Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29360 del 29/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29360 Anno 2015
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DIGLIO NINO N. IL 01/11/1968
avverso la sentenza n. 438/2013 CORTE APPELLO di TORINO, del
20/02/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 29/04/2015

Osserva
Ricorre per cassazione, personalmente, Diglio Nino avverso la sentenza emessa in data
14.2.2014 dalla Corte di Appello di Torino che confermava quella in data 20.2.2014 della
Corte di appello di Torino che confermava quella in data 9.3.2012 del Tribunale di Torino con
cui il predetto era stato condannato, con attenuanti generiche equivalenti alle residue
aggravanti (diverse da quella di cui all’art. 625 n. 7 c.p. che veniva esclusa) alla pena di mesi
9 di reclusione ed C 200,00 di multa, per il reato di furto aggravato.

Il ricorso è inammissibile essendo la censura mossa manifestamente infondata.
E’ palese la congruità e correttezza della motivazione in relazione all’avvenuta consumazione
del reato di furto dell’autovettura con asportazione dal parcheggio.
Peraltro la censura, contestando le argomentazioni ed il ragionamento seguito dal Giudice a
quo del quale non tiene alcun conto ed anzi tende a sovrapporre una diversa valutazione dei
fatti rispetto a quella fatta dalla Corte territoriale. Ma il nuovo testo dell’art. 606, comma 1,
lett. e) cod. proc. pen., come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista
possibilità per la Cassazione di apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti
del processo”, non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di
legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa
prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una rinnovata
valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite,
trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.
Consegue l’inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che, alla luce dei
principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili
di colpa, si ritiene equo determinare in euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.
DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE PROCESSUALI
E AL VERSAMENTO DELLA SOMMA DI MILLE EURO ALLA CASSA DELLE AMMENDE.

Così deciso in Roma, il 29.4.2015

Deduce il vizio motivazionale in ordine alla consumazione del reato.

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