Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29343 del 29/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29343 Anno 2015
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
JOVANOVIC SOFIA N. IL 25/11/1993
avverso la sentenza n. 2657/2013 TRIBUNALE di PISA, del
17/12/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

Data Udienza: 29/04/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Sofia Jovanovic ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza
emessa dal Tribunale di Pisa in data 17/12/2013 con la quale, in applicazione della
congiunta richiesta dell’imputata e del pubblico ministero, è stata applicata alla
stessa la pene di giustizia in relazione al tentativo di furto in abitazione aggravato
e al reato di cui all’art. 495 c.p. commessi in Pisa il 16/12/2013.
Con l’impugnazione proposta, l’imputata censura la sentenza impugnata per vizio di motivazione in relazione all’art. 129 c.p.p., avendo il tribunale di Pisa omesso

scontro della responsabilità penale della ricorrente in relazione alla condotta criminosa alla stessa contestata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso è inammissibile.
Secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa corte, nella
motivazione della sentenza di patteggiamento, il richiamo all’art. 129 c.p.p. è sufficiente a far ritenere che il giudice abbia verificato ed escluso la presenza di cause di
proscioglimento, non occorrendo ulteriori e più analitiche disamine al riguardo
(Cass., n. 6455/2011, Rv 252085).
Infatti, l’obbligo della motivazione, imposto al giudice dall’art. 111 Cost. e
dall’art. 125, comma terzo, c.p.p. per tutte le sentenze (operante anche rispetto a
quelle di applicazione della pena su richiesta delle parti), non può non essere conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento, rispetto
alla quale, pur non potendo ridursi il compito del giudice a una funzione di semplice
presa d’atto del patto concluso tra le parti, lo sviluppo delle linee argomentative
della decisione è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con cui
l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti nell’imputazione.
Ne consegue che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di
cui all’art. 129 c.p.p. dev’essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi
circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi
sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione – anche implicita – che è stata compiuta la verifica richiesta dalle leggi e che non ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento a norma del citato art. 129
c.p.p. (cfr. Cass., Sez. 1, n. 752/1999, Rv. 212742; Cass. Sez. 1, n. 4721/2000,
Rv. 216789; Cass., Sez. 1, n. 6711/2000, Rv. 218050).
Tali argomentazioni consentono di ritenere manifestamente infondate l’odierna
impugnazione della ricorrente, avendo il giudice del merito espressamente attestato
la non ricorrenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 129 c.p.p., emergendo,

2

di dettare un’adeguata giustificazione in ordine alla totale assenza di elementi di ri-

dall’esame degli atti del procedimento, gravi elementi di responsabilità a carico
dell’imputata.

3. Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.500,00
in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29/4/2015.

la Corte Suprema di Cassazione, dichiara inammissibile il ricorso e condanna

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