Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29360 del 19/05/2016

Penale Sent. Sez. 1 Num. 29360 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: NOVIK ADET TONI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
A.A.
avverso l’ordinanza n. 6246/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di
TORINO, del 25/02/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 19/05/2016

RILEVATO IN FATTO
1.

Con ordinanza emessa in data 25 febbraio 2015 il Tribunale di

sorveglianza di Torino dichiarava inammissibile l’istanza presentata da A.A. per ottenere la concessione dell’affidamento ai servizi sociali o della
detenzione domiciliare, in relazione alla pena residua di mesi cinque di reclusione
per cui era stato emesso provvedimento di cumulo. Il tribunale dava conto delle
informative di polizia che indicavano numerose denunce a carico; inoltre, era
solito accompagnarsi a pregiudicati e faceva uso di stupefacenti. Rilevava che la

dipendenti ed egli non era mai stato assunto. Riteneva quindi insussistenti i
presupposti per la concessione dei benefici richiesti, non avendo il condannato
riflettuto sul disvalore delle proprie condotte, così essendo passibile di incorrere
nei medesimi errori, e che la scarsa chiarezza sull’indicata attività metteva in
dubbio che egli avesse sincero interesse ad un percorso di reintegrazione sociale.

2.

Avverso questa ordinanza ha presentato ricorso per cassazione

personalmente A.A. deducendo mancanza e contraddittorietà della
motivazione. Il ricorrente evidenzia di non avere procedimenti penali pendenti,
con ciò dimostrando di avere mutato condotta, e di aver prestato attività
lavorativa non regolarizzata; nel gennaio 2005 aveva svolto attività di
volontariato presso il Comune di Domodossola. Il rischio di recidiva paventato
dal tribunale era privo di motivazione: egli aveva la disponibilità di un alloggio e
fruiva dell’aiuto della madre. Infine, il tribunale non aveva considerato la brevità
della pena ancora da espiare.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte nella sua requisitoria scritta
ha chiesto che il provvedimento impugnato dichiarato inammissibile.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
Esso, più che individuare singoli aspetti del provvedimento impugnato da
sottoporre a censura, tende a provocare una nuova, non consentita valutazione
delle circostanze di fatto, in quanto tali insindacabili in sede di legittimità.
L’ordinanza impugnata, peraltro, ha correttamente valutato gli elementi risultanti
agli atti, con motivazione congrua ed adeguata, e priva di evidenti contraddizioni
che consistono in un argomentare fondato sulla contrapposizione di
argomentazioni decisive di segno opposto. Il tribunale di sorveglianza ha
richiamato gli elementi che inducevano a ritenere ancora sussistente la
pericolosità sociale, a nulla rilevando che il ricorrente non abbia subito ulteriori
1

ditta presso cui il A.A. aveva indicato di lavorare, dal 2006 non aveva

condanne definitive, ed ha ritenuto l’inidoneità dell’attività lavorativa a fronte
della constatazione, non contestata nemmeno dal ricorrente, che la stessa ditta
non aveva dipendenti e che l’esistenza del rapporto di lavoro riposava sulla mera
affermazione della parte interessata.
Logica e consequenziale è quindi la conclusione dell’insussistenza dei
presupposti per concedere alcuno dei benefici richiesti.

2. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la

elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di sanzione
pecuniaria che pare congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’ art. 616
c.p.p.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di 1000 euro alla Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, il 19 maggio 2016

Il Consigliere estensore

Il Presidente

condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza

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