Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29336 del 29/04/2015
Penale Ord. Sez. 7 Num. 29336 Anno 2015
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: MONTAGNI ANDREA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CORTESE ALESSANDRA N. IL 09/07/1961
avverso la sentenza n. 4682/2010 CORTE APPELLO di MILANO, del
04/10/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;
Data Udienza: 29/04/2015
Motivi della decisione
Cortese Alessandra ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza
della Corte di Appello di Milano del 4.10.2013, con la quale è stata confermata la
sentenza di condanna resa dal Tribunale di Milano in data 22.04.2010, all’esito di
rito abbreviato, in relazione al furto di un computer.
La parte, con unico motivo, deduce il vizio motivazionale, in riferimento alla
affermazione di responsabilità penale. L’esponente si sofferma diffusamente sul
della perquisizione domiciliare; e ritiene che la Corte territoriale si sia limitata a
richiamare le valutazioni espresse dal Tribunale.
Il ricorso è inammissibile.
Si osserva che la parte deduce censure non consentite nel giudizio di
legittimità, in quanto concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto, come
pure l’apprezzamento del materiale probatorio, profili del giudizio rimessi alla
esclusiva competenza del giudice di merito, che ha fornito una congrua e adeguata
motivazione, immune da incongruenze di ordine logico. Come è noto la
giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto, pressocchè
costantemente, che “l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606,
comma 1, lett. e) cod. proc. pen., è quella evidente, cioè di spessore tale da
risultare percepibile ictu oculi, in quanto l’indagine di legittimità sul discorso
giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato
demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a
riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di
verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali” (Cass.
24.9.2003 n. 18; conformi, sempre a sezioni unite Cass. n. 12/2000; n. 24/1999;
n. 6402/1997). Più specificamente si è chiarito che “esula dai poteri della Corte di
Cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza
che possa integrare il vizio di legittimità, la mera prospettazione di una diversa, e
per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali” (Cass.
sezioni unite 30.4.1997, Dessimone). Ed invero, in sede di legittimità non sono
consentite le censure, che pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono
nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal
giudice di merito (ex multis Cass. 23.03.1995, n. 1769, Rv. 201177; Cass. Sez. VI
sentenza n. 22445 in data 8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181). Del resto, la
Corte di Appello si è soffermata sui temi di doglianza dedotti in sede di gravame ed
ha osservato – sviluppando un percorso argomentativo immune da aporie di ordine
logico ed ancorato alle emergenze acquisite – che l’esito negativo della
perquisizione domiciliare non era significativo, rispetto alla tesi difensiva, tenuto
contenuto del compendio probatorio; reitera la doglianza basata sull’esito negativo
conto del tempo trascorso tra il fatto e l’atto investigativo; e che le immagini
estratte dal sistema di videosorveglianza del negozio evidenziavano che la Cortese
era uscita dall’esercizio mantenendo un involucro di dimensioni maggiori, rispetto a
quello che aveva nel momento in cui si aggirava tra i banchi della merce esposta
per la vendita.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 29 aprile 2015.
favore della Cassa delle Ammende.