Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29356 del 11/05/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29356 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Grazioso Alfio, nato a Catania il 17/10/1982

avverso la ordinanza del 14/12/2015 del Tribunale di Catania

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Angela Tardio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Mario
Pinelli, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. In data 14 dicembre 2015 il Tribunale di Catania, costituito ai sensi
dell’art. 310 cod. proc. pen., ha respinto l’appello proposto da Alfio Grazioso
avverso l’ordinanza emessa il 26 ottobre 2015 dallo stesso Tribunale, che aveva
rigettato la richiesta di sostituzione della misura della custodia cautelare in
carcere con quella degli arresti domiciliari presso struttura di tipo residenziale,
avanzata ai sensi dell’art. 89 d.P.R. n. 309 del 1990.

Data Udienza: 11/05/2016

Il Tribunale rilevava, a ragione della decisione, che:
– l’appellante era in atto sottoposto alla misura della custodia cautelare in
carcere in relazione ai delitti di partecipazione ad associazione di stampo
mafioso, detenzione di armi comuni da sparo di tipo clandestino, estorsione
aggravata in concorso, partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di
stupefacenti e detenzione finalizzata allo spaccio di cocaina e marijuana;
– a prescindere dalla valutazione in ordine al carattere eccezionale delle
esigenze cautelari, l’art. 89, comma 4, d.P.R. n. 309 del 1990 escludeva

per il delitto di partecipazione ad associazione mafiosa, compreso tra i delitti
previsti dall’art. 4-bis legge n. 354 del 1975;
– la richiesta difensiva era stata, pertanto, legittimamente rigettata per
carenza dei presupposti di legge.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, con atto
personale, Alfio Grazioso, che ne chiede l’annullamento sulla base di unico
motivo, con il quale deduce erroneità oltre che mancanza, contraddittorietà e
manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e),
cod. proc. pen.
Secondo il ricorrente, il Tribunale non ha motivato in ordine alle esigenze
cautelari, la cui valutazione in termini di eccezionalità deve essere attuale e
concreta; né ha considerato che egli non ha riportato alcuna condanna per reati
ostativi alla concessione del regime di arresti domiciliari presso apposita
struttura previdenziale, e nulla ha detto in ordine alla comunità individuata e
disposta ad accoglierlo, mentre il divieto legislativo indicato è soltanto relativo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Stabilisce la prima parte del secondo comma dell’articolo 89 del d.P.R. 9
ottobre 1990, n. 309 che, qualora una persona tossicodipendente, che si trovi in
custodia cautelare in carcere, intenda sottoporsi a un programma di recupero
presso i servizi pubblici per l’assistenza ai tossicodipendenti, ovvero presso una
struttura privata autorizzata, la custodia cautelare in carcere è sostituita con
quella degli arresti domiciliari, “ove non ricorrano esigenze cautelari di
eccezionale rilevanza”.
2.1. Detta disposizione -precisa tuttavia il quarto comma- non si applica
allorché si proceda per uno dei delitti previsti dall’articolo 4-bis della legge 26

2

l’applicazione delle disposizioni di cui ai primi due commi quando si procedeva

luglio 1975, n. 354, tra i quali deve annoverarsi anche il delitto, addebitato
all’indagato, di partecipazione ad associazione mafiosa ex art. 416-bis cod. pen.,
a ciò conseguendo che in tal caso la concessione di misure alternative alla
custodia cautelare in carcere è subordinata alla valutazione dell’esistenza delle
ordinarie esigenze cautelari (non di quelle di “eccezionale rilevanza”) secondo i
criteri fissati dagli artt. 273, 274 e 275 cod. proc. pen.
2.2. Si rileva anche, sotto concorrente profilo, che, a seguito degli interventi
della Corte costituzionale, che hanno dichiarato la illegittimità costituzionale

adeguatezza della sola custodia cautelare in carcere con riguardo a taluni delitti
a sfondo sessuale (sent. n. 265 del 2010), al delitto di omicidio volontario (sent.
n. 164 del 2011), al delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di
sostanze stupefacenti o psicotrope (sent. n. 231 del 2011), ad alcune figure di
favoreggiamento delle immigrazioni illegali (sent. n. 331 del 2011), al delitto di
associazione finalizzata allo scopo di commettere i delitti previsti dagli artt. 473 e
474 cod. pen. (sent. n. 110 del 2012), e ai delitti commessi avvalendosi del
“metodo mafioso” o al fine di agevolare l’attività delle associazioni di tipo
mafioso (sent. n. 57 del 2013), il regime cautelare speciale e la presunzione
assoluta che lo sostiene permangono con riguardo al delitto di cui all’art. 416-bis
cod. pen., che implica necessariamente un vincolo di appartenenza permanente
a un’associazione di tipo mafioso.

3. La decisione impugnata che, richiamato il contenuto della previsione
normativa dell’art. 89, comma 4, d.P.R. n. 309 del 1990, ha ritenuto che non
dovesse accedersi all’apprezzamento del carattere “eccezionale” delle esigenze
cautelari, è coerente con tali premesse.
Essa, rettificata nel passaggio motivo che attiene all’affermata ostatività

ex

lege all’applicazione della reclamata disciplina dei delitti richiamati dall’art. 4-bis
legge n. 354 del 1975 e integrata con il riferimento alla valenza della
presunzione di esclusiva adeguatezza della misura cautelare personale della
custodia carceraria in rapporto al valorizzato titolo del reato associativo di cui
all’art. 416-bis cod. pen, resiste ai rilievi del ricorrente, che del tutto
infondatamente oppone l’omessa valutazione ed esplicazione delle eccezionali
esigenze cautelari e deduce l’assenza di sue condanne per reati ostativi laddove
la richiamata norma richiede il procedersi per uno di tali reati, e genericamente
rappresenta la carenza argomentativa in ordine alla comunità individuata, la cui
valutazione è successiva rispetto a quella relativa alla sussistenza dei
presupposti di legge, definita negativamente.

3

dell’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., in rapporto alla presunzione assoluta di

trasmessa copia ‘ex art. 22
n.
ter L. 14, 5 il 332
.

Roma

,

ig

C

.

4. Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso segue, ex art. 616 cod. proc.
pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente
(sent. n. 186 del 2000 Corte cost.), la condanna del medesimo al pagamento
delle spese del procedimento nonché al versamento di una somma in favore
della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi
dedotti, nella misura di euro mille.
La Cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94,

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro mille in favore della
Cassa delle ammende.
Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al
Direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma
cod. proc. pen.
Così deciso il 11/05/2016

1-ter, disp. att.

comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.

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