di denaro deve anche verificarsi se esso costituisca il prezzo
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aveva acquistato droga da Montorzi in altre due occasioni. Non era quindi

del reato, unico caso in cui è consentita la confisca obbligatoria ai sensi dell’art.
240 cod. pen., comma 2.
Nella sentenza impugnata non si è fatta corretta applicazione ditali principi,
perché il giudice dell’esecuzione ha disposto la confisca pur avendo qualificato la
somma in sequestro come profitto del reato.
La sentenza va quindi annullata senza rinvio, con conseguente revoca della
confisca e restituzione della somma.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone la revoca della
confisca, nonché la restituzione della somma al ricorrente.
Così deciso in Roma, in data 19 maggio 2016

DE SI AA

P.Q.M.

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