Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29354 del 11/05/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29354 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI PALERMO
nei confronti di:
SCARANTINO LORENZO N. IL 17/11/1994
avverso l’ordinanza n. 1793/2015 TRIB. LIBERTA’ di PALERMO, del
08/01/2016
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;
4efte/sentite lp conclusioni del PG Dott.
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4N

Data Udienza: 11/05/2016

Ritenuto in fatto
1.Con ordinanza in data 8 gennaio 2016 il Tribunale del riesame di Palermo
annullava l’ordinanza emessa il 16 dicembre 2015 dal G.I.P. dello stesso Tribunale,
che aveva sottoposto Lorenzo Scarantino alla misura della custodia cautelare in

Sciacchitano, nel tentato omicidio di Antonino Arizzi e nel porto illegale di armi da
fuoco, di cui una clandestina ed oggetto di ricettazione.
1.1 A fondamento della decisione il Tribunale riteneva che gli elementi acquisiti
nel corso delle indagini preliminari non attestassero con la necessaria conducenza ed
univocità il compimento da parte dell’indagato delle condotte di partecipazione ai
preparativi relativi all’azione armata ascrittagli e di concorso nell’esecuzione dei
predetti delitti con funzioni di staffetta o di copertura. In particolare rilevava che:
– benchè dalle immagini riprese dalle telecamere fosse emersa prova della presenza
alle ore 19.06 e 19.14 a bordo di una Panda di colore rosso, analoga a quella a
bordo della quale gli esecutori dell’agguato avrebbero raggiunto il luogo della sua
realizzazione, unitamente a Domenico Ilardi ed a Antonino Profeta, indicati quali
sparatori, e dell’allontanamento alle ore 19.18 verso vicolo Bonafede sul medesimo
veicolo dallo stesso condotto, alle ore 19.27 egli non aveva più avuto la disponibilità
del mezzo ed alle ore 19.35-1940 altri soggetti si erano messi in nncifo salendo a
bordo della stessa autovettura;
– la sola compatibilità di modello, non di colore, né di targa, tra la Panda rossa a
bordo della quale lo Scarantino era stato ripreso partire alle ore 19.06 dalla
rosticceria “Na za Nunzia” e quella ripresa in transito nei pressi dell’agenzia di
scommesse “Better” e la compatibilità di percorso per raggiungere vicolo Bonafede
nei pressi dell’abitazione dei Pedalino non consente di affermare con certezza che lo
Scarantino avesse effettuato un sopralluogo preliminare funzionale al compimento
dell’aggressione;
– la conversazione intercettata all’interno dell’autovettura Mercedes classe B tra
Rosalia D’Amore ed altre congiunte non dimostra che costoro, nell’osservare il
passaggio di autovettura mossasi verso le ore 19.40, avessero fatto il nome dello
Scarantino, non identificabile nemmeno nel conducente di un ciclomotore che
avrebbe agevolato il rapido allontanamento dal luogo dell’agguato del veicolo,
indicato come una Y 10 o una Panda con a bordo gli esecutori, che è stato descritto
dal teste Giuseppe Guglielnnini come di giovane età con capelli corti e biondi,
caratteristiche che non corrispondono a quelle dello Scarantino avente i capelli
scuri;

1

carcere in relazione ai delitti di concorso nell’omicidio aggravato di Salvatore

-la successiva conversazione delle ore 19.47 con la quale Salvatore Profeta e Natale
Gannbino avevano chiesto allo Scarantino notizie di Francesco, ricevendo la
rassicurazione che stava venendo e che era tutto a posto per riferirsi all’esecuzione
dell’omicidio, poiché ad esso successiva, non prova la prestazione di un contributo
alle condotte criminose ben potendo egli aver avuto notizia dell’accaduto da altri
soggetti presenti o avervi assistito di persona, il che rafforza l’ipotesi della sua
connivenza e non correità;
-nemmeno le manifestazioni di disprezzo da parte di Francesco Urso, amico dello

“indegni e spioni” investe necessariamente la persona dell’indagato, potendo
egualmente riferirsi a quella del di lui padre Vincenzo, già collaboratore di giustizia.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale di Palermo, il quale ne ha chiesto l’annullamento per mancanza,
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla valutazione
dei gravi indizi di reità. Secondo il ricorrente, il Tribunale ha operato una rilettura
riduttiva ed illogica dei dati probatori, in quanto i dati relativi alla compatibilità del
modello dell’autovettura in uso allo Scarantino con quella filmata dalle telecamere in
transito davanti all’agenzia di scommesse dove sarebbe stato perpetrato l’agguato
allo Sciacchitano ed all’Arizzi, e dei tempi di percorrenza dal luogo in cui è stata
registrata la partenza e il successivo ritorno dell’ autovettura, unitamente
all’esigenza per i sicari di effettuare un esame preliminare dei luoghi ove agire,
inducono ad ipotizzare che si sia trattato del medesimo veicolo, per cui lo Scarantino
tra le 19.06 e le 19.27, ossia appena otto minuti prima che i sicari si mettessero in
marcia per recarsi sul luogo dell’ agguato, aveva in uso la Fiat Panda di lì a poco
utilizzata dai complici, in compagnia dei quali, peraltro, si trovava già da alcune ore,
da quando, cioè, era stato deliberato l’omicidio, veicolo sino a quel momento mai
utilizzato dagli indagati, ma reperito al solo scopo di farne l’uso incriminato, il che
rende improbabile che ne sia stato consentito l’uso a soggetto estraneo al
programma delittuoso. Anche i rilievi relativi all’indimostrata partecipazione
dell’indagato alla fase esecutiva meritano censura, dal momento che, pur non
potendosi contestare che il vigilante Guglielmini abbia riferito di aver visto un
soggetto biondo fare da staffetta all’auto con i killers, poiché lo stesso Tribunale ha
riconosciuto la possibilità che più soggetti fossero coinvolti in quell’attività, uno dei
fiancheggiatori diversi da quello biondo avvistato dal teste ben poteva essere lo
Scarantino, ruolo che emerge anche da conversazione intercettata del tutto ignorata
dai giudici del riesame.
Anche la frase profferita dallo Scarantino alle ore 19.29 sull’imminente partenza di
un gruppo indicato alla prima persona plurale per includervi lui stesso in riferimento
allo spostamento della Panda rossa richiestogli da Rosalia D’Amore attesta: a) la
consapevolezza dell’imminenza dell’evento onnicidiario; b) la conoscenza del
2

Sciacchitano, nei riguardi dei Profeta, degli Scarantino e dei Gannbino, indicati quali

composizione del drappello che stava per partire per eseguire il delitto, nonché la
sua partecipazione alla fase esecutiva dell’omicidio.
E’ illogico il rilievo, secondo il quale egli potrebbe essere tornato presso la propria
abitazione o, comunque, aver lasciato momentaneamente i correi per unirsi a loro
solo dopo il delitto perché frutto dell’omessa considerazione di una circostanza
decisiva, ossia che alle ore 19.44, appena due minuti dopo l’agguato, la Volkswagen
Polo sulla quale si erano trovati in attesa degli eventi ed a breve distanza Salvatore
Profeta e Natale Gannbino aveva incrociato uno scooter, il cui conducente aveva

affermato « … questo chi è … Lo … Lorenzo è»” ed alle ore 19.47 lo stesso giovane
aveva raggiunto il Profeta ed il Gambino, nel frattempo rientrati nel luogo di
partenza, ed alla richiesta di sapere se Francesco Pedalino stava arrivando, aveva
risposto «si … è a posto!» per riferirsi al compimento dell’azione ed al suo buon
esito. Da tali premesse non è possibile desumere che egli avesse appreso l’accaduto
da terzi per l’estrema prossimità temporale con il suo passaggio in motorino e le
informazioni date ai due mandanti dell’omicidio, i quali avevano dovuto informarsi
perché dalla loro postazione non era stato possibile vedere la sparatoria, che si era
verificata in un anfratto dopo un iniziale tentativo di fuga delle vittime e le notizie
erano state chieste a soggetto informatone perché presente sul luogo non
casualmente ed in posizione tale da poter osservare l’intera scena a breve distanza,
in modo da agevolare la fuga dei responsabili e da consentire la trasmissione di
notizie in tempo reale ai concorrenti.
Il Tribunale poi non assegna alcun rilievo al riferimento allo Scarantino,
operato da Francesco Urso, che nelle sue invettive contro gli autori dell’omicidio
dell’amico ha incluso anche il predetto indagato, affiancandolo al Profeta ed al
Gambino senza citare altri soggetti non coinvolti nei fatti.

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato e merita dunque accoglimento.
1.L’ordinanza impugnata, come detto in premessa, ha escluso l’acquisizione di
un compendio indiziario grave, univocamente indicativo dell’elevata probabilità
dell’effettiva partecipazione di Lorenzo Scarantino all’azione armata che aveva
condotto il 3 ottobre 2015 al ferimento di Antonino Arizzi ed all’uccisione di
Salvatore Sciacchitano, in quanto, pur riconoscendo la vicinanza e la frequentazione
da parte dell’indagato dei soggetti principalmente coinvolti nelle stesse iniziative
criminose, quali mandanti ed esecutori materiali secondo la postulazione
accusatoria, ha però considerato insufficienti i dati conoscitivi acquisiti a provare un
suo concreto apporto, sia alla fase preparatoria ed organizzativa dei delitti, sia a
quella realizzativa.

3

,A)

azionato più volte ad intermittenza il segnalatore acustico ed il Profeta aveva

1.1 n ragionamento valutativo espresso nell’ordinanza impugnata prende le
mosse dalla constatazione della sicura presenza dell’indagato nel luogo ed in
contatto con i principali protagonisti della vicenda criminosa, oggetto del
procedimento, nelle ore immediatamente precedenti, ossia nel momento in cui la
stessa era stata deliberata ed organizzata, il che, come riconosce anche lo stesso
Tribunale, indica l’ammissione dell’indagato alla conoscenza dei relativi preparativi e
propositi per effetto della vicinanza con gli altri soggetti coinvolti, emergenza alla
quale assegna soltanto il significato di mera connivenza e non di partecipazione

1.2 Lo stesso provvedimento evidenzia poi alcuni dati oggettivamente
comprovati dalle acquisizioni probatorie -immagini riprese dalle telecamere ed
intercettazioni-, indicativi del perdurante contatto tra lo Scarantino e mandanti ed
esecutori, sia prima, sia immediatamente dopo i delitti compiuti, ovvero: a) la sua
presenza alle ore 19.06 e poi alle ore 19.14 a bordo di una Panda di colore rosso
assieme a Domenico Ilardi e ad Antonino Profeta, due complici identificati come
sicari inviati da Salvatore Profeta e Natale Gambino ed autori soltanto trenta minuti
dopo della sparatoria, secondo quanto riconosciuto anche dallo stesso collegio del
riesame; b) alle ore 19.18 la conduzione da parte dello Scarantino dello stesso
veicolo Fiat modello Panda di colore rosso ed il suo allontanamento dalla friggitoria
“Na za Nunzia” in direzione vicolo Bonafede, luogo di abitazione dei due Pedalino,
Francesco e Gabriele, entrambi componenti del “commando” di sicari; c) alle ore
19.27 la consegna allo Scarantino da parte della moglie di Francesco Pedalino,
Concetta Profeta, nei pressi della sua abitazione di un mazzo di chiavi che le era
stato richiesto dal marito con una telefonata delle ore 19.24; d) l’avvenuto
parcheggio della Panda rossa in vicolo Bonafede, dal quale verso le ore 19.40 erano
partiti i sicari per la loro spedizione.
1.2.1 Ha però rilevato il Tribunale che non vi era prova che l’autovettura Panda
di colore rosso fosse stata successivamente nella disponibilità dell’indagato o che lo
stesso vi fosse salito a bordo poiché, dopo essere stata parcheggiata in vicolo
Bonafede, la stessa tra le ore 19.35 e le ore 19.40 si era allontanata con i soggetti
che avrebbero commesso gli omicidi programmati. In realtà, l’affermazione del
Tribunale secondo la quale non vi erano elementi per ipotizzare che egli alle ore
19.11 avesse effettuato un transito nei pressi dell’agenzia di scommesse “Better”,
luogo ove sarebbe stata consumata l’aggressione alle ore 19.42, a bordo della stessa
Panda di colore rosso, di cui aveva avuto la disponibilità prima e dopo quel
passaggio, appare frutto di una considerazione atomistica e frammentaria dei dati
conoscitivi offerti dalle videoriprese.
1.2.2 Risponde al vero che non paiono essere stati acquisiti elementi per
affermare la sicura corrispondenza per colore e numero di targa tra il veicolo

ititi….

condotto dallo Scarantino e quello filmato in transito davanti al luogo dell’agguato,

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concorsuale.

ma il ragionamento condotto dal Tribunale, come censurato dal ricorrente, evidenzia
un primo elemento di criticità logica per la solo parziale disamina dei dati disponibili,
dal momento che il provvedimento riconosce che quel passaggio innanzi all’agenzia
“Better” era avvenuto nell’arco temporale in cui lo Scarantino si era trovato a bordo
della Panda rossa, essendo stato filmato cinque minuti prima e tre minuti dopo
sempre sullo stesso veicolo, ma non valuta: a) la compatibilità dei tempi di
percorrenza dal punto di partenza a quello di ritorno nell’arco di circa dieci minuti; b)
la necessità per i sicari di effettuare quel passaggio per acquisire una visione

presenza poco prima e poco dopo all’interno della Panda rossa condotta dallo
Scarantino di due degli esecutori materiali; d) l’impiego di un mezzo comune, quale
l’utilitaria in questione, mai utilizzata in precedenza per azioni criminose ed
appositamente reperita; e) la mancata dimostrazione della certa disponibilità da
parte del gruppo criminoso che aveva organizzato e realizzato l’azione onnicidiaria di
altra Panda di colore rosso; f) l’affidamento di tale veicolo nelle fasi immediatamente
antecedenti soltanto a soggetto reputato assolutamente affidabile e comunque
trovatosi con i correi quando l’azione era stata deliberata e programmata.
Pertanto, l’esclusione del coinvolgimento dello Scarantino nella fase preliminare
dei delitti è frutto di incompleta e parziale valutazione delle superiori circostanze di
fatto.
1.3 Più complesso risulta il tema relativo alla partecipazione dello Scarantino
alla fase esecutiva. Premesso che nemmeno in tesi accusatoria si assume che egli
abbia preso parte materialmente all’agguato quale conducente del veicolo, col quale
gli sparatori avevano raggiunto le vittime o quale sicario, ma in quanto staffetta a
bordo di un ciclomotore al fine di agevolare la rapida fuga dell’equipaggio dei
complici, l’ordinanza impugnata ha riscontrato la mancata inclusione dello
Scarantino nel gruppo degli occupanti la Fiat Panda che si era messa in movimento
verso le ore 19.40 per raggiungere il luogo dell’agguato.
1.3.1 Tale circostanza, che il ricorrente non pone in discussione, ha costituito
l’unico elemento preso in esame dal Tribunale relativamente a quella fase
immediatamente antecedente l’omicidio ed il ferimento compiuti dal gruppo dei
sicari partiti da vicolo Bonafede, mentre è stato del tutto preternnesso l’esame di altri
elementi, ben evidenziati nell’ordinanza originaria, ossia il fatto che l’indagato alle
ore 19.27, dopo avere telefonato a Concetta Profeta per chiederle le chiavi di casa
perché servivano al di lei marito Francesco Pedalino, raggiunta a bordo di un
ciclomotore l’autovettura sulla quale si erano trovate la stessa Profeta, la di lei figlia
e Rosalia D’Amore, moglie di Antonino Profeta, aveva ricevuto dalla stessa dette
chiavi, per poi farne consegna al richiedente. Avrebbe quindi dovuto valutarsi il
significato di tali contatti e del comportamento dello Scarantino, se coerente o meno
con l’ipotesi accusatoria e se in grado di offrire ulteriore fondamento probatorio,
5

preliminare dei luoghi e della situazione generale ed individuare le vittime; c) la

quanto meno a livello indiziario, della sua presenza a stretto contatto con il gruppo
degli esecutori materiali per tutto l’arco temporale antecedente l’agguato nel ruolo di
supporto logistico, come indicato dall’accusa.
1.4.2 Del pari non risulta logicamente ed esaurientemente condotta l’analisi
delle emergenze offerte dalle conversazioni intercettate. In tal senso, è stato
svalutato il rilievo assegnato alla dimostrata conoscenza da parte dello Scarantino
alle ore 19.28 che di lì a poco la Panda rossa sarebbe stata spostata e che un gruppo
nel quale lo stesso si era incluso si sarebbe allontanato dal luogo: il Tribunale ha

elencato tra gli occupanti della Panda dalle congiunte dei coindagati intercettate, ma
resta non apprezzato e non correlato alle ulteriori risultanze già esaminate il fatto
che per bocca dello stesso indagato egli si fosse accomunato nel proposito di
imminente partenza dalla via con i complici, il che rende palesemente illogica la
possibilità, considerata dal Tribunale, che dopo quella frase egli avesse fatto rientro
nella propria abitazione, parimenti situata in vicolo Bonafede. Tale conclusione
ignora quanto effettivamente era stato riportato nell’ordinanza applicativa e ripreso
con l’impugnazione, ossia che lo Scarantino aveva raggiunto le donne della famiglia
Pedalino-Profeta a bordo di un ciclomotore e che soltanto due minuti dopo l’agguato
allo Sciacchitano ed all’Arizzi lo stesso era transitato, suonando il clacson ad
intermittenza per farsi largo sempre a bordo di un ciclomotore nei pressi del punto in
cui avevano stazionato in attesa i mandanti Profeta e Gambino, che lo avevano
riconosciuto, come affermato nel corso di un dialogo intercettato a bordo della
vettura dagli stessi occupata.
La plausibilità di un rientro nell’abitazione dell’indagato dopo il colloquio con la
Profeta è affermata per effetto della preternnissione dei dati sull’immediata
consecuzione temporale tra quanto dallo stesso affermato e le tappe fondamentali di
realizzazione dell’omicidio e dell’agguato davanti all’agenzia “Better”: avrebbe,
invece, dovuto attentamente considerarsi se le condotte già ricostruite nell’ordinanza
applicativa della misura avvalorino la sua partecipazione ai delitti in appoggio al
“commando”, non soltanto prima dell’agguato con i trasferimenti della Panda, la
vigilanza sul luogo ove i suoi componenti si stavano preparando e sulla loro partenza
con modalità tali da aver suscitato l’allarme ed i timori delle donne presenti nei
pressi, partenza che avrebbe potuto seguire a bordo del ciclomotore e non della
Panda, ma anche subito dopo la sua realizzazione con il transito rumorosamente
annunciato per liberare la via di fuga o comunque distogliere l’attenzione da essa.
Del resto lo stesso provvedimento impugnato ha omesso anche di prendere in
esame nella sua completezza quanto si erano detti il Profeta ed il Gambino alle ore
19.44 sull’avvistamento di Lorenzo a bordo di uno scooter, il che è tanto più illogico
ed insufficiente sul piano argonnentativo in quanto è il Tribunale ad ammettere che
più soggetti erano partiti da vicolo Bonafede con mezzi diversi dalla Panda rossa,

6

AA

ritenuto che la circostanza non fosse significativa in quanto egli non era stato

perché tanto si erano dette le donne preoccupate intercettate a bordo dell’auto di
Antonino Profeta, il che priva di valore dirimente la mancata corrispondenza tra le
fattezze fisiche dello Scarantino e quelle del soggetto descritto dal teste Guglielnnini
come intervenuto ad agevolare la fuga dei sicari, non essendo questi l’unico
soggetto ad avere espletato quelle mansioni.
1.5 Del pari risulta illogica e frutto di un approccio parcellizzato ai dati
conoscitivi offerti dalle indagini la svalutazione della circostanza delle notizie e
rassicurazioni fornite dallo Scarantino ai mandanti, rientrati alla base di partenza, a

questo profilo non soltanto avrebbe dovuto essere apprezzata l’immediata
consecuzione temporale degli avvenimenti, ma anche il contenuto della breve frase
intercettata. Al contrario, non si è tenuto in alcuna considerazione il fatto che la
richiesta di informazioni fosse stata rivolta sia dal Gambino, che dal Profeta proprio
allo Scarantino e che questi, senza alcuna incertezza, avesse affermato che
Francesco, alludendo al Pedalino, stava arrivando e che tutto era a posto: è
innegabile che si tratti di una condotta successiva ai delitti compiuti, ma difetta la
verifica circa la compatibilità fattuale e logica con la funzione di appoggio agli
esecutori, pretesa in tesi accusatoria, e circa la possibilità che egli avesse appreso
quanto riferito per effetto di tale ruolo, già noto ai mandanti che per tale ragione lo
avevano interpellato. Posto che il Tribunale riconosce come la frase sia con sicurezza
riferita ai delitti oggetto delle indagini in corso e non nega la sua valenza quale
forma di comunicazione di notizie ai mandanti, non appare coerente col contesto e
nemmeno razionale in sé il dubbio espresso sulla fonte di appresa conoscenza
dell’accaduto, poiché, se egli fosse rimasto in casa dopo aver lasciato i coindagati in
vicolo Bonafede, non avrebbe potuto apprendere quanto verificatosi e soprattutto la
fuga in sicurezza dei sicari, tanto da rassicurare gli altri concorrenti al riguardo. Né è
stato assegnato alcun rilievo, anche solo per smentirne il significato indiziante, alla
circostanza di sicura acquisizione, riportata a pag. 112 dell’ordinanza genetica, che
alle ore 19.49 lo Scarantino si era riunito ai mandanti nei pressi della friggitoria “Na
zà Nunzia”, ove erano poi convenuti tutti i partecipanti all’azione verso le ore 20.00,
secondo quanto emerge dalle riprese filmate.
1.5 E’ altrettanto viziata da palese illogicità l’interpretazione assegnata allo
sfogo di Francesco Urso, amico dello Sciacchitano e dell’Arizzi e principale artefice
dell’azione aggressiva in risposta alla quale il ferimento di questi ultimi era stato
deciso ed attuato: ritenere che allorchè questi aveva apostrofato come “indegni e
spioni” tutti i soggetti a nome Profeta, Scarantino e Gannbino, intendesse riferirsi a
Vincenzo Scarantino, padre di Lorenzo e già collaboratore di giustizia, appare una
decisa forzatura che non tiene conto del fatto che il predetto personaggio non risulta
ad alcun livello coinvolto nella vicenda e nemmeno in contatto con gli altri indagati,
mentre l’Urso intercettato aveva manifestato il proprio disprezzo nei riguardi dello
7

distanza di appena cinque minuti dal compimento della spedizione: anche sotto

Scarantino e di coloro che erano destinatari delle sue invettive e dei suoi propositi
vendicativi perché ritenuti responsabili dell’uccisione dell’amico. In coerenza con tale
conclusione l’ordinanza genetica a pag. 204 della sua motivazione ha evidenziato
che lo Scarantino era stato accomunato agli esecutori anche quale destinatario di
manifestazioni di riconoscenza da parte del Cona per l’avvenuta punizione dei suoi
assalitori, circostanza ignorata dal Tribunale.
2. Deve dunque concludersi che i giudici del riesame nel valutare gli elementi
d’accusa non si sono attenuti ai criteri enucleati dalla lezione interpretativa costante

l’applicazione delle misure cautelari personali, la gravità degli indizi di colpevolezza
con riguardo alla consistenza generica e specifica dell’ipotesi accusatoria, pur
integrando l’unico requisito richiesto dall’art. 273 c.p.p., comma 1, che non richiama
le altre caratteristiche di precisione e concordanza pretesi dall’art. 192
cod.proc.pen., comma 2, per l’impiego della prova indiziaria nell’accertamento della
responsabilità dell’imputato, postula tuttavia una considerazione dei medesimi indizi
non isolata ed avulsa dal contesto delle acquisizioni, ma coordinata, da ritenersi
funzionale al riscontro della loro gravità. Soltanto facendo ricorso a tale metodo di
analisi è consentito verificare se la valutazione congiunta degli stessi sia o meno
idonea a sciogliere le eventuali incertezze o ambiguità discendenti dall’esame
parcellizzato dei singoli elementi di prova ed apprezzare, quindi, la loro effettiva
portata dimostrativa e congruenza rispetto al tema d’indagine prospettato nel capo
di imputazione provvisoria (sez. 1, n. 39125 del 22/09/2015, P.M. in proc. Filippone
ed altri, rv. 264780; sez. F. n. 38881 del 30/07/2015, P.M. in proc. Salerno, rv.
264515; sez. 2, n. 9269 del 05/12/2012, Della Costa, rv. 254871; sez. 1, n. 16548
del 14/03/2010, Bellocco, rv. 246935; Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino,
rv 231678; sez. 1, n. 5894 del 07/12/1994, Brigida, rv. 200653). Pertanto, dopo
una prima operazione volta a riscontrare la certezza di ciascuno indizio, è richiesta la
considerazione unitaria e complessiva di tutti quelli acquisiti al fine di far emergere “i
collegamenti e la confluenza in un medesimo, univoco e pregnante contesto
dimostrativo” e di chiarire eventuali profili di ambiguità, presentati da ciascuno di
essi in sè considerato, non essendo sufficiente dal punto di vista metodologico
proporne una lettura in termini di mera sommatoria, né, all’opposto, un’analisi
atomistica che prescinda dal loro raffronto e dalla lettura unitaria (Sez. U, n. 33748
del 12/07/2005, Mannino, rv. 231678).
In conclusione, pur mantenendosi questa Corte all’interno del perimetro
cognitivo del giudizio di legittimità, comprendente il sindacato sulla completezza e
congruenza della motivazione, va osservato che la decisione di sovvertire il primo
giudizio cautelare merita i rilievi critici del ricorrente, le cui prospettazioni, lungi
dall’essere incentrate su una diversa lettura dei dati fattuali, segnalano, per quel che
rileva in questa sede, incompiutezze di valutazione di elementi evidenziati
8

di questa Corte, la quale ha precisato che ai fini del giudizio richiesto per

dall’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari, che integrano violazione dei
criteri di utilizzo della prova indiziaria ed il vizio di insufficienza e manifesta illogicità
della motivazione. L’ordinanza impugnata va dunque annullata con rinvio al
Tribunale di Palermo con l’avvertenza che, nel condurre il rinnovato esame del
profilo indiziario, dovrà essere altresì verificata l’utilizzabilità delle conversazioni
ambientali registrate il 3 ottobre 2015 all’interno del veicolo Mercedes classe B tg.
CT2731C quanto alla validità ed efficacia del decreto di autorizzazione nr. 386/2015
R.G. int. e del successivo decreto di proroga sotto il profilo della coerenza con la

questo Collegio è stata, infatti, sollevata dalla difesa dell’indagato eccezione
riguardante la diversa tipologia di attività captativa autorizzata ed il Procuratore
Generale ha prodotto copia di ordinanza del g.i.p. di correzione di errore materiale
del predetto decreto. Sarà dunque compito dei giudici di rinvio accertare, sulla base
degli atti disponibili, la legittimità del provvedimento autorizzativo originario,
l’ammissibilità della sua correzione, l’eventuale autonoma operatività del decreto di
proroga e, se del caso, condurre la prova di resistenza in base agli altri elementi
indiziari acquisiti, colmando le lacune ed eliminando le incoerenze sopra riscontrate.

P. Q . M.

annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
Palermo, sezione per il riesame, cui dispone trasmettersi integralmente gli atti.
Così deciso in Roma, il 11 maggio 2016.

richiesta avanzata dal p.m. inquirente: nel corso dell’udienza di discussione innanzi a

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