Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29354 del 29/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29354 Anno 2015
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
HYSKULESA VADYM N. IL 14/04/1979
avverso la sentenza n. 2228/2010 CORTE APPELLO di MILANO, del
11/03/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 29/04/2015

Osserva
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Hyskulesa Vadim avverso la sentenza emessa
in data 11.3.2014 dalla Corte di appello di Milano che confermava quella in data 24.11.2009
del Tribunale di Milano con cui il predetto era stato condannato alla pena di anni tre di
reclusione ed euro 2.000,00 di multa per 3 delitti di furto aggravato e continuato di numerosi
autoveicoli, di associazione per delinquere e di soppressione continuata di atti pubblici.
Deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione al reato associativo

prevalenza delle circostanze attenuanti sulle contestate aggravanti,.
Il ricorso è inammissibile essendo le censura mosse manifestamente infondate ed
aspecifi che.
E’ palese l’aspecificità delle censure che hanno riproposto in questa sede le medesime
doglianze rappresentate dinanzi alla Corte territoriale e da quel giudice disattese con
motivazione compiuta e congrua, immune da vizi ed assolutamente plausibile.
Ed è stato anche affermato che “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi
che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame,
dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero,
dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per
la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle
poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del
giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591
comma 1 lett. c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. IV, 29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e
successive conformi, quale: Sez. II, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).
Inoltre, la prima doglianza, rappresentata attraverso considerazioni già compiutamente
vagliate dal giudice dell’appello, mira ad una improponibile rivalutazione della prova e si
risolve in deduzioni in punto di fatto, insuscettibili, come tali, di aver seguito nel presente
giudizio di legittimità, sottraendosi la motivazione della impugnata sentenza ad ogni
sindacato per le connotazioni di coerenza, di completezza e di razionalità dei suoi contenuti.
Infine, la valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero
in ordine al giudizio di comparazione delle circostanze, nonché per quanto riguarda in
generale la dosimetria della pena rientra nei poteri discrezionali del giudice il cui esercizio se
effettuato nel rispetto dei parametri valutativi di cui all’articolo 133 c.p. è censurabile in
cassazione solo quando sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico. Ciò che qui deve
senz’altro escludersi avendo il giudice motivato con riferimento alla gravità dei fatti e alla
protrazione nel tempo dell’attività delittuosa.
Consegue l’inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che, alla luce dei
principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili
di colpa, si ritiene equo determinare in euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

2

contestato e all’entità della pena irrogata nonché al mancato riconoscimento del criterio di

P.Q.M.
DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE PROCESSUALI

E AL VERSAMENTO DELLA SOMMA DI MILLE EURO ALLA CASSA DELLE AMMENDE.
Così deciso in Roma, il 29.4.2015

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